PHOTO
Chissà se Sherlock Holmes sarebbe stato lo stesso senza l’inseparabile Watson. Certo non lo sarebbe stata Lenù senza Lila, come sanno bene gli spettatori della serie televisiva Rai L’amica geniale e le decine di milioni di lettori dei quattro volumi di Elena Ferrante dedicati alle due protagoniste.
Gli amici sostengono, incoraggiano, distraggono, consolano, offrono spunti di riflessione e nuovi modi di vedere la realtà. E fanno bene alla salute. «Probabilmente la scoperta più sorprendente che emerge dalla letteratura medica degli ultimi vent’anni è la dimostrazione che più amici abbiamo più difficilmente ci ammaliamo e più a lungo viviamo», scrive lo psicologo evolutivo Robin Dunbar, docente a Oxford, nel suo ultimo saggio Amici (Einaudi), frutto di mezzo secolo di ricerche sull’evoluzione della socialità nei primati e negli umani.
Già nel 1948 l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha definito la salute non come una semplice assenza di malattie, ma come uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale. In altre parole, possiamo dire di stare davvero bene quando abbiamo rapporti profondi con le persone che vivono intorno a noi.
I tanti benefici fisici della socialità
Dalla scienza arrivano conferme continue del proverbio: «Chi trova un amico trova un tesoro». La più recente viene da una revisione sistematica di 38 studi condotta da un team di ricercatori greci (pubblicata nel 2023 sulla rivista Frontiers in Psychology): sostiene che le relazioni interpersonali, soprattutto quelle di qualità, predicono in modo significativo il benessere degli anni a venire e proteggono da diverse malattie.
A una conclusione simile era già giunta una metanalisi di 148 studi condotta da un’équipe di psicologi statunitensi su un totale di oltre 308mila persone (su Plos Medicine): i rapporti sociali soddisfacenti influiscono sulla longevità, addirittura potrebbero dimezzare il rischio di mortalità rispetto a chi è molto solo.
«Le persone maggiormente connesse sono più felici e la felicità fa bene alla salute», spiega Gianluca Castelnuovo, direttore della Scuola di specializzazione in Psicologia clinica all’Università Cattolica di Milano e direttore del servizio di Psicologia clinica e Psicoterapia presso l’Istituto Auxologico italiano. «In sintesi, riprendendo i risultati delle ricerche, frequentare gli amici può contribuire a proteggere il cuore, combattere l’insonnia, potenziare il sistema immunitario, abbassare la pressione sanguigna».
Tutti questi benefici si spiegano in larga misura con la riduzione dello stress cronico, uno dei fattori di rischio di molte patologie, a cominciare da quelle cardiovascolari. Ridere insieme, passare del tempo in compagnia è un vantaggio di per sé. «Avere qualcuno cui confidare le nostre preoccupazioni ci permette di sfogare le emozioni negative e al contempo ci aiuta a vedere i problemi da un altro punto di vista, migliorando la capacità di affrontarli», interviene lo psicologo e sociologo Enrico Cheli, docente all’Università di Siena. Ma non si tratta solo di questo: l’essere umano è un animale sociale e fra i suoi bisogni primari c’è anche quello di relazione. L’amicizia in questo senso è necessaria all’esistenza.
«L’isolamento invece è nocivo, induce condizioni che predispongono all’instaurarsi o all’aggravarsi di stati infiammatori, alla base di molte patologie», continua Cheli.
Sodalizi da star
Nelle foto qui sotto, alcune coppie di attori amici anche lontano dal set.
Volersi bene conta più del denaro
Sembra proprio che il segreto per una vita lunga e sana non sia tanto avere denaro, fama o carriera, quanto costruire legami appaganti e solidi, come emerge da un grande studio dell’Università di Harvard iniziato nel 1938 e ancora in corso (l’Harvard Study of Adult Development). Il direttore del team di ricerca, lo psichiatra Robert Waldinger, ha commentato così: «Prendersi cura del proprio corpo è importante, ma anche prendersi cura dei propri rapporti sociali è una forma di cura di sé». Osservando il cervello di alcuni partecipanti allo studio attraverso la risonanza magnetica funzionale, i professori di Harvard hanno scoperto che le persone più appagate dalla vita sociale avevano un numero maggiore di sinapsi, ossia di connessioni tra i neuroni, rispetto a quanti erano meno soddisfatti.
«I legami espandono letteralmente il nostro cervello», continua Castelnuovo. «L’essere umano ha bisogno della rete sociale per sopravvivere: quando nasce non è né capace né autonomo, deve affidarsi agli altri. Spesso sottovalutiamo il nostro essere Homo Reciprocus, ossia il fatto che esistiamo anche sulla base del riconoscimento che riceviamo dagli altri e di quello che sappiamo donare a loro».
Mezz’ora al giorno in compagnia
Avere una rete che permetta di non sentirsi soli è importantissimo. Bisogna coltivarla. «L’ideale sarebbe ritagliarsi almeno 30-60 minuti al giorno per interagire con altre persone, meglio se dal vivo ma anche al telefono», consiglia lo psicologo. «Le relazioni digitali non vanno demonizzate: come abbiamo ampiamente sperimentato durante la pandemia, offrono diverse opportunità, ma non possono sostituire le interazioni reali, il contatto fisico, il linguaggio del corpo».
