Immaginate di essere su una giostra che gira o di trovarvi su una barca e avere il mal di mare. Così si sente chi soffre di vertigini (dal latino vertere, girare, ruotare), uno tra i motivi più comuni per cui le persone si rivolgono al medico. L’esperienza è documentata da migliaia di anni, eppure la sensazione, come il dolore, non è qualcosa che si può vedere direttamente in una radiografia o in una risonanza magnetica. Deve essere descritta dalla persona che le prova e non è raro che non venga compreso quanto profondamente può destabilizzare.

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Equilibrio: 6 esercizi facili per migliorarlo

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Quando le persone avvertono per la prima volta la percezione prolungata che il corpo o l’ambiente circostante stiano ruotando, si preoccupano e consultano subito il medico di base o vanno al pronto soccorso. La maggior parte di loro si sente dire che le vertigini sono un sintomo che dovrebbe risolversi presto. Vero, di solito è così.
I medici suddividono le vertigini in categorie, avendo ben chiaro in mente che si tratta di un sintomo, non di una malattia in sé. Le cause più comuni sono la labirintite, un’infezione provocata da un virus, e i sassolini nell’orecchio interno, che in termini scientifici si definiscono vertigine parossistica posizionale benigna. Di solito durano solo poche settimane o mesi ma vanno curate.
«Il nostro corpo, che si estende in verticale e possiede una base d’appoggio ristretta, è molto instabile», spiega Sergio Albanese, direttore dell’unità di Otorinolaringoiatria dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona). «Proprio per consentire la postura eretta, nel corso dell’evoluzione si è gradualmente sviluppato un sistema di governo dell’equilibrio, formato da una rete di sensori periferici e da una centrale di elaborazione dei dati nel cervello».
I sensori più importanti sono i labirinti, strutture localizzate nella parte interna dell’orecchio che lavorano in sinergia con altri rilevatori presenti negli occhi e nella colonna vertebrale, per monitorare continuamente la posizione corporea nello spazio. Se però ci sono dei problemi di funzionamento, ecco che possono comparire le vertigini periferiche, di competenza dell’otorino perché riguardano i sensori, o le vertigini centrali, di pertinenza del neurologo perché hanno a che fare con il cervello.

I consigli pratici
Oltre ai trattamenti veri e propri prescritti dal medico, ci sono alcuni consigli da mettere in pratica.
L’Istituto superiore di sanità suggerisce di:
• dormire con la testa leggermente sollevata, su due o più cuscini;
• sedersi immediatamente quando si hanno le vertigini;
• evitare di chinarsi per raccogliere oggetti;
• non protendere il collo, per esempio per raggiungere uno scaffale alto;
• muovere il capo lentamente e con attenzione durante le attività quotidiane.
«Durante la fase acuta del disturbo è bene restare immobili con gli occhi chiusi, bere a piccoli sorsi, mangiare poco prediligendo alimenti non grassi e poco conditi», raccomanda Albanese. «Appena i sintomi migliorano è indispensabile alzarsi dal letto, avendo l’accortezza di sedersi sul bordo per circa un minuto prima di mettersi in piedi, e muoversi il più possibile per stimolare i sistemi dell’equilibrio che si stanno “ritarando”. Ci si può mettere alla guida di moto, scooter, biciclette solo dopo avere ottenuto il via libera da parte dello specialista, mentre è possibile guidare l’auto, purché a bassa velocità, non di notte e non in autostrada».

I test per la diagnosi
Il medico prescrive alcuni accertamenti per capire con precisione il meccanismo alla base del disturbo. «Il principale strumento diagnostico è la videooculonistagmografia (Vng), un test computerizzato che consente di rilevare la presenza dei movimenti ritmici e involontari degli occhi tipici delle vertigini (nistagmo)», spiega Albanese. «A questo esame se ne possono aggiungere altri, come la stabilometria, un test che valuta e misura l’equilibrio attraverso una pedana computerizzata». Una volta accertata la patologia sottesa al problema si può intraprendere una cura.

Le vertigini periferiche
«Le vertigini periferiche, il tipo più comune, sono improvvise, violente, associate a una sensazione di rotazione con nausea, vomito, difficoltà a mantenere la posizione eretta», spiega lo specialista. Tra queste, si annoverano la labirintite, la malattia di Ménière e la vertigine parossistica posizionale benigna (otolitopatia).

