

ROMA (ITALPRESS) – Il Parkinson è una malattia neurodegenerativa cronica e progressiva, che ha ripercussioni soprattutto sul controllo dei movimenti: è dovuta alla degenerazione dei neuroni che producono dopamina, una sostanza fondamentale per la trasmissione dei segnali nel cervello. Le cause non sono ancora completamente note, ma si riconosce un’interazione tra fattori genetici, ambientali e legati all’età: il rischio di ammalarsi di morbo di Parkinson aumenta infatti decisamente dopo i sessant’anni. Si calcola che in Italia il morbo di Parkinson colpisca circa 250mila persone, numero che si prevede in crescita a causa dell’invecchiamento della popolazione: nuove ricerche aprono però interessanti spiragli di cura e miglioramento della qualità di vita. “Il morbo di Parkinson ha un esordio dopo i sessant’anni, ma in alcuni casi anche tra i 30 e i 40: quest’ultima situazione riguarda circa il 10% dei pazienti. La causa principale della malattia è la carenza di dopamina, ma siamo in condizione di integrarla con i farmaci: c’è un forte impegno per scoprire le cause di tale carenza”, ha dichiarato Ioannis Isaias, direttore del Centro Parkinson e Parkinsonismi dell’Asst Gaetano Pini – Cto di Milano, intervistato da Marco Klinger per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress.
Isaias si sofferma poi sulla specificità dei singoli casi e sul modo in cui essi si manifestano: “Nei Parkinson giovanili ci sono forme genetiche, mentre in età adulta incidono fattori tossici e ambientali o problemi metabolici. Ogni paziente ha la sua storia personale e della malattia: c’è una fase iniziale che noi medici chiamiamo la luna di miele del Parkinson, perché con i farmaci riusciamo a far stare molto bene i pazienti integrando dopamina; segue una fase intermedia in cui i sintomi, che di solito fanno il loro esordio su un solo lato, coinvolgono anche l’altro lato del corpo; la fase più avanzata è anche quella più critica, perché possono comparire diversi problemi anche non motori. Il Parkinson è una malattia che nasce da un rallentamento dei movimenti, ma nella fase avanzata possono comparire problemi anche psichiatrici, cognitivi, legati al sonno”. Negli ultimi trent’anni, aggiunge, “la qualità di vita dei pazienti è migliorata tantissimo, soprattutto nelle prime fasi della malattia; in quella avanzata facciamo invece più fatica a gestire i sintomi. Nel mio Centro Parkinson abbiamo da poco creato uno spazio dedicato alla famiglia, perché nelle fasi peggiori non coinvolge solo il singolo paziente ma anche i familiari. Il tremore è uno dei sintomi più frequenti e compare quando gli arti sono a riposo, ma non è presente in tutti i pazienti: il segno clinico più importante per riconoscere il Parkinson è il rallentamento o l’esaurimento dei movimenti”.
Altro tema affrontato è lo studio che Isaias ha coordinato con l’Università Sant’Anna di Pisa sulla stimolazione cerebrale profonda: “Siamo riusciti, grazie agli elettrodi impiantati in alcuni pazienti, a registrarne minuto per minuto l’attività cerebrale, raccogliendo moltissimi dati: in tre giorni di registrazioni siamo riusciti a predire l’evoluzione dei sintomi dopo dieci giorni, questo è importante per anticipare l’evoluzione della malattia e intervenire in modo tempestivo e personalizzato. In base a ciò che registriamo possiamo modulare l’erogazione del trattamento con la stimolazione cerebrale profonda, per andare più vicini alle esigenze del paziente: il mio Centro vuole proporre le terapie migliori in base alle storie personali dei pazienti. La stimolazione cerebrale profonda è un intervento chirurgico lungo e impegnativo sia per loro che per i medici: l’elemento principale è l’accurata selezione dei pazienti, in quanto solo il 10% può farlo e il 2% arriva a questa terapia”.
Il direttore del Centro Parkinson conclude raccontando in che modo viene fronteggiata la malattia in Italia: “spesso c’è una certa vergogna nell’accettare la malattia, ma è importante riconoscerne da subito i sintomi per affrontarli con terapie di vario genere: a volte i segni sono poco visibili e i sintomi motori sono preceduti da altri non motori come la perdita dell’olfatto, la depressione, i disturbi del sonno. È importante intervenire subito per influenzare o rallentare l’evoluzione della malattia: l’assistenza in Italia è molto presente, il nostro Centro ha un fortissimo legame con l’Associazione italiana parkinsoniani e la Fondazione Pizzoli quindi vogliamo offrire al paziente una presa in carico concreta, per andare incontro alle sue esigenze. spero che nei prossimi vent’anni si arrivi a una cura della malattia, quindi a un trattamento che risolva le problematiche: lavoriamo quotidianamente su questo e l’obiettivo è fare in modo che il Parkinson rimanga solo sui libri di storia di neurologia”.
-Foto tratta da video ‘Medicina Top’-
(ITALPRESS).