Non è sempre paura di ingrassare. A volte nel distacco dal cibo entra in gioco un meccanismo complesso che cancella lo stimolo della fame. Quella che viene chiamata inappetenza alimentare nei casi gravi ha un nome scientifico, espresso dall’acronimo Arfid, sigla inglese che sta per Avoidant restrictive food intake disorder, ovvero disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo. Si tratta di uno dei disturbi del comportamento alimentare, insieme ad anoressia e bulimia, ben più note.
Di inappetenza aveva parlato Ema Stokholma, deejay e conduttrice radiofonica. «Ne soffro da quando sono bambina», aveva detto in una story su Instagram nel 2022. «Inappetenza significa che posso tranquillamente scordarmi di mangiare per più di 24 ore senza sentire i sintomi della fame, soprattutto se lavoro molto o sono in viaggio. Col passare del tempo ho cercato informazioni per capire come cambiare questa caratteristica che per me sta diventando sempre più un problema. Premetto che vado anche in analisi da diversi anni. Intanto sono sottopeso da sempre e questo non mi sta più bene, voglio prendermi cura del mio corpo e dosare bene le energie che non mangiando non riesco a gestire… Per mangiare correttamente mi devo sforzare di pensarci, mettere la sveglia apposta e ritagliarmi il tempo perché il cibo è davvero la cosa che più rimando nella vita dando spazio ad altre attività».

Questa è una dichiarazione di qualche anno fa, naturalmente non è possibile attribuire in base a frasi dette sui social una diagnosi clinica. È importante, tra l’altro, sottolineare che Stokholma si sta costruendo una carriera radiosa. Ne è la prova che a ottobre abbia presentato il Festival del cinema di Roma.
Quando è definita come tale dagli specialisti, l’inappetenza è un disturbo dell’alimentazione. «Se ne sa ancora poco», spiega Giovanna Riboldi, psichiatra dell’unità operativa di Riabilitazione psichiatrica degli Istituti clinici Zucchi di Carate Brianza (del gruppo ospedaliero San Donato). «Solo nel 2013 è stato inserito nell’ultima versione del Manuale diagnostico e statistico delle malattie mentali (Dsm-5), in cui è definito come disturbo psichiatrico legato al cibo. A differenza dell’anoressia e della bulimia, nei casi di inappetenza alimentare siamo di fronte a persone che non hanno preoccupazioni per il peso né un rapporto conflittuale con la forma del proprio corpo, ma fanno fatica ad alimentarsi, a causa di uno scarsissimo appetito, a volte addirittura di un totale disinteresse per il cibo».

Gli studi sulle cause
Le cause del disturbo non sono ancora del tutto note. La predisposizione genetica gioca però un ruolo rilevante, ed è l’aspetto su cui finora si sono concentrati gli studi. I più autorevoli in materia sono quelli svolti dai ricercatori del Karolinska Institutet di Stoccolma, in Svezia, guidati da Lisa Dinkler. La scienziata nel 2023 ha pubblicato su Jama psychiatry uno studio svolto sui fratelli gemelli, in cui si evidenzia che «la prevalenza della patologia va dall’1 al 5% della popolazione ed è diffusa almeno quanto l’autismo e il disturbo di deficit/iperattività (Adhd)». Dalla ricerca svedese – che ha analizzato i gemelli nati nel Paese tra il 1992 e il 2010 – emerge il 79% di rischio dovuto a fattori genetici trasmessi, percentuale più alta rispetto a quella relativa ad anoressia (48-74%), bulimia (55-61%) e bing eating (le cosiddette abbuffate, 39-57%).
«Oltre all’ereditarietà ci sono condizioni che possono concorrere alla comparsa dei sintomi», dice Riboldi, «come un episodio traumatico, in età infantile o durante l’adolescenza, situazioni di stress, ansia o forme depressive».

I tre sintomi principali
Il Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo ha tre possibili manifestazioni.
1. La prima è il disinteresse verso il cibo e la mancanza di appetito, che porta la persona che ne soffre a evitare di sedersi a tavola.
2. «La seconda è l’esclusione di alcuni piatti o di alcuni cibi, in base all’aspetto, al colore, alla consistenza o anche all’odore o al sapore», prosegue la psichiatra. «Di solito con il tempo la lista dei cibi banditi diventa talmente lunga che in pratica non si mangia più nulla». L’esclusione può riguardare anche i liquidi, perfino l’acqua, o le bevande calde o gassate.
3. Il terzo sintomo è la paura: «è la costante preoccupazione di effetti negativi che potrebbero scatenarsi mangiando», precisa la specialista, «come per esempio il timore di vomitare, di non riuscire a digerire, di venire soffocati da un boccone o di avere una qualche reazione allergica dopo il pasto».

I rischi per la salute
Le conseguenze dell’inappetenza alimentare sulla salute sono molto serie, specialmente se si considera che il disturbo compare più spesso nei bambini e in adolescenza. «Per questo è importante cogliere i segnali d’allarme e approfondire le possibili conseguenze del disturbo», sottolinea la psichiatra. Ecco le principali:
• mancanza di alcuni nutrienti o squilibri elettrolitici;
• notevole perdita di peso;
• problemi di crescita nei bambini (mancato raggiungimento del peso forma o dell’altezza giusta rispetto all’età);
• difficoltà a partecipare alle attività sociali quotidiane e a interagire con gli altri;
• difficoltà di concentrazione;
• ansia e stress.

Quali soluzioni?
Per curare il disturbo un solo specialista di solito non basta. «L’approccio terapeutico deve essere integrato», precisa Riboldi, «prevedendo l’intervento sia di uno psicoterapeuta sia di un nutrizionista. Nel primo caso, il metodo cognitivo-comportamentale è considerato il più efficace. Quanto al programma alimentare, sarà lo specialista a studiare un protocollo ad hoc che riavvicini gradualmente il paziente al cibo, con una adeguata integrazione, nel caso manchino nutrienti essenziali».
Un percorso lungo, non sempre facile, in cui il ruolo della famiglia è importante, non solo se si tratta di bambini o ragazzi, ma anche se la malattia si manifesta in età adulta.
«Chi ci sta intorno è coinvolto nella gestione del disturbo», aggiunge la psichiatra, «specie se i conflitti familiari sono parte in causa del problema. Inoltre, sono i genitori a occuparsi dell’educazione alimentare dei figli ed è fondamentale che non ricorrano alla costrizione pur di farli mangiare. Per questo la collaborazione con gli specialisti è la guida indispensabile per andare nella giusta direzione».