Labirintite
Nota anche come neuronite vestibolare, è un’infezione del labirinto causata da un virus, perlopiù l’herpes zoster, provoca vertigini intense.
La terapia consiste in:
• farmaci antivirali, come aciclovir o valaciclovir;
• farmaci antiemetici, per esempio metoclopramide o ondansetron, per tenere sotto controllo i disturbi gastrointestinali;
• corticosteroidi, tra cui prednisone o desametasone, per ridurre l’infiammazione.
«Nei giorni successivi all’esordio, il cervello attiva alcuni meccanismi compensativi (compensazione centrale) volti a neutralizzare il problema», continua Albanese. «Per questo, nel giro di breve tempo i sintomi gradualmente migliorano. Nel lungo periodo, il labirinto può guarire del tutto oppure può restare danneggiato. In quest’ultimo caso, il paziente, pur asintomatico, avrà un equilibrio fittizio e dovrà pertanto prestare attenzione nel compiere alcuni movimenti a rischio, come salire su una scala a pioli, andare in bicicletta, sciare, pattinare».
In alcuni casi, come suggerisce l’Istituto superiore di sanità, «per accelerare e stabilizzare il recupero, può essere utile un percorso di riabilitazione vestibolare guidato da un fisioterapista specializzato in neurofisiologia e patologie dell’equilibrio». Tra i protocolli più utilizzati per la labirintite ci sono gli esercizi di Cawthorne-Cooksey, sviluppati negli anni Quaranta per aiutare i pazienti a recuperare l'equilibrio e ridurre le vertigini attraverso movimenti controllati della testa, degli occhi e del corpo. L’efficacia dell’approccio è stata documentata da varie analisi, tra cui una revisione pubblicata sul Journal of Bodywork and Movement Therapies nel 2024, che ha preso in considerazione dieci studi, coinvolgendo 610 partecipanti.

Malattia di Ménière
Un’altra possibile causa di vertigini è la malattia di Ménière, nella quale aumenta, per motivi non noti, la pressione del liquido presente nell’orecchio interno (endolinfa), provocando una grave anomalia che interferisce negativamente anche con la capacità uditiva. Gli attacchi, che possono ripetersi più volte nel corso di un anno, durano in media dalle 24 alle 72 ore. Nei casi più gravi può essere necessario il ricovero ospedaliero.

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Come chiarisce Albanese, la terapia, mirata a ridurre l’intensità delle crisi, a diminuire la pressione dei liquidi nell’orecchio e a proteggere l’udito, include:
• farmaci antiemetici, per controllare nausea e vomito;
• corticosteroidi, per diminuire il gonfiore e l’infiammazione dell’orecchio;
• mannitolo, un diuretico che richiama liquidi dai tessuti, aiutando così ad abbassare la pressione dell’endolinfa, che risulta spesso eccessiva. A questo farmaco è bene associare, come indicano le linee guida pubblicate dalla American Academy of Otolaryngology–Head and Neck Surgery nel 2020, un’alimentazione a ridotto contenuto di sodio (1.500-2.300 milligrammi al giorno), dato che il sale favorisce la ritenzione di liquidi nell’organismo, compreso l’orecchio interno.
È attualmente in sperimentazione ebselen, un composto antinfiammatorio focalizzato sulla diminuzione dello stress ossidativo, processo che può danneggiare le cellule dell’orecchio interno. Secondo un recentissimo studio statunitense (pubblicato nel 2025 su Pharmacy Times e condotto dai ricercatori della University of South Florida e della Ohio State University su 221 pazienti), la terapia ha migliorato l’udito e ridotto la sensazione di pressione auricolare negli assistiti.
Alcune ricerche indicano, inoltre, che la riabilitazione vestibolare, nel caso della malattia di Ménière, può aiutare a migliorare la stabilità. Tra queste, una revisione pubblicata nel 2023 (su European Archives of Oto-Rhino-Laryngology e condotta da un team di esperti iraniani) che ha analizzato tre studi, coinvolgendo un totale di 465 pazienti. Risultati confermati da un altro studio, pubblicato nel 2025 (su British Medical Journal Open e portato a termine da ricercatori cinesi).

