C’è chi non riesce più ad avere relazioni d'amicizia al di fuori della Rete, chi si sente perso quando non è connesso, e c'è anche la sindrome della vibrazione fantasma, che è la tendenza a controllare compulsivamente il telefono cellulare immaginando l'arrivo di messaggi o chiamate.
Sono comportamenti tipici della dipendenza da internet, in sigla Iad (Internet addiction disorder). Le conseguenze sono isolamento emotivo, difficoltà relazionali, perdita delle motivazioni e della capacità di concentrazione, ma anche problemi fisici come disturbi del sonno, affaticamento, problemi visivi e muscolari.
A spiegare le caratteristiche delle nuove dipendenze è il libro Internet Addiction Disorder. Social, emozioni e identità alternative (FrancoAngeli), scritto da Pietro Scurti, dirigente dell'Asl Napoli 2 Nord, psicologo e psicoterapeuta con una lunga esperienza clinica sul tema. Lo Iad è ormai considerato, per le modalità in cui si instaura, la vastità del fenomeno e le conseguenze, simile alla dipendenza da sostanze stupefacenti o alla ludopatia.
«Internet non è il male», dice l'autore, ma «sempre più spesso i nostri figli e noi stessi rischiamo di trasformare il navigare alla scoperta della Rete in un naufragio delle emozioni, del contatto fisico e delle relazioni autentiche».
Chi casca nella Rete diventa incapace di mettere da parte lo smartphone e tende a sostituire il mondo reale con la frequentazione compulsiva di quello virtuale. L'essere legati al telefonino, tanto che quando ce lo scordiamo a casa ci sentiamo un po' “isolati” non è una malattia. Essere connessi fa parte dello stile di vita contemporaneo. Le cose sono diverse quando quella di usare lo smartphone e di connettersi ai social network diventa una necessità costante e incontrollata.

Gli effetti collaterali delle nuove forme di dipendenza patologica sono sempre gli stessi, cioè disagio interiore, difficoltà nelle relazioni e nel rendimento a scuola o al lavoro, ma i comportamenti patologici che la caratterizzano non sono tutti uguali. Ecco, di seguito, anche nella terminologia anglosassone corrente, quali sono i disturbi più comuni riportati nel libro di Scurti.

Nomofobia
Dall'espressione anglosassone No mobile phobia, detta anche “sindrome da disconnessione”, è il disagio provocato dall'assenza del telefono, dall'esaurimento della batteria o dalla mancanza del segnale. Una vasta letteratura scientifica ha mostrato conseguenze sia fisiche sia psichiche. Tra le prime: insonnia, tensione, aumento dell'acido gamma ammino-butirrico, un inibitore del sistema nervoso centrale, con deterioramento delle funzioni cognitive. Tra i danni psichici, ansia, depressione, disturbi ossessivo-compulsivi.

Vampirizzazione
È la tendenza, tipica degli utenti più giovani, a trascorrere le ore notturne utilizzando lo smartphone. Ci si dedica a giochi, si condividono post e messaggi, si guardano video. Nel 2014, un articolo del New York Times che ha indagato questa abitudine ha definito chi vi si dedica “vampiri dei social media”. Una ricerca dell'Osservatorio nazionale sull'adolescenza ha rivelato che circa il 60% degli adolescenti e circa il 40% dei pre-adolescenti ammette di rimanere spesso sveglio anche fino all'alba per dialogare o divertirsi online. È un'attività che comporta l'alterazione dei ritmi circadiani e della secrezione della melatonina, compromettendo la capacità di addormentarsi.

Phubbing
A chi non è capitato di ignorare il mondo circostante per dedicarsi qualche minuto a quello virtuale anche quando è in compagnia? Può succedere anche in famiglia, per esempio quando ci si ritrova attorno alla tavola. L'espressione deriva dalla fusione delle parole anglosassoni phone (telefono) e snobbing (snobbare/ignorare). Un comportamento che diventa patologico quando il cellulare è un mezzo per isolarsi ed evadere dalle relazioni personali più prossime. Una ricerca del 2020 dell'Università di Aarhus (Danimarca) ha evidenziato che questa abitudine è socialmente accettata benché ritenuta spiacevole e irrispettosa. Il phubbing denota una difficoltà a costruire e mantenere relazioni sociali.

