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Con l’arrivo della primavera sempre più persone tirano fuori il fazzoletto. Un italiano su tre soffre di rino-congiuntivite allergica o di asma allergica o di entrambe, secondo i dati dell’Associazione allergologi immunologi italiani territoriali e ospedalieri (Aaiito). La stagionalità e la ricorrenza nel corso dell’anno dipendono dai cicli delle piante che producono e immettono nell’ambiente i diversi tipi di polline.
Ancora troppo poche persone sanno che esiste un modo per mettersi al riparo da rinite e occhi che lacrimano. La soluzione più efficace è l’immunoterapia allergene specifica, chiamata volgarmente vaccino per le allergie. È un trattamento desensibilizzante che allena il sistema immunitario alla presenza dell’allergene, che sia polline, acari della polvere o muffe, facendo a meno (quasi del tutto) dei farmaci.
«Dev’essere usata tutte le volte che l’indicazione clinica lo permette», scrivono gli allergologi e gli immunologi dell’associazione Aaiito. «Purtroppo, la diffusione delle allergie respiratorie è in aumento ma la prescrizione di immunoterapia non lo è. False paure e semplificazioni non devono limitare medici e pazienti all’accesso a questa risorsa importantissima. L’immunoterapia è veramente la terapia più importante che agisce sul meccanismo dell’allergia e ha profili di sicurezza oltre il 90%».
Due metodi
Il vaccino si può fare attraverso iniezioni sottopelle o attraverso gocce o compresse solubili in modalità sublinguale. Le somministrazioni iniettive periodiche deve farle il medico in un centro ospedaliero specializzato, mentre la terapia sublinguale, a parità di efficacia, si fa a casa propria. Nel primo caso, infatti, il paziente deve stare sotto osservazione per una ventina di minuti dopo l’iniezione, cosa che non serve con l’assunzione orale.
I vaccini sublinguali sono simili a dei farmaci con una specifica posologia e modalità di somministrazione.
La predisposizione ereditaria
Ma facciamo un passo indietro. «Il meccanismo dell’allergia ha una base genetica», spiega Francesca Puggioni, pneumologa, caposezione clinico dell’Immuno Center dell’ospedale universitario Humanitas di Milano. «Alcune persone ereditano una predisposizione a sviluppare anticorpi verso sostanze innocue, come le graminacee, gli acari della polvere o una mela. Una parte delle cellule del nostro sistema immunitario (chiamate linfociti T helper 2) produce anticorpi, le immunoglobuline E, verso sostanze innocue come appunto gli allergeni».
Quando le immunoglobuline E si legano all’allergene producono dei mediatori (istamina, prostaglandine, leucotrieni, eccetera) che, attraverso la cascata infiammatoria, causano i sintomi tipici: starnuti, naso chiuso, occhi che lacrimano, difficoltà respiratorie. E sono proprio questi gli effetti che si cerca di arginare con i farmaci. I farmaci, tra cui gli antistaminici, intervengono però solo sui sintomi, senza andare alla radice del problema. Cosa che invece avviene con l’immunoterapia. «In pratica, somministriamo dosi crescenti dell’allergene che induce la tolleranza da parte del sistema immunitario, fino a non produrre più immunoglobuline E», spiega Puggioni.
La cura di almeno tre anni
L’immunoterapia allergene specifica è l’unica terapia causale, cioè che agisce a monte, riconosciuta dall’Organizzazione mondiale della sanità, in grado di arrestare la produzione di immunoglobuline. «Svia il sistema immunitario dalla guerra contro gli allergeni verso la guerra contro virus e batteri», chiarisce la pneumologa. «Dirottiamo la linea cellulare dei linfociti T helper 2 verso quella parte del sistema immunitario che coinvolge i linfociti T helper 1 e che vogliamo resti integra e attiva. Con il tempo l’organismo impara a tollerare le sostanze a cui si è allergici e a non contrastarle più come fossero nemiche».
