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Ci vuole un fisico bestiale anche per fare il papa. Perché gli impegni a cui è chiamato Robert Francis Prevost, eletto 267esimo successore di Pietro con il nome di Leone XIV, sono numerosi e gravosi. Oltre a essere il Vescovo di Roma e il capo della Chiesa, cui afferiscono circa un miliardo e mezzo di cattolici nel mondo, è anche sovrano assoluto della Città del Vaticano, il più piccolo stato sovrano esistente ma uno dei più importanti a livello geopolitico e diplomatico.
C’è da dire che Leone XIV ha dalla sua la giovane età: ha 69 anni, sette anni meno del suo predecessore Francesco e nove anni meno di Benedetto XVI quando divennero pontefici. Tuttavia, Prevost è comunque più anziano di molte persone al momento del pensionamento e questo dà la misura di quanto il nuovo ruolo possa essere impattante per la sua salute. In negativo? Al contrario, secondo un puntuale articolo pubblicato sul New York Times a firma di Nina Agrawal e Mohana Ravindranath. Un lavoro così impegnativo può fare bene al cervello e al corpo.
I vantaggi di una vita attiva
«Il principale vantaggio di lavorare fino alla vecchiaia è di tipo cognitivo», spiega Mara Mather, professoressa di Gerontologia presso l’Università della California del Sud. «Il cervello rimane plastico, anche in età avanzata. Apprendere nuove competenze sul lavoro può preservare la capacità di pensare ed elaborare nuove informazioni, nonostante il naturale declino che accompagna l’invecchiamento».
Papa Leone potrebbe già essere a minore rischio di declino cognitivo legato all’età. Gli studi mostrano che le persone con un’istruzione universitaria o che parlano più lingue, come il papa, possono vivere più a lungo.
Ma c’è di più. Avere uno scopo nella vita riduce la probabilità di depressione e demenza in età avanzata, come ha spiegato Margaret Flanagan, neuropatologa presso l’University of Texas Health Science Center di San Antonio. Gli esperti sostengono che impegnarsi socialmente può ridurre il rischio di declino cognitivo.
Il rischio di stress
Fin qui gli aspetti positivi. Ma una missione a tempo pieno come quella del Pontefice comporta anche dei lati problematici per la salute, fisica e mentale.
«Sei sempre reperibile, sei sempre il papa», ha spiegato James Martin, sacerdote gesuita e consulente dell’ufficio comunicazione del Vaticano. Tanto più durante i viaggi apostolici: lo scorso autunno, papa Francesco, a 87 anni e su una sedia a rotelle, è volato in Papua Nuova Guinea per una visita di 11 giorni in quattro nazioni dell’Asia e del Pacifico. Non certo una vacanza, soprattutto per una persona non più giovane.
Il nemico principale per chi ricopre un ruolo così importante è lo stress cronico, che può anche aumentare il rischio di problemi metabolici e cardiovascolari, oltre a indebolire il sistema immunitario, come ha riferito al New York Times Roberto Vicinanza, professore associato di Gerontologia presso l’Università della California del Sud. Soprattutto se poi sopraggiungono altre difficoltà fisiche, a iniziare da quelle motorie. Del resto, gli acciacchi della vecchiaia sono pressoché una certezza, perché il papa è un re senza eredi. Anche Giovanni Paolo II, nell’ultimo tratto della sua vita, dovette scontare non pochi problemi fisici, legati all’avanzare del Parkinson. L’unico a non mostrare effetti degenerativi dell’età fu Benedetto XVI: quando si accorse che le forze stavano venendo meno, si dimise. Un gesto estremo e per molti versi controverso, ma che ha segnato una svolta nella storia della Chiesa.
Gli studi su salute e religione
E c’è un altro dato da non sottovalutare, sempre preso in esame dal New York Times. Alcuni studi condotti su anziani americani hanno mostrato che la partecipazione settimanale alle funzioni religiose è associata a tassi più bassi di depressione e di morte prematura, come ha spiegato Warren Kinghorn, psichiatra ed esperto di etica teologica presso la Duke University. Questo è in parte dovuto al fatto che la pratica religiosa tende a essere associata ad altri comportamenti salutari, come non fumare o bere eccessivamente, con buona pace di Robert Harris e Edward Berger, che nel romanzo e nel film Conclave hanno rappresentato comportamenti tutt’altro che salutari tra gli appartenenti al collegio cardinalizio.
In particolare, dall’indagine The Nun Study, che ha seguito 678 suore cattoliche per diversi decenni per studiare l’invecchiamento e la demenza, è emerso che coloro che sono rimaste attive a livello intellettuale, sociale e spirituale fino agli 80 e ai 90 anni hanno spesso mantenuto migliori funzioni cognitive e fisiche rispetto a coloro che non lo hanno fatto. Del resto, la storia dei papi lo conferma. Papa Francesco è morto a 88 anni, Benedetto XVI a 95 e Leone XIII, da cui Prevost ha preso il nome, a 93.
La dieta e l’esercizio
Il papa ha bisogno di fare esercizio fisico, seguire una dieta sana e dormire a sufficienza per mantenersi in salute, come tutte le altre persone.
A quanto pare, finora Prevost gode di buona salute, ha una passione per il tennis (e il Vaticano ha un campo da tennis) e si allenava regolarmente in palestra con un personal trainer, facendo esercizi aerobici e di forza, per mantenere tonica la muscolatura. «Ho molti pazienti che danno un contributo importante alla società ben oltre i 70, gli 80 e persino i 90 anni», dice Sean Morrison, direttore del dipartimento di Geriatria presso la Icahn School of Medicine del Mount Sinai, a New York. «È molto più importante concentrarsi sulle capacità fisiologiche e cognitive piuttosto che sull’età cronologica».


Tra le prime visite ricevute da Leone XIV, quella del campione di tennis Jannik Sinner, che gli ha donato una racchetta e gli ha proposto di fare qualche scambio (@Vatican Media)