Dalla nascita in poi cominciamo ad ammassare la nostra riserva cognitiva, un patrimonio di conoscenze che si costruisce gradualmente e che si fa più consistente se studiamo, leggiamo, facciamo pratica di una lingua straniera o se arricchiamo di esperienze e di relazioni le nostre giornate.
È così che i nostri neuroni si intrecciano e ci rendono più abili e rapidi a svolgere le azioni, a interagire con l’ambiente circostante o a prendere decisioni.
I dati supportano la cosiddetta “ipotesi della riserva cognitiva della funzione mentale”. Secondo questa teoria, ormai condivisa dalla comunità scientifica, i compiti mentalmente impegnativi aiutano a mantenere e costruire le connessioni tra le cellule cerebrali.
E più avanti nella vita queste connessioni aiuteranno a compensare i danni al cervello causati dall’Alzheimer, dalla demenza o semplicemente dalla vecchiaia, contribuendo così a preservare più a lungo le capacità di pensiero.
Dovremmo innaffiare la memoria per non farla avvizzire. (…)

Bambini e adolescenti

Leggere su carta: i vantaggi per il cervello dei ragazzi

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I consigli in sintesi
La stimolazione cognitiva non è la sola via per mantenere il nostro cervello fiorito il più a lungo possibile. È importante il sonno, ma altrettanto significativi sono il controllo dello stress, il movimento e una dieta sana. E ci sono i bisogni sentimentali, perché di bisogni si tratta: le relazioni con gli altri sono necessarie.
In sintesi, sono sei le strategie per tenere in forma il cervello:
1. stimolazione mentale;
2. movimento;
3. corretta alimentazione;
4. vita sociale;
5. relax;
6. sonno.

L’importanza del movimento
A proposito dell’esercizio fisico, credo basti citare un dato tra i tanti. Le ricerche mostrano chiaramente che le persone che fanno attività moderata più di tre volte alla settimana, dalla camminata al giardinaggio, hanno qualcosa come il 40-50% in meno di probabilità di andare incontro alla demenza rispetto ai sedentari. Come mai? In due studi recenti (uno su Nature e l’altro su The Journal of Neuroscience), è stato provato che il movimento migliora le prestazioni cognitive attraverso la riduzione della neuroinfiammazione, che è il nemico numero uno del cervello.

È l’infiammazione cronica che accomuna tutte le forme di malattia di Alzheimer, ereditarie e non. Ed è sempre l’infiammazione che può attaccare le sinapsi, modificando l’espressione di alcune proteine essenziali al loro funzionamento.
L’esercizio fisico costante non solo abbatte la neuroinfiammazione, ma aumenta anche la produzione di un fattore neurotrofico, il Bdnf (Brain-Derived Neurotrophic Factor, in italiano fattore neurotrofico cerebrale), che facilita la creazione delle sinapsi e che favorisce la plasticità cerebrale.

Il grafico del piatto sano
Altro pilastro degli stili di vita è l’alimentazione sana. Tutto il mondo scientifico apprezza la dieta mediterranea, un modello nutrizionale completo e vario. Valorizza frutta e ortaggi in abbondanza, legumi, cereali, pesce, olio extravergine d’oliva e frutta a guscio come le noci e le mandorle: tutti cibi correlati a una riduzione della neuroinfiammazione.
La dieta mediterranea suggerisce anche una proporzione tra i nutrienti che sembra essere ideale. Molte istituzioni, tra cui quelle italiane, propongono una formula intuitiva per orientarsi a tavola: il cosiddetto «piatto sano», un grafico elaborato all’Università di Harvard. Per mangiare secondo i principi della dieta mediterranea, basta immaginare il pranzo o la cena come un grande piatto:
• la metà è formata da verdura e frutta, con più verdura che frutta;
• un quarto è destinato ai cereali e derivati (meglio se integrali o semintegrali);
• un quarto include le proteine, variando tra legumi, uova, pesce, latticini, carne (limitando il consumo di quella rossa e riducendo al minimo quello di salumi e carni lavorate), ma pure frutta a guscio;
• il tutto va innaffiato con acqua, un litro e mezzo al giorno, e condito con spezie ed erbe aromatiche, poco sale e olio extravergine d’oliva.

Limitare i cibi ultra-processati
Che cosa limitare? È risaputo che assumere troppo sale, zuccheri e grassi saturi è associato a un aumento dell’incidenza di infiammazione cronica, ipertensione, malattie cardiache e diabete di tipo 2. Quel che invece non si immagina è che tutte queste problematiche condizionano lo stato di salute del cervello, aumentando per esempio il rischio di demenza vascolare, data da un afflusso ridotto di sangue.
Esistono in particolare studi allarmanti sugli alimenti industriali molto lavorati, i cibi ultraprocessati. Una meta-analisi del 2022 su Neurology ha preso in esame circa mezzo milione di persone nel Regno Unito: il risultato indica che per ogni aumento del 10% nel consumo di cibi ultraprocessati il rischio di demenza cresce del 25%.
Secondo la definizione dell’Organizzazione mondiale della sanità, sono ultraprocessati quei prodotti che, oltre alle aggiunte di zuccheri, sale, oli e grassi, sono formati da sostanze che non si usano nelle preparazioni casalinghe. Scorrendo l’etichetta, si trovano sigle che indicano additivi come E210 (acido benzoico), E250 (nitrito di sodio) o E624 (glutammato monoammonico). A essere ultraprocessati spesso sono crocchette di pollo surgelate, barrette proteiche, molti salumi e insaccati, certi yogurt alla frutta, il pane confezionato con emulsionanti o stabilizzanti chimici, le bevande “zero” per l’aggiunta di edulcoranti chimici artificiali.
Sto parlando degli eccessi, naturalmente, non di un consumo saltuario. Le stime, però, ci dicono che i cibi ultraprocessati oggi costituiscono circa il 60% dell’apporto calorico quotidiano medio nel Regno Unito e negli Stati Uniti.

Lavoro

Gli hobby manuali sviluppano l’intelligenza

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Non stressarsi troppo
Una cattiva alimentazione squilibra il sistema immunitario. Ma anche lo stress, la mancanza di sonno e l’isolamento incidono sullo stato infiammatorio. Un adulto dovrebbe dormire sei-otto ore, anche un anziano. Tutti dovremmo cercare di rilassarci, di non farci tramortire dalla tensione. Strategie come la meditazione si sono dimostrate utilissime, non solo per ridurre il carico di stress ma anche per accrescere i fenomeni di neuroplasticità, attraverso l’aumento della mielina e il miglioramento della connettività cerebrale.

Il tempo per gli affetti
Infine, tutti dovremmo passare del tempo con le altre persone. (...) In un articolo su The Lancet, il neuroscienziato americano John Cacioppo ha scritto che sentirsi soli aumenterebbe le probabilità di morte prematura addirittura del 26%. A conclusioni analoghe è arrivato un altro lavoro, secondo cui la solitudine è associata a una riduzione degli anni di vita paragonabile a quella causata dal fumo di 15 sigarette al giorno.
«Per le piccole creature come noi», ha scritto l’astronomo Carl Sagan, «la vastità è sopportabile solo attraverso l’amore».

Il testo della neuroscienziata Michela Matteoli è tratto dal saggio La fioritura dei neuroni. Come far sbocciare la nostra intelligenza per tutta la vita (Sonzogno)
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