Gli indigeni del Nord America utilizzavano una pianta che consideravano una panacea: vi ricorrevano per le infezioni, per curare il raffreddore, cicatrizzare le ferite, perfino come antidoto per i morsi di serpente. È l’echinacea, una specie originaria proprio del Nuovo continente.
Oggi è tra le più indagate in fitoterapia, la branca scientifica che studia gli effetti terapeutici delle piante, e i ricercatori danno in parte ragione ai nativi americani. Studi preclinici (in vitro e su animali) indicano che estratti di echinacea possono stimolare elementi del sistema immunitario: aumentano l’attività dei macrofagi, cioè le cellule che inglobano e distruggono batteri e virus e migliorano la funzione degli anticorpi natural killer, che servono a riconoscere ed eliminare le cellule infette. Proprio basandosi su questa idea, i prodotti a base di echinacea vengono promossi principalmente come integratori alimentari per il raffreddore e altre infezioni delle vie respiratorie.

Salute e medicina

Davvero il miele è in grado di calmare la tosse?

Davvero il miele è in grado di calmare la tosse?
Davvero il miele è in grado di calmare la tosse?

Ma quanto ne sappiamo? «Sono stati condotti molti studi su persone che prendevano echinacea come prevenzione e cura del raffreddore comune e di altre infezioni delle vie respiratorie», si legge sul sito del National Center for Complementary and Integrative Health, ente pubblico che fa parte dei National Institutes of Health, il più importante organismo di ricerca biomedica degli Stati Uniti. «Si è notato che l’assunzione può diminuire leggermente il rischio di contrarre il raffreddore, mentre non è ancora chiaro se possa ridurne la durata». Una delle revisioni recenti, pubblicata nel 2024 su Antibiotics, ha analizzato 30 studi clinici su oltre cinquemila persone e suggerisce che l’echinacea purpurea possa abbassare la frequenza delle infezioni respiratorie e l’uso di antibiotici. Gli esperti, però, invitano alla cautela: la qualità degli studi è variabile e servono conferme più robuste. Le prove migliori riguardano l’uso preventivo, più che la cura del malanno già in corso.

Come assumere gli estratti
«Quello che hanno chiarito le revisioni sistematiche recenti è che i principi attivi responsabili degli effetti antivirali e immunomodulanti sono presenti, variamente distribuiti, in tutte le parti della pianta e in entrambe le specie più comuni (echinacea purpurea ed echinacea angustifolia)», spiega Fabio Firenzuoli, già direttore del Centro di riferimento per la fitoterapia dell’ospedale Careggi di Firenze. «Non si tratta di un elisir miracoloso, ma di un possibile alleato del sistema immunitario, soprattutto nei mesi freddi».
In commercio l’echinacea si trova in molte formulazioni. «Le più affidabili sono quelle a base di estratti secchi, disponibili negli integratori, in compresse o sciroppi, con un costo medio tra i 15 e i 30 euro», continua l’esperto. «Per ottimizzare l’assorbimento del principio attivo, è meglio assumerli a stomaco vuoto. Le dosi cambiano a seconda dell’età: da 200 a 400 mg al giorno per i bambini e da 500 mg fino a 2 grammi per gli adulti, suddivisi in due somministrazioni. Per essere davvero efficace, il trattamento dovrebbe durare almeno tre mesi».

In alcune circostanze, il medico può indicare di assumere l’echinacea come un vero e proprio farmaco, non come semplice integratore. «In questi casi si può prescrivere una preparazione galenica personalizzata, da far allestire in farmacia», aggiunge Firenzuoli. «Va però assunta sotto controllo medico, perché la pianta può interagire con alcuni farmaci e aumentarne la tossicità. È inoltre controindicata in presenza di patologie autoimmuni».

Lo stile di vita fa la differenza
Alla voce “prevenzione”, per cautelarsi dal virus influenzale, la prima voce resta quella del vaccino. In generale per mantenere in buona forma il sistema immunitario serve ciò che non si compra in farmacia: le abitudini quotidiane.
«Il modo in cui viviamo influisce direttamente sul funzionamento del nostro sistema di difese», spiega Fabrizio Pregliasco, professore associato di Igiene generale e applicata all’Università degli Studi di Milano e direttore sanitario dell’ospedale Galeazzi Sant’Ambrogio di Milano. «Uno stile di vita sano significa niente fumo né eccessi di alcol, un’alimentazione equilibrata, idratazione sufficiente e movimento regolare. Basta mezz’ora al giorno di camminata a passo sostenuto o di bicicletta».
Il riposo è un alleato prezioso: dormire bene permette al corpo di ripararsi e reagire meglio alle infezioni. E non va trascurato lo stress, nemico delle difese. «Quando è cronico, il cortisolo sale e la produzione di anticorpi si abbassa, rendendoci più vulnerabili», dice Pregliasco. Tecniche di rilassamento come la meditazione, esercizi di respirazione o trascorrere tempo nella natura aiutano a ristabilire l’equilibrio.

Le alternative del mondo vegetale
Accanto all’echinacea, altre piante sono note per le loro proprietà immunostimolanti e sono riconosciute dal ministero della Salute come fitoterapici capaci di sostenere le difese naturali dell’organismo. Tra queste spiccano l’astragalo e l’uncaria tomentosa.
Astragalo. L’Astragalus membranaceus, radice usata da millenni nella medicina tradizionale cinese, è considerato un adattogeno, perché aiuta l’organismo a reagire meglio agli stress fisici ed emotivi, e un immunomodulante, capace di stimolare le difese in modo bilanciato. «Per un effetto significativo è consigliato l’estratto secco in compresse, con dosaggi compresi tra 1 e 3 grammi al giorno», spiega Firenzuoli. «Il trattamento va proseguito per periodi lunghi, da tre a cinque mesi, sempre previo confronto con il medico».
Uncaria tomentosa. Liana rampicante originaria della foresta amazzonica, contiene alcaloidi che stimolano e “addestrano” alcune cellule chiave del sistema immunitario, rendendole più pronte a riconoscere virus e batteri. «Su questa pianta gli studi non sono numerosi, ma il suo impiego è consolidato dalla tradizione e da decenni di esperienza clinica», puntualizza Firenzuoli. «Anche in questo caso l’assunzione è ciclica e può essere prolungata, da tre a cinque mesi, con dosaggi medi che vanno da 100 a 500 milligrammi al giorno».