Tutti i medici, dai pediatri ai geriatri, dovrebbero prescrivere la vitamina N. A dosaggi importanti. Non è un nutriente, non è una molecola. La vitamina N non si assume a tavola ma all’aperto: N sta per natura. Il primo a scriverne è stato il giornalista americano Richard Louv in un libro divenuto best seller, raccomandando ai genitori di somministrarla ai figli.
Ormai si parla di disordine da deficit di natura nei bambini, quando restano per giorni intrappolati nelle case in città e per ore chini sui loro smartphone. In base agli studi, stare poco in mezzo al verde e troppo circondati dal cemento contribuisce ad accrescere tensione e fatica mentale, a tutte le età, nei piccoli e negli adulti.

Le prove: si riduce l’ansia

I risultati delle ricerche non lasciano spazio a dubbi e tutti noi dovremmo tenerli presenti: quando aumentano lo stress, la tristezza e la sensazione di non farcela, la cura è green. Una ricerca tra le tante, del 2022 (realizzata dal National center for Biotechnology Information), mostra come coloro che praticano giardinaggio hanno livelli più bassi di ansia. Ciascuno di noi può farlo, se ha disposizione una campagna ma anche sul balcone di casa. In generale, trascorrere del tempo in luoghi verdeggianti dà benefici sia in città, nei parchi, nei giardini comunali e nei viali alberati, sia fuori dai centri urbani, dai boschi ai prati.

Le pause benefiche

Nel suo ultimo libro, La vita non è una corsa (edito dalla Nave di Teseo), la giornalista e direttrice di BenEssere Eliana Liotta descrive quattro tipi di pause fondamentali, in un percorso per cercare di guadagnare salute e giovinezza disegnato insieme agli specialisti dell’Università e dell’ospedale San Raffaele di Milano. Le soste nella natura sono imperdibili. «Il cervello ha fame di panorami e forse aveva ragione l’antropologo Gregory Bateson quando teorizzava che ci fosse un’ecologia della mente, che la vista delle distese d’acqua e delle piante risvegliasse uno stato emotivo primordiale, un senso di agio nell’ambiente che ha accompagnato l’evoluzione umana», scrive Liotta. «Sono centinaia gli studi che provano i benefici delle ore trascorse all’aria aperta. Le persone che vivono in aree alberate appaiono più sane, è l’ipotesi verificata dall’Università di Wageningen analizzando i dati di 10.000 olandesi. Sembra siano anche più soddisfatte, secondo un altro studio, stavolta coreano».
Perché? «Il biologo Edward Osborne Wilson ha parlato di “biofilia”», si legge nel saggio La vita non è una corsa. «Il legame con la natura sarebbe inscritto in una sorta di memoria ancestrale, perciò desideriamo guardare il mare e i boschi, anche se viviamo nelle città, in contesti che nulla hanno a che spartire con i paesaggi dei nostri antenati».

Lo shinrin-yoku nipponico

In Giappone ci sono molti studi sul cosiddetto “bagno nella foresta”, shinrin-yoku. Milioni di persone vanno a fare un tuffo nel verde con la speranza di alleviare lo stress e regalarsi buonumore: non è una forma di attività fisica o un’escursione avventurosa, è solo il contatto con la vegetazione. Lo stato di rilassamento che ne consegue sarebbe ineguagliabile.
«Una ricerca del 2010 ha fornito dati misurabili», scrive Liotta nel suo libro con il contributo degli specialisti del San Raffaele. «Nei volontari, analizzati dopo un paio d’ore di shinrin-yoku, le concentrazioni di cortisolo (l’ormone dello stress) nella saliva erano inferiori, i battiti cardiaci più regolari e la pressione arteriosa più bassa. L’immunologo Qing Li ha scoperto che si potenziano anche le difese: a stare tra i rami e le foglie, si alzano i livelli di alcuni linfociti attivi contro i virus».

L’oasi in Emilia-Romagna

Il grande neurologo e scrittore britannico Oliver Sacks annotò di aver trovato solo due tipi di terapia non farmacologica per i pazienti con malattie neurologiche croniche: la musica e i giardini (come si legge in una raccolta di saggi postuma, Everything in its place: first loves and last tales).
«Gli effetti benefici che la presenza di piante ha sulla mente umana sono noti ormai da decenni», spiega il neurobiologo vegetale Stefano Mancuso, docente all’Università di Firenze, nel suo libro Plant revolution (Giunti). «Persone affette da disturbi psichici trovano giovamento dal loro rapporto con le piante negli innumerevoli centri di ortoterapia diffusi in tutto il mondo. Ragazzi in età scolare affetti da disturbo da deficit di attenzione hanno mostrato performance di studio di gran lunga migliori alla presenza di piante».
A Imola è nato di recente il Giardino riabilitativo dell’Istituto Montecatone, il polo principale dell’Emilia-Romagna per la riabilitazione intensiva delle persone con lesioni midollari. All’interno di un parco storico di 40mila metri quadri, che versava in stato di abbandono, è stata creata un’area con dossi e rampe dove le persone possono mettere in pratica le abilità acquisite durante il ricovero. «Questo luogo all’aria aperta consente di misurarsi con le difficoltà che i nostri pazienti troveranno tutti i giorni nei loro spostamenti», spiega la terapista del Montecatone Roberta Vannini. «Inoltre, è indubbio che l’attività nel verde comporti anche notevoli benefici dal punto di vista psicologico e dell’umore».

A Roma il Giardino Alzheimer

A Roma, invece, all’ospedale nuovo Regina Margherita, sorge il Giardino Alzheimer. «Si tratta di un orto in cui si possono svolgere attività di riabilitazione e di assistenza», spiega Luca Cipriani, responsabile del reparto di Geriatria. «Nasce per pazienti con forme di demenza, ma può anche essere utilizzato per esercizi motori-cognitivi attraverso stimolazioni con fiori e piante. Grazie alla struttura dell’ospedale, ricavato da un antico convento benedettino, abbiamo potuto sfruttare gli spazi del quadriportico come fossero palestra all’aperto, dove abbiamo organizzato attività di riabilitazione e terapia occupazionale con un semenzaio».
Un’analisi dell’americana Joanne Westphal, dell’Università del Michigan, ha valutato che i pazienti affetti da Alzheimer che trascorrevano tempo in giardino avevano, rispetto agli altri, parametri migliori relativi a comportamento, uso dei farmaci, frequenza cardiaca, pressione sanguigna e variazione di peso. Molte attività vengono svolte in gruppo e la socializzazione è di supporto per le demenze tanto quanto immergersi nel verde.

Toccasana per i malati

L’ortoterapia nasce in Inghilterra, intorno al 1600. Quando i malati più poveri non potevano pagarsi le cure ospedaliere, veniva loro chiesto di impegnarsi nei lavori degli spazi verdi dei nosocomi, realizzando così una sorta di baratto. Ebbene, i medici si stupirono del fatto che proprio quei pazienti guarivano prima e meglio degli altri che trascorrevano la degenza in reparto. Questa constatazione si rafforzò nel Dopoguerra: gli ex soldati che facevano attività di giardinaggio superavano più in fretta i traumi del conflitto. Da tali evidenze sono partiti gli studi sui giardini terapeutici, dove la natura è un toccasana per molte patologie.

Un mondo, una salute

Nei luoghi di San Francesco, il primo ambientalista

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