La Fao, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, promuove i processi di fermentazione perché migliorano la disponibilità delle proteine e di alcuni minerali, formano grassi benefici e aumentano il contenuto di vitamine. La loro origine è antica e aveva lo scopo di conservare gli alimenti quando non esisteva il frigorifero. I nostri antenati, senza saperlo, assumevano così dosi di probiotici e di postbiotici che quei microrganismi avevano rilasciato nel cibo.

Maria Rescigno, prorettrice vicaria con delega alla ricerca all’Humanitas University, dove dirige l’unità di Immunologia delle mucose, e Carlo Selmi, docente di Medicina interna e responsabile di Reumatologia e Immunologia clinica all’ospedale universitario milanese Humanitas
Maria Rescigno, prorettrice vicaria con delega alla ricerca all’Humanitas University, dove dirige l’unità di Immunologia delle mucose, e Carlo Selmi, docente di Medicina interna e responsabile di Reumatologia e Immunologia clinica all’ospedale universitario milanese Humanitas

Maria Rescigno, prorettrice vicaria con delega alla ricerca all’Humanitas University, dove dirige l’unità di Immunologia delle mucose, e Carlo Selmi, docente di Medicina interna e responsabile di Reumatologia e Immunologia clinica all’ospedale universitario milanese Humanitas

Gli alimenti con i probiotici
Lo yogurt e ancora di più il kefir, altro derivato del latte, contengono ceppi vivi, il primo solo di batteri lattici, il secondo anche di lieviti. Naturalmente, maggiore è il numero e la diversità dei microrganismi presenti e vitali al momento del consumo, superiore sarà la possibilità che alcuni batteri abbiano un effetto positivo sul microbiota intestinale. In ogni caso, avremo una messe di postbiotici prodotti a valle. Sono esempi di fermentati probiotici:
• il tempeh;
• lo yogurt;
• il kefir derivato dal latte, un prodotto amato nell’antico Caucaso, che prevede per la fermentazione una miscela di microrganismi e lieviti e che, rispetto allo yogurt, ha come vantaggio il fatto che i postbiotici prodotti siano diversi e più numerosi;
• il kefir d’acqua (da acqua dolcificata);
• la kombucha (a partire dal tè);
• il miso, originario della Cina, che deriva dalla fermenta­zione di semi di soia;
• tutte le verdure in fermentazione acido­lattica, come i crauti, il kimchi (un fermentato di verdure con spezie che in Corea mangiano con l’eventuale aggiunta di pesce salato), i cetriolini in salamoia, le giardiniere di verdura.

Spesso a tavola
È anche possibile fermentare gli alimenti che ci provocano gonfiore mescolandoli allo yogurt e lasciandoli in una yogurtiera per una notte. Così li renderemo più digeribili.
Con quale frequenza mangiare cibi fermentati? Non esiste nelle Linee guida per una sana alimentazione una dose giornaliera raccomandata, ma il consiglio è di mangiarli spesso, per cercare di dare varietà al nostro microbiota e per assumere le molecole utili che i microrganismi producono.

I legumi? Nella yogurtiera
I legumi fermentati possono essere un’ottima idea quando il colon ha problemi con alcuni tipi di fibre. Per chi soffre di sindrome dell’intestino irritabile, un consiglio è di fermentare in vitro i legumi (anche quelli precotti in barattoli di vetro), in modo da evitare che le fibre di cui sono composti creino fastidi. I fagioli cotti devono essere mescolati con lo yogurt fatto in casa. Si prepara aggiungendo una bustina di fermenti lattici in un litro di latte (intero o parzialmente scremato, a piacere) e si attende dalle 10 alle 14 ore, a seconda del tipo di yogurtiera e di latte utilizzato. Unite un cucchiaio di yogurt con 250 grammi di legumi cotti, poi riprendete la yogurtiera e lasciate i fagioli a fermentare per una notte. A questo punto i fagioli sono pronti per essere consumati, dimenticando gonfiore, dolore, flatulenza e problemi di digestione.

Il testo è tratto dal libro Microbiota, se lo conosci ti curi meglio (Sonzogno), scritto da Maria Rescigno, prorettrice vicaria con delega alla ricerca all'Umanitas University, dove dirige l'unità di Immunologia delle mucose, e Carlo Selmi, docente di Medicina interna e responsabile di Reumatologia e Immunologia clinica all'ospedale universitario milanese Humanitas
Il testo è tratto dal libro Microbiota, se lo conosci ti curi meglio (Sonzogno), scritto da Maria Rescigno, prorettrice vicaria con delega alla ricerca all'Umanitas University, dove dirige l'unità di Immunologia delle mucose, e Carlo Selmi, docente di Medicina interna e responsabile di Reumatologia e Immunologia clinica all'ospedale universitario milanese Humanitas

Il testo è tratto dal libro Microbiota, se lo conosci ti curi meglio (Sonzogno), scritto da Maria Rescigno, prorettrice vicaria con delega alla ricerca all'Umanitas University, dove dirige l'unità di Immunologia delle mucose, e Carlo Selmi, docente di Medicina interna e responsabile di Reumatologia e Immunologia clinica all'ospedale universitario milanese Humanitas