Nel cuore della Terapia intensiva neonatale dell’ospedale Filippo Del Ponte di Varese accade qualcosa di insolito per un reparto ad alta tecnologia: tra i bip dei macchinari e il fruscio delle incubatrici si diffondono arpe leggere, accordi di chitarra e voci che cullano. Non è una colonna sonora di conforto, ma una vera cura basata su dati scientifici: la musicoterapia perinatale, che aiuta i neonati prematuri o con fragilità a crescere e a legarsi mamma e papà.
«Si tratta di un trattamento che utilizza suoni, voce e strumenti musicali per stimolare la comunicazione e la relazione tra genitori e neonato», spiega Barbara Sgobbi, musicoterapeuta del reparto diretto da Massimo Agosti. «Le attività ritmico-sonore e vocali preparano una relazione affettiva equilibrata e serena e favoriscono lo sviluppo funzionale del sistema nervoso del piccolo, delle vie acustiche e delle componenti emotive. La colorazione timbrica e melodica della voce genitoriale diventa un vero veicolo di emozioni e affetti».

L’udito, insieme al tatto, è infatti il senso dominante nei primi mesi di vita: ricerche recenti mostrano che un bambino riconosce melodie e canti già ascoltati nella pancia della mamma.

Sintonizzazioni affettive
«La metodologia adottata affonda le sue radici nella musicoterapia psicodinamica e intersoggettiva, basata sulle sintonizzazioni affettive e sonore», dice Sgobbi. È un lavoro di équipe, condotto con la psicoterapeuta Elena Bolis e centrato sulla famiglia. Le tecniche spaziano dalla musicoterapia attiva (improvvisazione con strumenti e voce) a quella recettiva (ascolto di brani suonati dal vivo), fino a quella esplorativa, che consente al bambino di comunicare le emozioni attraverso il suono. L’obiettivo è favorire un sano sviluppo neurologico, comportamentale e relazionale.

La musica diventa così una vera e propria medicina emotiva anche in situazioni delicate. «La letteratura scientifica dimostra che l’elemento sonoro è prezioso quando c’è un trauma, come una nascita prematura o patologica», osserva Sgobbi. «In reparto trasformiamo in musica sentimenti che i genitori faticano a esprimere, favorendo la relazione, l’elaborazione del trauma e lo sviluppo del piccolo, perché il suono e la voce aiutano le sinapsi, cioè i collegamenti tra i neuroni, a connettersi anche quando l’inizio della vita è stato difficile».

Benefici anche fisici
In terapia intensiva il neonato è esposto a rumori costanti, prodotti dai macchinari che monitorano i parametri vitali. «Noi musicoterapeuti», aggiunge l’esperta, «li attenuiamo trasformandoli in armonie gradevoli, che non aumentano la frequenza cardiaca ma inducono rilassamento. Con arpa, chitarra e voce creiamo melodie in sintonia con i suoni dell’ambiente». Le evidenze cliniche confermano i benefici: aumento della saturazione di ossigeno, stabilizzazione della frequenza cardiaca e della pressione, maggiore calma e regolarità del comportamento. Il percorso sostiene l’intero nucleo familiare, promuovendo anche momenti di condivisione musicale tra genitori e bambino, che rafforzano il legame affettivo e riducono ansia e stress. Sulle note di un pentagramma, la cura diventa così più dolce ed efficace.