Spesso non si correla lo spreco alimentare alla tutela dell’ambiente e della vita sulla Terra. Magari si comprende che comporti un danno economico, rifiuti in più, ma si ignora quanto incida sul riscaldamento globale, sui cambiamenti climatici e quindi anche sulla nostra salute. Potremmo dire, forzando un po’ la mano, che le tonnellate di alimenti che gettiamo nel bidone in Occidente abbiano conseguenze che si riflettono fino ai poli, provocando lo scioglimento dei ghiacciai e mettendo a rischio la sopravvivenza degli orsi bianchi.
Da anni l’economista dell’Università di Bologna Andrea Segrè cerca di sensibilizzare gli italiani su questi temi: ha ideato la campagna Spreco Zero ed è direttore scientifico dell’Osservatorio Waste Watcher International, dedicato all’analisi dei comportamenti alimentari a livello globale.

Professor Segrè, i cambiamenti climatici dipendono anche dal sistema alimentare?
«Un’analisi apparsa a marzo del 2021 sulla rivista Nature Food traduce il rapporto in numeri: da quello che mangiamo e dal modo in cui lo produciamo dipende un terzo delle emissioni di gas serra, cioè quei gas, dall’anidride carbonica al metano, che sono come una coperta intorno alla Terra e la scaldano sempre di più. La conseguenza sono i ghiacciai che si sciolgono, l’eterna primavera qui in Italia, i livelli dei mari che si alzano. Noi possiamo davvero contenere il riscaldamento globale se mettiamo mano al sistema alimentare, a cominciare dalla riduzione dello spreco».

Buttiamo via tanto cibo?
«Secondo i dati della Fao circa un terzo del cibo che produciamo. In Italia si calcola che venga perso oltre mezzo chilo alla settimana a persona».

Uno spreco anche di risorse naturali…
«Infatti. Non dobbiamo calcolare solo il cibo in sé, ma l’energia che serve per produrlo, il lavoro umano, le emissioni di gas serra, l’uso del suolo e dell’acqua. Per dire, un chilo di carne sono ben 15mila litri di acqua, un bene prezioso che dissipiamo senza pensarci. Se cominciassimo a fare più attenzione nella nostra quotidianità aiuteremmo il Pianeta e la vita di altri esseri viventi».

Professore, lei ha fondato 25 anni fa l’iniziativa Spreco zero: qualcosa è cambiato?
«Sì, devo dire di sì. Negli anni abbiamo studiato come, cosa e quanto si spreca attraverso i monitoraggi della campagna Spreco Zero e abbiamo cercato di mettere in atto con Last Minute Market, uno spin off dell’Università di Bologna, le strategie per donare le eccedenze agli enti caritativi e per fare prevenzione a livello domestico. Ci stiamo battendo anche per un cambio di passo con il riconoscimento del diritto al cibo (ius cibi): un’alimentazione adeguata, sufficiente e compatibile culturalmente. Per tutti, non solo i poveri».

Un paradosso del nostro tempo è la contrapposizione tra una fetta di mondo malnutrita e un’altra, dei Paesi più ricchi, in cui è in costante aumento l’obesità. Lei ha appena scritto un libro proprio su questo tema, Globesity.
«Sì, in Globesity. La fame di potere lancio un genere letterario nuovo: il food thriller. È una fiction realistica che prende spunto proprio dall’obesità che a livello globale ha più che doppiato la fame. Spero che il lettore si appassioni alla storia del giovane protagonista, un ricercatore alle prime armi, che sventa un complotto internazionale per far scoppiare il mondo di grasso… Non vado oltre, naturalmente, per non rovinare il finale a sorpresa».

La copertina di Globesity. La fame del potere (Edizioni Minerva), il food thriller di Andrea Segrè dedicato alla cattiva alimentazione e all'obesità.
La copertina di Globesity. La fame del potere (Edizioni Minerva), il food thriller di Andrea Segrè dedicato alla cattiva alimentazione e all'obesità.

La copertina di Globesity. La fame del potere (Edizioni Minerva), il food thriller di Andrea Segrè dedicato alla cattiva alimentazione e all'obesità. 

Lei dice spesso che sprecare il cibo significa anche sprecare salute: perché?
«Esiste anche una forma di spreco poco nota, lo spreco metabolico o calorico. È la cosiddetta malnutrizione per eccesso: mangi troppo e male. Ovvero cibo di bassa qualità e scarso valore nutrizionale. Insomma, il cibo spazzatura che invece di finire nel bidone finisce nel nostro stomaco. Ed è un doppio danno. Perché nella spazzatura ha un impatto negativo sull’ambiente, lo smaltimento dei rifiuti (e anche un costo che dobbiamo sostenere pagando una tariffa). Nel nostro stomaco ha un effetto negativo sulla nostra salute, contribuendo a provocare le patologie di origine metabolica. Si pensi per esempio al diabete e alle malattie cardiovascolari».

Lei promuove un’applicazione, lo Sprecometro.
«È nata l’anno scorso. Lo Sprecometro è un’applicazione gratuita e istituzionale da scaricare sul proprio smartphone per ingaggiare se stessi in una sfida che si può vincere: azzerare lo spreco alimentare».•