È un addestramento che richiede tempo: la cura va protratta per tre-quattro anni, ma gli effetti durano a lungo (circa 15-20 anni). E dopo il primo anno di trattamento i risultati si vedono, con una notevole attenuazione dei sintomi, se non la totale scomparsa.
A seconda del tipo di allergene si segue la cura per tutto l’anno oppure solo per un periodo, con somministrazioni quotidiane oppure due-tre volte alla settimana, in base al prodotto usato.
Come si decide l’allergene da combattere? «Attraverso l’analisi clinica dei sintomi, che spesso sono più di uno, e lo studio del profilo immunologico del paziente attraverso esami del sangue specifici», risponde Francesca Puggioni. «Dai risultati siamo in grado di stabilire quale allergene attaccare per primo».
I cinque vantaggi
I vantaggi dell’immunoterapia sono molteplici, almeno cinque.
1. È pratica: si assume per via sublinguale (in gocce o in compresse) al mattino appena svegli.
2. È facile da gestire: il paziente può curarsi da solo a casa senza dover andare in ospedale (dove in genere avviene solo la prima somministrazione per valutare eventuali reazioni).
3. È sicura: le reazioni avverse gravi sono praticamente nulle, il che favorisce l’aderenza alla terapia.
4. Gli effetti collaterali sono minimi: in casi rari si può avere un po’ di prurito in bocca o irritazione della mucosa orale dopo le prime somministrazioni, ma è una reazione che passa in pochi giorni.
5. È compatibile con altri farmaci: la persona può seguire altre terapie e prendere altri medicinali (antidolorifici, antibiotici) continuando la sua vita di sempre.
Più battaglie insieme
La terapia, lo dice il nome, è allergene specifica, quindi mirata verso un solo allergene. C’è una cura per ogni sostanza? «Quasi per tutte», dice la pneumologa. «I risultati sono ottimi e consolidati nel tempo per i vari allergeni inalanti, come gli acari della polvere perenni oppure i vari pollini, come graminacee, betullacee, composite, parietaria, mentre per ora sono meno soddisfacenti sugli epiteli degli animali, come cane e gatto».
Chi è allergico a più sostanze non deve scoraggiarsi: si possono seguire terapie sequenziali, cioè prima un ciclo e poi un altro, oppure contemporanee: dopo due anni di trattamento se ne inizia un altro in parallelo con un altro prodotto.
Chi deve evitare
Le categorie di persone che non possono seguire questa terapia sono escluse dal trattamento per motivi gravi. Si tratta di:
• pazienti oncologici, che seguono una chemioterapia;
• persone in stato di immunodeficienza o immunosoppressione, come i malati di Aids;
• malati con cardiopatie gravi o in attesa di trapianto;
• pazienti con turbe neuropsichiatriche o che abusano di alcol e droghe, per cui l’aderenza alla terapia non sarebbe garantita.
E le donne in dolce attesa? «Se si ha in programma una gravidanza a breve non si inizia la terapia, ma se invece si rimane incinta durante il trattamento si prosegue senza rischi», dice l’esperta.
Il ruolo di prevenzione
L’immunoterapia svolge un ruolo importante di prevenzione.
«Evita la comparsa di nuove sensibilizzazioni future», commenta Puggioni. «Dobbiamo considerare il disturbo come un fenomeno in evoluzione nel corso della vita della persona predisposta: si comincia con un’allergia e poi nel tempo se ne sviluppano altre. L’immunoterapia va a bloccare proprio questo tipo di processo, arrestando anche l’evoluzione dei sintomi. Inoltre evita che la situazione peggiori con il tempo. Oltre il 90% di chi soffre di rinite allergica spesso diventa asmatico. Con l’immunoterapia abbiamo visto ottimi risultati sulla prevenzione dell’asma bronchiale nei pazienti rinitici».
Servizio sanitario a singhiozzo
Quella dei costi è ancora una nota dolente: il rimborso da parte del Servizio sanitario nazionale varia da Regione a Regione. In Lombardia la terapia è a totale carico del Servizio sanitario, in altre Regioni è previsto un rimborso parziale, mentre in altre ancora è a totale carico del paziente (5-600 euro circa all’anno).