La cena, completa, è finita solo da tre ore, ma ci si siede di nuovo a tavola affamati. Oppure ci si sveglia nel cuore della notte e si apre il frigorifero in cerca di qualcosa da sgranocchiare. Sono episodi che, presi singolarmente, non destano particolare preoccupazione, ma se diventano abituali sono sintomi di un disturbo piuttosto diffuso, la sindrome da alimentazione notturna (Night eating syndrome, o Nes), che si stima riguardi l’1-1,5% della popolazione generale e il 6-16% delle persone con obesità.
«La Nes è un disturbo alimentare incluso solo di recente e per la prima volta nella quinta edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5)», spiega Andrea Catena, psicologo e psicoterapeuta del team PsicoCare del gruppo ospedaliero Humanitas. «È una sindrome caratterizzata da episodi ricorrenti di consumo eccessivo di cibo durante la notte, sia dopo la cena (iperfagia serale) sia dopo il risveglio dal sonno (ingestioni notturne) con scarso appetito durante il giorno; le persone affette da tale patologia riferiscono la convinzione di non potersi riaddormentare senza aver mangiato».

Dormire bene

Quali molecole aiutano a combattere l’insonnia

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Come si riconosce
Secondo i criteri del DSM-5, i pazienti con sindrome da alimentazione notturna sperimentano almeno tre delle seguenti caratteristiche che compromettono significativamente la qualità della vita per un periodo di almeno tre mesi:
• ricorrenti episodi di alimentazione notturna che si manifestano mangiando dopo i risvegli dal sonno oppure con l’eccessivo consumo di cibo dopo il pasto serale;
• consapevolezza e ricordo di aver mangiato;
• il comportamento non è conseguenza di influenze esterne come la modificazione del ciclo sonno-veglia dell’individuo, o di norme sociali;
• la persona prova un significativo disagio;
• questa modalità di alimentazione disordinata non è spiegata dal disturbo da binge eating (alimentazione incontrollata) o da altre problematiche, quali l’uso di sostanze stupefacenti o l’effetto di farmaci.

Le possibili conseguenze
A causa dell’aumento dell’apporto calorico prima di andare a dormire e nelle ore normalmente dedicate al sonno, la sindrome da alimentazione notturna può portare a una serie di complicazioni, come:
• sovrappeso
• diabete
ipertensione
• malattie cardiache
• obesità.
Senza un adeguato intervento psicoterapeutico, inoltre, possono svilupparsi disturbi psichiatrici; numerosi studi hanno riscontrato una forte associazione tra Night eating syndrome e depressione.

Terapie su misura
Le cause della Night eating syndrome non sono ancora completamente comprese. «Si ritiene che questo disturbo possa derivare da una desincronizzazione tra umore, sonno, sazietà e i ritmi circadiani dell’ingestione di cibo», continua Catena. «La Nes si distingue dagli altri disturbi del comportamento alimentare per l’alta concentrazione di calorie assunte nelle ore notturne e per l’assenza di comportamenti compensatori (quali il provocarsi lo stimolo del vomito dopo un’abbuffata, tipico della bulimia). Tuttavia, ha in comune con altri disturbi alimentari le possibili conseguenze (aumenta il rischio di obesità, diabete e altre disfunzioni metaboliche ed endocrine) e il percorso terapeutico».
Le opzioni di trattamento per la sindrome da alimentazione notturna sono sia farmacologiche sia non farmacologiche.
Trattamenti farmacologici: si basano essenzialmente su farmaci Ssri, ovvero inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina; infatti, il sistema serotoninergico è coinvolto nella regolazione dell’appetito, dell’assunzione di cibo e dei ritmi circadiani.
Trattamenti non farmacologici: comprendono la terapia cognitivo-comportamentale, la bright-light therapy (esposizione a luce artificiale brillante utilizzata per disturbi del ritmo circadiano sonno-veglia) e la progressive muscle relaxation, una tecnica di rilassamento indicata per i disturbi d’ansia.
«In ogni caso, le revisioni di studi scientifici che prendono in esame la sindrome da alimentazione notturna raccomandano un approccio multidisciplinare, dato che nessun trattamento, preso nella sua singolarità, è risultato efficace quanto il loro intervento combinato», conclude l’esperto di Humanitas. «Fondamentale risulta quindi affidarsi al lavoro sinergico di un’équipe composta da un ventaglio di differenti specialità (medico generale, psicoterapeuta, nutrizionista) in grado di offrire una terapia su misura, adeguata alle specifiche esigenze di ogni paziente».