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La sindrome dell’ovaio policistico è stata descritta per la prima volta 90 anni fa sull’American Journal of Obstetrics and Gynecology ed è ancora oggetto di studio per la difficoltà nella diagnosi e nel trattamento, che dipendono dalla complessità delle caratteristiche e dal fatto che non è una condizione confinata all’ovaio. «Con il passare del tempo e l’acquisizione di nuove conoscenze, abbiamo compreso che non si tratta solo di una malattia ginecologica, ma di una patologia che riguarda sia gli ormoni sia il metabolismo e l’infiammazione», spiega la ginecologa e sessuologa Raffaela Di Pace, dottoressa di ricerca in Fisiopatologia della menopausa presso l’Humanitas San Pio X di Milano.
Secondo uno studio pubblicato su Lancet Diabetes Endocrinology, riguarda una percentuale di donne significativa, tra il 5 e il 18% in età fertile.
«La Polycystic Ovary Syndrome, in sigla PCOS, si chiama così perché le ovaie si presentano di volume maggiore rispetto alla media e con molti follicoli sulla superficie dell’ovaio, visibili all’esame ecografico come plurime piccole cisti», spiega Di Pace.
Comporta livelli anomali di androgeni, ormoni tipicamente maschili, primo tra tutti il testosterone, ma di solito anche alti livelli di insulina e resistenza ai suoi effetti: secondo uno studio pubblicato sul World Journal of Diabetes, tre donne su quattro presentano iperandrogenismo e la stessa percentuale iperinsulinismo.
I fattori scatenanti
«Secondo teorie recenti, è la resistenza all’insulina a essere un fattore scatenante della sindrome dell’ovaio policistico in alcune donne, ma gli esperti non sono sicuri che l’insulina sia sempre alla radice del problema», spiegano gli esperti di Harvard nel loro magazine divulgativo. «Anche la predisposizione genetica e il modo in cui sono programmate alcune ghiandole del corpo (le ovaie, l’ipofisi e la ghiandola surrenale) svolgono un ruolo nel causare questa condizione».
La resistenza all’insulina comporta una minore capacità delle cellule di assorbire il glucosio, con la conseguenza che lo zucchero rimane nel sangue (iperglicemia). Gli alti livelli di insulina, che provocano un cambiamento nell’efficienza con cui si metabolizzano le calorie degli alimenti, danno maggiori probabilità di incorrere in obesità, diabete e pressione alta, e allo stesso tempo inducono le ovaie a produrre ormoni androgeni extra.
«I nuovi trattamenti puntano ad agire innanzitutto su dieta e movimento, che vadano a contrastare l’insulino-resistenza», spiega Di Pace.
Il rischio dell’infertilità
«Le ovaie producono, su stimolo degli ormoni FSH ed LH secreti dall’ipofisi, estrogeni e progesterone, gli ormoni femminili i cui livelli variano durante il ciclo mestruale mensile innescando lo sviluppo dei follicoli, l’ovulazione (indispensabile per il concepimento) e la preparazione dell’utero per un eventuale impianto della gravidanza», racconta Di Pace. «Ma l’ovaio produce anche una quota piccola di androgeni, ormoni tipicamente maschili, primo tra tutti il testosterone, e li produce in quella porzione della sua struttura dove non ci sono follicoli e che nelle donne con ovaio policistico va incontro a una ipertrofia: per questo l’ovaio policistico crea una quantità maggiore di androgeni».
Le forme più gravi di policistosi ovarica si accompagnano a una incapacità di ovulare. «Questo meccanismo dà le irregolarità del ciclo, più spesso nel senso di un diradamento delle mestruazioni, ma qualche volta invece nel senso di un accorciamento del ciclo con una tendenza ad avere flussi molto abbondanti e dolorosi», precisa la ginecologa.
«Inoltre, l’eccesso di androgeni conduce alla comparsa di sintomi e segni legati alla stimolazione da parte di reazioni enzimatiche che portano a manifestazioni come acne e irsutismo (eccesso di peli)».
Le quattro caratteristiche
I caratteri tipici della sindrome sono quattro, non sempre presenti in contemporanea nelle pazienti.
1. I disturbi del ciclo mestruale: amenorrea, che diventa significativa se l’assenza del ciclo è per più di 182 giorni, oppure mestruazioni irregolari e poco frequenti. La conseguenza è un’ovulazione inesistente o molto ridotta, che porterà a una scarsa possibilità di rimanere incinta. In casi più rari invece i cicli possono essere completamente irregolari: a volte lunghi, altre corti
2. L’iperandrogenismo: è l’eccesso di ormoni maschili (androgeni), tra cui il testosterone, che sono prodotti dall’ovaio. Tale sintomo si evidenzia sia attraverso gli esami del sangue sia da segni visibili come irsutismo (eccesso di peluria sul corpo), acne, seborrea.
3. Le cisti ovariche: dall’ecografia, strumento fondamentale nella diagnosi, si evidenzia un ingrossamento dell’ovaio con la presenza di micro-cisti.
4. L’insulino-resistenza: i recettori dell’ormone insulina non funzionano bene. I livelli di glucosio nel sangue quindi restano alti e il pancreas continua a produrre insulina (iperinsulinemia compensatoria). Si innesca così un circolo vizioso che porta a un eccesso di peso, e nel tempo al diabete di tipo 2.
Il regime chetogenico
«Per migliorare la funzionalità ovarica, il passo fondamentale è la diminuzione del peso, perché ridurre il tessuto adiposo migliora la ciclicità della produzione ormonale», dice Di Pace. «In molti casi è risultata utile la dieta chetogenica, in cui la fonte primaria di energia diventano i grassi, che vengono letti dai muscoli come nuovi zuccheri e utilizzati come tali».
Ricerche recenti hanno infatti dimostrato che la dieta chetogenica favorisce una rapida perdita di peso (nell’arco di tre-quattro settimane), modifica la composizione corporea (riducendo la massa grassa in favore di quella magra), abbassa i livelli di glicemia, migliora il profilo metabolico (in particolare la sensibilità all’insulina) e ripristina l’equilibrio ormonale (riducendo la quantità di androgeni e regolarizzando il ciclo mestruale).
«Questo regime si può adottare, sempre seguiti da uno specialista in nutrizione, quando non sussistano controindicazioni come livelli alterati di creatininemia o insufficienza renale ed epatica», specifica la ginecologa.
Essenziale anche il movimento. In particolare, l’attività fisica ad alta intensità è quella che ha più effetti benefici sullo sviluppo della massa muscolare. «La raccomandazione è di alternare l’esercizio aerobico a quello anaerobico», dice Di Pace. «Questa combinazione, infatti, è vantaggiosa per il miglioramento dei parametri metabolici».
Le cure farmacologiche
Le cure devono essere personalizzate, su misura. «Sul piano farmacologico, è consigliata la contraccezione ormonale (pillola, cerotto transdermico, anello vaginale) per ridurre i segni dell’iperandrogenismo, come l’eccesso di peli», consiglia la ginecologa. «Per aumentare la fertilità, è indicato il ricorso a una terapia estro-progestinica, da assumersi sotto stretto controllo medico e di farmaci che servano a indurre l’ovulazione in modo da permettere un concepimento spontaneo (o tramite procreazione medicalmente assistita). Tra gli integratori alimentari, è stato studiato l’inositolo (in particolare il myo-inositolo): tale sostanza può migliorare la sensibilità all’insulina e ridurre il livello di ormoni maschili migliorando sia l’aspetto ormonale sia quello metabolico».