Apablos, detto Pablo, è da poco andato in pensione, a otto anni. Era un poliziotto, un pastore tedesco nero, e lavorava nel servizio di prevenzione generale e tutela dell’ordine pubblico (Pgop). Un problema all’anca non l’ha reso più idoneo all’attività e, tecnicamente, il suo è stato un prepensionamento. «Ma continua a lavorare per la Polizia, seppure come “collaborazione volontaria”, perché in alcuni casi mostra ai futuri cani poliziotto le tecniche da imparare», spiega il suo conduttore, Daniele Gianangeli, vicesovrintendente della Polizia di Stato del Centro di coordinamento del servizio a cavallo e cinofili a Ladispoli, la scuola laziale dove vengono formati tutti i cavalieri e i cinofili di Italia. «Dal giorno in cui me lo hanno affidato, ci siamo addestrati e siamo stati insieme, per sette anni. E, oggi che è in pensione, continua a vivere con me». Una scelta quasi scontata, ma non accade sempre così. «Spesso, per motivi familiari o personali», aggiunge il vicesovrintendente, «i poliziotti non possono accogliere i cani in pensione. Ed è per questo che vengono gratuitamente affidati in adozione a chi ne faccia richiesta e sia in possesso dei requisiti necessari».

I compiti in Polizia
Sono oltre 300 i cani della Polizia di Stato in Italia. Il loro compito, oltre all’ordine pubblico, sono anche i servizi di antidroga, antiesplosivo, la ricerca e il soccorso di persone, la ricerca di tracce ematiche, cioè i cosiddetti “cani molecolari”. Nell’ordine pubblico ci sono sempre i pastori tedeschi: forti, equilibrati, coraggiosi e grandi lavoratori, sanno eseguire con puntualità i comandi.

«Noi agenti», chiarisce Gianangeli, «possiamo candidarci a essere conduttori di cani poliziotto. A quel punto ce ne viene affidato uno, attraverso una precisa selezione, e svolgiamo insieme un corso che va dai quattro ai sei mesi. Subito dopo, inizia il lavoro di squadra: i cani sono sempre al nostro fianco, spesso vivono nelle nostre case». Anche se in realtà hanno un box-alloggio di servizio, in caserma. Ma sono tantissimi gli agenti che li fanno vivere con loro. Per i Rex italiani, il lavoro è un gioco. «Tutti gli addestramenti si basano sulla gratificazione, non sono mai costretti», dice Gianangeli. «Obbediscono ai comandi e in servizio sono rigidi e inflessibili. Però, poi, anche loro, quando appendono la divisa al chiodo, come tutti i cani amano le coccole e farsi viziare».

Prevenzione e repressione
In oltre sette anni di prima linea, il lavoro di Pablo è stato impegnativo. «Essere impiegato in ordine pubblico significa presidiare le manifestazioni, far parte delle pattuglie nel centro della città, ma anche saper irrompere in situazioni pericolose: è un lavoro tra la folla, in situazioni stressanti, con condizioni climatiche a volte difficili», confida il poliziotto. «Questo è possibile perché c’è un rapporto particolare ed empatico tra essere umano e animale, ci si fida l’uno dell’altro».

Daniele Gianangeli, vicesovrintendente di Polizia, insieme ad Apablos, il cane poliziotto con cui ha lavorato e che ha adottato
Daniele Gianangeli, vicesovrintendente di Polizia, insieme ad Apablos, il cane poliziotto con cui ha lavorato e che ha adottato

Daniele Gianangeli, vicesovrintendente di Polizia, insieme ad Apablos, il cane poliziotto con cui ha lavorato e che ha adottato

Uno dei momenti con più tensione vissuti insieme è stata una partita allo stadio: «Si fronteggiavano tifosi e poliziotti del reparto mobile, c’era molta agitazione», racconta Gianangeli. «Ma è bastato schierare Pablo per risolvere la situazione: da solo, riesce a tenere a bada 50 persone». Il cane diventa un deterrente, capace di prevenire e reprimere lo scontro.
«Basta che mostri i denti, e gli animi si acquietano», aggiunge il vicesovrintendente, «nonostante l’aspetto cattivo in servizio, Pablo è buono: del resto, i cani impiegati in ordine pubblico, che in specifiche circostanze possono diventare vere e proprie “armi”, manifestano un’obbedienza ferrea al padrone. Proprio per questo sono poi quelli impiegati anche in contesti diversi, come gli ospedali per bambini».

A fine carriera
Quando, per età o per motivi fisici, il cane non è più idoneo al servizio e va in pensione, allora viene stabilita l’adozione. «Di solito, sono i compagni di squadra a due zampe ad aprire le porte di casa», evidenzia Giananangeli. «Se però non è possibile, viene messo in adozione gratuita sul sito della Polizia di Stato, con una scheda completa che ne evidenzia il carattere, le eventuali problematiche fisiche... Tutti possono fare richiesta, associazioni, onlus e privati cittadini. La nuova famiglia viene attentamente valutata prima dell’adozione».
E Pablo ora come sta? «Vive con me, mia moglie, i miei tre figli e un gatto… Non era la situazione logistica migliore per adottare un cane, ma come avrei potuto separarmi da lui? Così, abbiamo preso una casa più grande e stiamo tutti insieme. Ora lui si gode la pensione in panciolle, sereno e contento. Ma, ogni tanto, continua a “lavorare”: mi accompagna al centro di addestramento qualora l’educazione delle nuove leve possa aver bisogno della sua “esperienza”». Responsabile e coscienzioso, come sempre.

Le informazioni per candidarsi come nuovi padroni
Chi vuole adottare un cane poliziotto in pensione può consultare le schede anagrafiche, disponibili online sul sito della Polizia di Stato o presso il Centro di coordinamento dei servizi a cavallo e cinofili di Ladispoli (Roma), per comprendere le specifiche attitudini e i profili psicologici di ognuno.
• I candidati devono compilare un modulo di richiesta e inviarlo al Centro tramite Pec o raccomandata.
• Seguirà un colloquio preventivo per valutare le capacità di gestione del cane e la compatibilità caratteriale tra il quadrupede e i potenziali adottanti.
• Oltre ai cani poliziotto, si possono adottare quelli in pensione presso Carabinieri, Esercito, Polizia Penitenziaria e Arma aeronautica.