Otolitopatia
In questa patologia, chiamata anche vertigine parossistica posizionale benigna, alcuni frammenti di cristalli di carbonato di calcio, una sorta di piccoli sassolini chiamati otoliti, presenti nell’orecchio, si spostano dalla loro sede abituale urtando le terminazioni nervose. Ne consegue una vertigine di breve durata (due-quattro minuti), che si manifesta solo durante i cambi di posizione (per esempio, passando da sdraiati a seduti o ruotando il capo).
«Di solito il disturbo guarisce spontaneamente nel giro di qualche settimana o mese, perché i frammenti assumeranno prima o poi una posizione innocua, che non interferisce più con il decorso del nervo», rassicura l’esperto. «Lo specialista è in grado di accelerare questo processo ricorrendo a una manovra liberatoria, una sequenza di specifici movimenti svolti su un lettino, che permette di riposizionare i cristalli nella sede corretta. Durante questa pratica, il medico guida il paziente attraverso rotazioni rapide e controllate del capo, in posizione supina e seduta».
Come specifica l’Istituto superiore di sanità, la manovra più utilizzata perché semplice, ben tollerata e molto efficace è quella di Epley, che prende il nome dall’otorinolaringoiatra americano John Epley che per primo la descrisse negli anni Ottanta. Qualora questa procedura non risolvesse del tutto i sintomi, si può ricorrere alla manovra di Semont, ideata dal medico ceco Pierre Semont, che prevede movimenti più rapidi e decisi, con lo scopo di mobilizzare gli otoliti in modo più energico. «Quando questi ultimi vengono sbloccati l’assistito avverte un’ultima vertigine, in seguito alla quale i sintomi si possono considerare risolti», aggiunge Albanese.
In genere, la manovra è sufficiente a eliminare il disturbo. Tuttavia, in alcuni pazienti non può essere eseguita, per esempio a causa di limitazioni articolari o di problemi neurologici severi. In tali casi, possono giovare gli esercizi di Brandt-Daroff, una serie di movimenti ripetuti, nei quali l’assistito viene invitato dall’esperto a sedersi e sdraiarsi rapidamente da un lato e poi dall’altro, con pause in ciascuna posizione. L’efficacia di questi esercizi, che una volta appresi possono essere eseguiti a casa in autonomia, è stata corroborata anche da una ricerca pubblicata nel 2020 su Frontiers in Neurology e condotta da studiosi del Pusan National University Hospital in Corea del Sud su 62 pazienti.

Le vertigini centrali
Le vertigini centrali sono determinate da problemi in una parte del cervello, per esempio il cervelletto (situato posteriormente e sotto all’encefalo) o il tronco cerebrale (tra encefalo e midollo spinale), e generano una sensazione di instabilità e di sbandamento. Come spiega l’Istituto superiore di sanità, le cause includono:
emicrania, un forte mal di testa che di solito colpisce un solo lato del capo e che è più frequente nelle donne e nei giovani;
• sclerosi multipla, che colpisce il sistema nervoso centrale (il cervello e il midollo spinale) provocando delle lesioni, le cosiddette placche;
• neurinoma acustico, raro tumore cerebrale benigno che colpisce il nervo acustico, responsabile dell’udito e dell’equilibrio;
• tumore o metastasi cerebrale;
• attacco ischemico transitorio (Tia) o ictus, che provoca l’interruzione di una parte del flusso di sangue al cervello.

Pseudo-vertigini
Sono sensazioni di disequilibrio, testa vuota o instabilità che non implicano la rotazione dell'ambiente circostante. Possono essere provocate da vari fattori:
• disturbi psichiatrici, come ansia o attacchi di panico;
• problemi cardiovascolari, come aritmie cardiache, ipertensione grave, pressione bassa (ipotensione ortostatica);
• un brusco calo di zuccheri nel sangue (ipoglicemia acuta);
• uso di alcuni farmaci, per esempio i sedativi, che possono provocare capogiri come effetto collaterale.

Vertigine cervicogenica
È caratterizzata dalla presenza di squilibrio, disorientamento, dolore al collo e correlata a cambiamenti nella posizione della colonna o dell'articolazione cervicali. Può insorgere in caso di colpo di frusta, trauma cranico, artrite del collo, ernia del disco, infiammazione localizzata. Di solito si risolve con massoterapia o fisioterapia, mirate a trattare i muscoli del collo e delle spalle. In alcuni casi, è utile associare la terapia vestibolare, una serie di esercizi personalizzati che coinvolgono collo, occhi, equilibrio, camminata.