Ringxiety e vibranxiety
È la percezione illusoria di aver sentito squillare o vibrare il telefono. Ha sia una causa fisiologica, data dall'eccessiva quantità di stimoli cui è sottoposto oggi il nostro organismo, che tende a confondere la capacità percettiva, sia una più psicologica, legata all'insicurezza emotiva e al timore di essere ignorati. Il messaggio ricevuto diventa una valida conferma del proprio valore nel mondo; il costante, ansioso, controllo del telefono è un tentativo di assicurarsi che nessuna richiesta di contatto sia trascurata.

Fomo
È un acronimo da termini inglesi (Fear of missing out) che si potrebbero tradurre in italiano con la “paura di essere esclusi”, di essere tagliati fuori dalle novità. Anche qui c'è il timore di essere trascurati, di valere meno degli altri. La ricerca ha evidenziato che la sindrome è più frequente nei maschi giovani e che è associata a un'insoddisfazione per la propria vita in generale. Questa ansia sociale porta a interagire con maggiore frequenza nei social network ed è spesso associata a ringanxiety e vibranxiety.

Sovraccarico di informazioni
L’eccesso di input rende difficile prendere una decisione o focalizzare l'attenzione su un singolo problema. I sentimenti di stress che l'accompagnano hanno un impatto negativo sul benessere e sulla produttività lavorativa. La dipendenza? Quando diventa difficile liberarsi dal flusso di comunicazioni, anche se il contenuto non rientra negli interessi più immediati.

Dipendenza cyber-relazionale
È il bisogno di stabilire relazioni in Rete a scapito di quelle reali. Ci si rifugia dall'ansia sociale affidandosi alle più facili gratificazioni digitali, ritrovandosi col tempo a provare vergogna nelle relazioni del mondo reale, che diventano progressivamente meno importanti. Si finisce nella trappola che gli psicologi chiamano de-individuazione. Quella che viene proposta agli altri è infatti una versione virtuale del proprio io, ritenuta più accattivante di quella reale, soprattutto per chi ha già difficoltà nelle interazioni con gli altri perché si sente goffo e insicuro. Grazie all'anonimato e alla mediazione fornita dello schermo l'utente si sente “protetto” o “nascosto” e quindi anche più libero di esprimersi, al sicuro dalle critiche e dal controllo delle norme sociali. Circostanza che tende peraltro a favorire la violazione delle norme sociali, con comportamenti ingiuriosi, violenza verbale, e il cosiddetto body shaming (derisione delle caratteristiche fisiche altrui).

Dipendenza dal cybersesso
È la dipendenza da attività sessuali virtuali, in termini di visione compulsiva di contenuti pornografici e di ricerca di gratificazione sessuale online. Anche in questo caso, a scapito dell'investimento in relazioni reali. I soggetti dipendenti dal sesso online arrivano a dedicarvi fino a 45 ore alla settimana. Tra le conseguenze della dipendenza dal cybersex ci sono solitudine e isolamento, senso di colpa e vergogna e, per chi ha una famiglia, anche la compromissione del rapporto di coppia e con i figli. L'estrema facilità di accesso al materiale pornografico in Rete pone inoltre il serio problema dell'esposizione precoce ai contenuti sessualmente espliciti: le conseguenze più gravi, in termini di autostima e percezione distorta dei rapporti affettivi, sono ancora una volta per i più giovani.

La copertina del libro Internet Addiction Disorder, scritto per FrancoAngeli dallo psicologo e psicoterapeuta Pietro Scurti, dirigente dell’Asl Napoli 2 Nord
La copertina del libro Internet Addiction Disorder, scritto per FrancoAngeli dallo psicologo e psicoterapeuta Pietro Scurti, dirigente dell’Asl Napoli 2 Nord

La copertina del libro Internet Addiction Disorder, scritto per FrancoAngeli dallo psicologo e psicoterapeuta Pietro Scurti, dirigente dell’Asl Napoli 2 Nord