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L'attore di teatro e televisivo Roberto Ciufoli ha affrontato un tumore al rene
Il tumore del rene è il più frequente dell’apparato genito-urinario dopo prostata e vescica. Colpisce soprattutto gli uomini e rappresenta il 2-5% di tutti i tumori, ma è in aumento nei Paesi occidentali. In Italia circa 15mila persone all’anno si ammalano di questo tumore (come l’attore Roberto Ciufoli, leggi la sua testimonianza). Tra i fattori di rischio ci sono: età, familiarità, obesità, fumo, ipertensione e abuso di antidolorifici. Se la diagnosi è precoce, si può guarire.
Due forme
Nel rene possiamo avere due tipi di tumore:
- quello che nasce dalla parte del rene che filtra il sangue e la trasforma in urina (forma più comune);
- quello che nasce dalla parte del rene che raccoglie e coinvolge l’urina verso la vescica (tumore uroteliale).
I sintomi solo in fase avanzata
Il tumore del rene è quasi sempre asintomatico, ed è spesso scoperto durante esami eseguiti per altre ragioni o per motivi di screening di altre patologie. Per fortuna, molte delle forme oggi diagnosticate sono malattie iniziali, spesso di piccolo volume (le cosiddette piccole masse renali, entro i 4 centimetri di diametro) o comunque confinate all’organo. Quando infatti la malattia dà segno di sé, si è frequentemente in presenza di una forma in fase più avanzata. I segni tipici includono:
- sangue nelle urine (ematuria);
- dolore nella zona lombare;
- una massa palpabile a livello lombare.
Altri sintomi da non sottovalutare, benché comuni ad altre malattie, sono perdita di peso, febbriciattola, stanchezza, anemia.
Come si arriva alla diagnosi
Il primo riscontro avviene quasi sempre con un’ecografia addominale, che non consente però di inquadrare adeguatamente la malattia, sia per estensione, sia per caratteristiche. Gli esami che devono seguire sono abitualmente la Tac dell’addome con mezzo di contrasto (cui si aggiunge anche la Tac del torace per verificare che non ci siano metastasi ai polmoni), o una risonanza magnetica dell’addome sempre con mezzo di contrasto. Non è ancora molto diffusa, ma sta prendendo piede la biopsia percutanea della massa renale, in grado di fornire una diagnosi istologica.
Le opzioni terapeutiche
Il trattamento standard della malattia confinata al rene è la chirurgia, mentre per i pazienti fragili che non possono essere operati o per le neoplasie in stadio molto avanzato con metastasi si può ricorrere a sorveglianza attiva, termoablazione.
Chirurgia. A seconda delle caratteristiche della malattia e del paziente, può essere indicata la nefrectomia radicale (si rimuove l’intero rene) oppure si può salvare l’organo rimuovendo solo la parte malata (nefrectomia parziale o resezione renale). Quando la malattia lo consente, l’approccio chirurgico può essere di tipo mininvasivo (in laparoscopia, eventualmente robotica), che garantisce al paziente un recupero più rapido e inferiore necessità di terapia antidolorifica.
Sorveglianza attiva. Per alcune forme, di piccolo volume, in pazienti molto anziani o con altre malattie che rendono sconsigliabile la chirurgia, si può scegliere in sicurezza la sola sorveglianza attiva, monitorando periodicamente se la massa cresce o no.
Termoablazione. Sempre per i pazienti con aumentato rischio chirurgico, esistono tecniche ablative, che includono il freddo (crioablazione percutanea) o il caldo (radiofrequenza e microonde per via percutanea) e più recentemente anche una radioterapia mirata, che provocano la morte delle cellule malate.
Farmaci. In presenza di malattia avanzata e metastatica sono oggi disponibili nuovi farmaci. A seconda delle caratteristiche, si usano combinazioni che utilizzano immunoterapici, in grado di stimolare il sistema immunitario a riconoscere e aggredire le cellule tumorali, e farmaci biologici quali gli inibitori della tirosin-chinasi, che inibiscono la formazione di nuovi vasi sanguigni (angiogenesi) che portano sostanze nutritive al tumore.
Si vive bene anche con un solo organo
In Italia, il 71% dei pazienti è vivo a cinque anni dalla diagnosi di tumore del rene, percentuale che arriva al 95% se la malattia è scoperta precocemente. Anche in caso di nefrectomia radicale, la qualità della vita rimane buona. Alcuni studi hanno concluso che, dopo la rimozione di un rene, la funzionalità dell’altro può aumentare.