Non è mai troppo tardi per stringere nuovi legami, frequentando luoghi di aggregazione, dalle associazioni di volontariato alla palestra. «Se i nostri interessi e bisogni si modificano con l’età, e quindi possono cambiare gli individui con cui instauriamo relazioni, non mutano invece gli effetti dell’amicizia», nota Cheli. «È sempre un buon momento per fare nuove conoscenze».
Quanti amici si possono avere?
Ma di quanti amici abbiamo bisogno per vivere bene? Le ricerche provano a fare delle stime, che non vanno mai prese per oro colato, nel senso che poi ognuno ha la propria storia individuale. Un recente lavoro della Fudan University in Cina ci dice che cinque è la quota perfetta di amici intimi in adolescenza. Lo conferma per gli adulti anche lo psicologo Dunbar: la maggior parte delle persone ha cinque amici che sono disposti a dare un aiuto emotivo, fisico e finanziario nel momento del bisogno. Rientrano in una cerchia di circa 15 amici più stretti, che sono le persone con cui vai a cena e al cinema.
Ed esiste un numero massimo? Sì, 150. È il celebre “numero di Dunbar”: secondo lo psicologo di Oxford il cervello non riesce a gestirne di più. Questi 150 amici sono le persone che inviti ai tuoi grandi eventi, che senti almeno una volta l’anno. È lo stesso numero di individui che c’erano nelle prime comunità di cacciatori-raccoglitori, nell’epoca in cui si è evoluto il nostro cervello sociale.
Le connessioni su Facebook
«La quantità di connessioni è aumentata con l’avvento dei social media, luoghi in cui l’intensità della relazione diminuisce enormemente», commenta Cheli. «Essere amici solo su Facebook è ben diverso dall’esserlo nella vita reale». A fare la differenza è la qualità del rapporto. Amicizia non è mettere “mi piace” a un post né scambiarsi favori all’interno di relazioni professionali. Già Seneca scriveva che «se nell’amicizia si ricerca un utile, per ottenerlo si andrà contro l’amicizia stessa».
Qual è un’amicizia vera? Spiega lo psicoterapeuta Cheli: «Si tratta di una forma di relazione affettiva basata su affinità di interessi, valori, visione del mondo e su una buona sintonia caratteriale. È questo che rende reciprocamente gratificante il conversare e il fare cose insieme. Oltre a ciò, un amico deve essere anche sincero e leale».
Rapporti che aiutano a guarire
Per certi versi l’amicizia ha una valenza terapeutica quando si sta male. «In letteratura sono presenti centinaia di evidenze empiriche che esaltano l’importanza del supporto sociale nel recupero di pazienti con depressione o con patologie neurologiche», spiega il neuroscienziato Antonio Cerasa, ricercatore presso il Cnr, Consiglio nazionale delle ricerche, di Messina. «Avere qualcuno su cui contare è sempre fondamentale, ma lo è ancora di più quando si sta male e quando si diventa anziani».
A volte diamo per scontata l’amicizia, perché è un aspetto della vita così naturale. È un miracolo che conserva l’apparenza che non vi sia proprio alcun miracolo, scrive il sacerdote, poeta e teologo portoghese José Tolentino de Mendonça in Amicizia. Un incontro che riempie la vita, edito da Piemme. Con gli amici costruiamo una storia che è sacra, si legge nel saggio, anche se ci sembra fatta soltanto di cose semplici.
Le sei caratteristiche dell’amicizia
Non tutte le amicizie sono uguali. Come distinguere un legame di qualità dal rapporto superficiale? Due studiosi hanno definito alla fine del secolo scorso sei tratti che caratterizzano la qualità dell’amicizia vera in età adulta.
1. La compagnia stimolante: è la prima funzione dell’amicizia e si riferisce alla partecipazione congiunta ad attività ricreative ed emozionanti. Come emerge dalle ricerche, a differenza dei conoscenti gli amici interagiscono in modo più rilassato, usano un linguaggio informale, scherzano e si prendono in giro a vicenda.
2. Il sostegno: sono state identificate dalle indagini scientifiche tre forme di supporto sociale che si ricevono dagli amici. Emotivo, nel senso di accettazione, affetto, cura, amore e fiducia; strumentale, definito come il fornire al bisogno beni materiali, servizi o altri tipi di aiuto; informativo, che si riferisce al dare consulenza e informazioni.
3. La sicurezza emotiva: si riferisce al senso di sicurezza offerto dagli amici in situazioni nuove ma anche negative, riducendo lo stress.
4. L’alleanza affidabile: è la disponibilità costante e l’espressione reciproca di lealtà.
5. L’autoconvalida: indica il prendere atto del proprio valore. Gli amici forniscono incoraggiamento e conferme e aiutano a mantenere un’immagine di sé positiva.
6. L’intimità: è la possibilità di esprimere liberamente i propri pensieri e sentimenti. Se entrambi gli amici rivelano reciprocamente informazioni “sensibili” si possono consolidare sentimenti di fiducia.