Corto o lungo, macchiato o nero, al bar o nella moka… Il caffè è una delle bevande più amate al mondo, tanto che molte persone non riescono a ingranare se non iniziano la giornata sorseggiando una tazzina di espresso.
Non stupisce, quindi, che il mondo scientifico indaghi da anni sugli effetti del caffè nei confronti della salute.
Ecco dieci conclusioni sorprendenti.

Chi ama il caffè vive più a lungo
È il risultato di un ampio studio condotto su oltre 400mila adulti e pubblicato sul New England Journal of Medicine: le aspettative di vita nei consumatori di caffè arrivano fino al 10% in più per gli uomini e il 15% in più per le donne.

L’abitudine alla tazzina non fa salire la pressione
Un recente studio italiano pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Hypertension esclude un effetto a lungo termine sull’innalzamento della pressione arteriosa come molti invece temevano. Via libera, quindi, a un paio di tazzine di caffè al giorno. «È vero che subito dopo l’assunzione di caffeina con l’espresso la pressione può salire», spiega Giulio Pompilio, direttore scientifico del Centro Cardiologico Monzino di Milano, «però con consumi regolari l’organismo sviluppa una forma di tolleranza che mette al riparo dal pericolo di sviluppare ipertensione per colpa del caffè. Ad attutire l’effetto sulla pressione arteriosa potrebbe essere in particolare una sostanza, l’acido clorogenico».

Cardiologia

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Il caffè lungo è più forte dell’espresso
Al contrario di quanto si crede, il caffè lungo possiede concentrazioni maggiori di caffeina rispetto all’espresso normale o ristretto. Lo conferma la nutrizionista Lucilla Titta, coordinatrice del Progetto Smartfood allo Ieo-Istituto europeo di oncologia di Milano.

Si può essere intolleranti alla caffeina
La caffeina è un eccitante per tutti, ma tende ad accelerare il battito cardiaco e a peggiorare il sonno solo in alcune persone, mentre altre possono bersi l’espresso e andare a dormire senza problemi. «La quantità di caffeina è la stessa, ma provoca tachicardia e insonnia solo a un gruppo ristretto di persone che, per ragioni prevalentemente genetiche, ma anche ambientali, risentono maggiormente dei suoi effetti», spiega Enzo Spisni, direttore del laboratorio di fisiologia traslazionale e nutrizione all’Università di Bologna e autore del libro Siamo tutti intolleranti (Sonzogno).

Persino dopo un attacco di cuore, non c’è ragione per vietare il piacere di un espresso
Un vasto studio clinico italiano, pubblicato sulla rivista Circulation e condotto su oltre 11mila persone che hanno subito un infarto, ha mostrato che un consumo moderato non aumenta il rischio di nuovi eventi cardiovascolari.

Con il decaffeinato si hanno gli stessi vantaggi
Se si è più sensibili alla caffeina, si può optare per una bella tazzina di decaffeinato senza rinunciare agli effetti positivi del caffè sul rischio di malattie cardiovascolari. Lo conferma uno studio tedesco condotto su novemila persone e pubblicato sulla rivista Nature, giunto alle seguenti conclusioni: gli antiossidanti, presenti nell’espresso sotto forma di acido clorogenico e lignani, svolgono un’azione protettiva, tanto che il consumo di tre-quattro tazzine al giorno (non importa se “classico” o decaffeinato) è associato a livelli più bassi di pressione e a una generale riduzione del rischio di malattie cardiovascolari, come infarto e fibrillazione atriale.

Bere caffè protegge dal tumore al fegato
I risultati di una metanalisi pubblicata sulla rivista scientifica Hepatology testimoniano una riduzione del 41% del rischio di carcinoma epatico nei bevitori abituali di caffè rispetto ai non bevitori.

Rallenta il Parkinson
La potenziale azione antiossidante dei polifenoli contenuti nel caffè sembra avere un effetto positivo sull’incidenza di malattie neurogenerative come il Parkinson. Le evidenze più significative a questo proposito emergono da uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Boston su 300mila individui e pubblicato su Annals of Neurology: i dati mostrano come anche la caffeina riesca a intervenire sulla tossicità dopaminergica, responsabile dei danni subiti dai neuroni che regolano gli impulsi all’attività motoria.

Riduce il rischio di diabete
La prova più schiacciante dell’effetto positivo del caffè sul diabete di tipo 2 proviene da una revisione di studi pubblicata sulla rivista Nutrition Reviews che ha riesaminato ben trenta ricerche scientifiche su una popolazione complessiva di 1,2 milioni di persone: il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 cala del 7% per ogni tazza di caffè consumata.

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In un futuro non lontano berremo caffè sintetico
Un recente articolo del quotidiano statunitense Wall Street Journal analizza l’impatto ambientale della coltivazione di Coffea arabica, una delle più diffuse piante da cui si ricava il caffè, che comporta deforestazione, consumo idrico e significative emissioni di carbonio. Entro il 2050, inoltre, metà del terreno coltivabile a livello mondiale potrebbe non essere più adatto alla coltivazione del caffè a causa delle problematiche indotte dal cambiamento climatico.
Per questi motivi alcune startup stanno sviluppando nuovi sostituti che si affiancano ai tradizionali orzo e cicoria, utilizzando ingredienti come noccioli di dattero, semi di girasole e di guava, mentre gli scienziati finlandesi stanno sperimentando il caffè sintetico, coltivando cellule di caffè in laboratorio, con un processo simile a quello utilizzato per la carne sintetica.