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«Che poi, proprio io che ho dato volto e voce a molte campagne di prevenzione, come per l’ittiosi e per la distrofia, dovevo capire che qualcosa non funzionava…».
E invece…
«E invece ho trascurato i segnali del mio corpo. Ho aspettato mesi prima di farmi controllare. Per fortuna, poi sono andato dall’urologo, pochi mesi fa, ed è arrivata la diagnosi: tumore al rene».
Roberto Ciufoli, 65 anni, è attore teatrale e televisivo, con qualche incursione nel grande schermo. Per questa stagione estiva conduce in prima serata su Rai 2, con Pino Insegno, Facci ridere, un programma che ha come tema centrale la comicità popolare.
Roberto, prima di tutto: come si sente?
«Bene, sono in fase di recupero. Certo, a volte accuso qualche dolore, ma pochi giorni dopo l’operazione ho ricominciato a lavorare, anche per avere uno stimolo psicologico a superare questa vicenda».
Com’è andata?
«Avevo dei sintomi, ma avevo trascurato alcuni campanelli di allarme: dolore che persisteva, soprattutto alla zona lombare e al fianco, e poi sangue nelle urine. A un certo punto, però, ho capito che dovevo sottopormi a controlli approfonditi, che non potevo più rimandare. Era lo scorso marzo e i medici hanno scoperto un calcolo al rene sinistro. Nulla poteva far pensare che, in realtà, la situazione era molto più grave…».
Non era un calcolo?
«No, no, il calcolo c’era, assolutamente. Ma non solo lui… Dietro al calcolo, coperto da un grumo di sangue, si nascondeva un tumore, a uno stadio anche avanzato, come ha rivelato la biopsia. Così, insieme ai medici, abbiamo optato per un intervento drastico e definitivo che eliminasse rene, uretere, linfonodi. Fortunatamente, il carcinoma era circoscritto, non ci sono state metastasi, ma la sorveglianza è sempre alta».
Che cosa ha pensato al momento della diagnosi?
«Che non mi ero mai posto il problema di potermi ammalare di tumore. Certo, ho parenti che hanno avuto un cancro, ma non avevo mai pensato potesse capitare a me. Nel momento in cui ti comunicano la malattia, la tua vita cambia: senti di avere un intruso nel tuo corpo, è una sensazione particolare».
Come l’ha affrontata?
«Mi ha aiutato molto il mio carattere. Io prendo di petto le avversità, non mi abbatto. La malattia deve faticare per fermarmi, non ha campo facile. E poi sentivo comunque una responsabilità nei confronti di familiari e amici, per i quali dovevo essere forte e sereno. E così, alla fine, ero davvero il meno preoccupato di tutti. Del resto, ho scelto di guardare la situazione in positivo: ho avuto sì un carcinoma maligno, ma non espresso in metastasi».
La comicità aiuta?
«In generale, la mia disposizione personale alla comicità mi ha sempre consentito di vivere ogni avvenimento con leggerezza. E questo non vuol dire essere superficiali, piuttosto significa non concedere campo all’avversario, ma affrontare la partita a testa alta e giocarsela fino in fondo, senza abbattersi, né lasciarsi vincere dalla stanchezza fisica che comunque c’è. Con questo spirito, in poco tempo, sono riuscito ad andare in scena superando difficoltà del corpo e dell’anima».
Chi le è stato vicino?
«Tutti, amici e familiari. Il tumore è una malattia che spaventa, per questo sapere di avere vicino persone a cui vuoi bene crea già una dimensione di aiuto, solidarietà e vicinanza. Ho scoperto affetto e tenerezza, sentimenti che fanno piacere, ma anche riflettere».
Ha ricevuto cure mediche adeguate?
«Devo dire che la sanità in Italia è di altissimo livello, abbiamo una classe medica assolutamente competente, a livello umano e professionale. Io sono stato curato a Roma, prima all’ospedale Cristo Re e poi al Gemelli. Ho sempre percepito altissima professionalità in tutti gli operatori».
Il decorso è stato lungo?
«Ammetto di aver sottovalutato il decorso della malattia. Il mio è stato un intervento importante, fisicamente il recupero deve essere lento, forzando i tempi si rischia di peggiorare la situazione».
Ci vuole pazienza…
«Eh, e io non brillo per questa qualità. Eppure, l’ho dovuta trovare, ci ho lavorato… Sono impulsivo ma mi rendo conto che devo vivere con serenità e calma. Non avere fretta aiuta ad accorciare i tempi di guarigione».
Che cosa le ha lasciato l’esperienza della malattia?
«Mi ha offerto un altro argomento di racconto. Ringrazio la vita, perché ci regala sempre motivi per narrare storie nuove. L’età non è solo far passare gli anni, ma un bagaglio di esperienze cui attingere. La consapevolezza della vita vissuta ci permette sempre nuove occasioni e opportunità».
Che consiglio si sente di offrire alle lettrici e ai lettori?
«Di dare retta al proprio corpo, specie appena si manifesta un campanello di allarme. Un controllo non porta sfortuna, come spesso si crede, può essere al contrario un evento fortunato per scoprire qualcosa che viene curato. In caso di diagnosi come la mia, consiglio di non abbattersi, perché sempre più spesso oggi dal tumore si può guarire».