Movimento fisico, stimolazione cognitiva e relazioni sociali è un tris che può avere un impatto significativo sulla salute del cervello. Uno studio italiano, appena pubblicato sulla rivista Brain, Behavior & Immunity - Health, ha dimostrato che un intervento multidimensionale, denominato “Train the Brain”, in italiano “Allena il cervello”, è in grado di migliorare le funzioni cognitive in persone con lieve declino cognitivo e di modulare la risposta infiammatoria del sistema immunitario, con effetti misurabili attraverso un prelievo del sangue.

Lavoro

Studiare da adulti è un bene per il cervello

Studiare da adulti è un bene per il cervello
Studiare da adulti è un bene per il cervello

La ricerca, guidata dall’Istituto clinico milanese Humanitas e dall’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-In), si inserisce nel crescente filone di studi che riconosce l’infiammazione cronica come uno dei principali processi biologici associati all’invecchiamento e allo sviluppo di patologie neurodegenerative come la malattia di Alzheimer.

Alzheimer, i campanelli d’allarme

Non solo perdita di memoria: difficoltà cognitive e di orientamento e variazioni del comportamento possono essere sintomi della malattia neurodegenerativa, spiega Federica Agosta, neurologa dell’ospedale San Raffaele di Milano, a Lo spazio di BenEssere, programma condotto da Agnese Pellegrini su Telenova.

La teoria dell’inflammaging sull’invecchiamento
Negli ultimi anni si è fatta largo la teoria dell’inflammaging, parola che nasce come crasi di inflammation e aging: l’invecchiamento infiammatorio. La tesi, elaborata dall’italiano Claudio Franceschi, è che ci sia un collegamento tra i processi fisiologici che conducono all’invecchiamento e un’infiammazione silente e di basso grado, che non ha sintomi eclatanti ma che a lungo andare danneggia tessuti e organi, incluso il cervello. L’inflammaging rappresenta un fattore di rischio per tutte le patologie tipiche della terza età, dall’Alzheimer ai tumori, dalle malattie cardiovascolari al Parkinson. È stato osservato, però, che i centenari hanno un livello di invecchiamento infiammatorio inferiore rispetto alla media degli anziani. Sono persone fortunate? Oppure si può pensare di combattere l’infiammaging e coltivare il sogno di una longevità in salute?

L’esperimento a Pisa nella Palestra della mente
Gli scienziati di Humanitas e Cnr, in cerca di risposte, si sono concentrati su una specifica sottopopolazione, in cui i segni dell’invecchiamento sono più marcati e misurabili: i soggetti con diagnosi di lieve declino cognitivo. Queste persone non solo presentano un deterioramento cognitivo superiore a quello atteso per la loro età, ma hanno anche un alto rischio di sviluppare l’Alzheimer. Per questo motivo, sono i destinatari d’elezione di strategie mirate a prevenire o ritardare la progressione del loro quadro clinico.
Negli individui affetti da lieve declino cognitivo si osservano frequentemente livelli aumentati di citochine pro-infiammatorie. Queste molecole, che agiscono come messaggeri chiave del sistema immunitario, quando presenti in eccesso nel sistema nervoso, possono avere effetti deleteri, compromettendo la funzionalità neuronale, riducendo la plasticità sinaptica e favorendo così meccanismi di neurodegenerazione.
Per contrastare efficacemente tali processi, i ricercatori pisani hanno sviluppato “Train the Brain”, che si svolge all’interno della Palestra della mente presso il Cnr, un luogo interamente dedicato agli studi volti a contrastare l’invecchiamento cerebrale. Il programma combina attività fisica per promuovere la salute vascolare e metabolica, esercizi di stimolazione cognitiva per mantenere e migliorare le funzioni cerebrali, e interazioni sociali in un ambiente dedicato, per contrastare l’isolamento e favorire il benessere emotivo. L’obiettivo è agire simultaneamente su più dimensioni per promuovere la salute cerebrale in persone a rischio.

Migliorano la memoria e l’attenzione
«I primi risultati sono apparsi molto promettenti in termini di miglioramento delle capacità cognitive, in particolare nelle funzioni di memoria e attenzione, e di modificazioni strutturali cerebrali rilevate tramite risonanza magnetica, tra cui un miglioramento nella perfusione ematica cerebrale e una maggiore conservazione del volume della sostanza grigia in aree corticali implicate nelle funzioni esecutive», spiega Alessandro Sale, dirigente di ricerca e group leader del Cnr-In di Pisa. «Inoltre, gli effetti benefici dell’allenamento perdurano nel tempo e non sembrano essere condizionati da fattori come il genere, l’età e il tasso di scolarità, anche se il miglioramento appare più marcato nelle donne e nei soggetti con minore grado di istruzione».
La comprensione dei meccanismi che hanno portato a questi cambiamenti all’inizio era limitata. Per gettare luce sulle basi molecolari dei benefici di programmi come “Train the Brain”, i ricercatori dell’Istituto clinico Humanitas, guidati da Michela Matteoli, direttrice del Programma di Neuroscienze di Humanitas, hanno rivolto l’attenzione al ruolo del sistema immunitario. Lo studio ha coinvolto 76 persone con diagnosi di lieve declino cognitivo, suddivise in due gruppi: uno sperimentale, che ha seguito il programma multidimensionale della durata di sette mesi, e un gruppo di controllo, che ha ricevuto unicamente un supporto informativo. A inizio e fine dell’intervento, i partecipanti sono stati sottoposti a valutazioni cognitive, risonanza magnetica cerebrale e analisi del sangue per quantificare i livelli di citochine proinfiammatorie e antinfiammatorie.

L’incremento delle molecole neuroprotettive
«I risultati hanno evidenziato, nel gruppo “Train the Brain”, una riduzione significativa dei livelli plasmatici di molecole associate a infiammazione sistemica e declino cognitivo», dice Matteoli, che è anche docente in Humanitas University. «Parallelamente, si è osservato un mantenimento o incremento di molecole antinfiammatorie note per il loro effetto neuroprotettivo. Tra queste IL-10, che gioca un ruolo importante nella sopravvivenza dei neuroni e nella neurogenesi adulta, aumenta dopo l’allenamento e si correla con le capacità di memoria sia a breve che a lungo termine, rappresentando un potenziale marcatore per monitorare l’efficacia di programmi di stimolazione motoria e cognitiva in soggetti a rischio».
Nel complesso, il programma “Train the Brain” ha dimostrato di agire non solo sul piano psicologico e motivazionale, ma anche su processi biologici centrali nel mantenimento della salute cerebrale durante l’invecchiamento.

L’attività cerebrale è influenzata dagli stili di vita
«Lo studio ribadisce un concetto fondamentale: il cervello è fortemente influenzato dallo stile di vita», conclude Genni Desiato, ricercatrice post doc in Humanitas. «Movimento, stimolazione cognitiva e relazioni sociali esercitano un impatto forte e diretto sulla salute cerebrale e sull’infiammazione sistemica, e sono capaci di agire in maniera misurabile e in profondità, fino al livello di molecole».
Adottare uno stile di vita attivo, combinando regolarmente esercizio fisico e allenamento cognitivo, può rallentare o persino invertire i primi segnali di declino. E la buona notizia è che non è mai troppo tardi per iniziare: anche semplici abitudini quotidiane come camminare, stimolare la mente con letture o giochi e mantenere una vita sociale attiva possono fare una grande differenza.
Questi accorgimenti non sono solo buone pratiche, ma strategie preventive accessibili a tutti per anni longevi e sani.