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Le calciatrici della F.C. Como Women posano con la nuova divisa fornita da Nike per la stagione 2025/26
«Sarò calciatrice». Quante sono le bambine che rincorrono questo sogno? Anche se molte famiglie sono ancora piuttosto restie ad avviare le figlie al gioco del pallone, i numeri del football femminile nel nostro Paese sono in crescita: si calcola che le tesserate con la Federazione italiana gioco calcio (Figc) siano passate dalle circa 15mila del 2007 alle oltre 43mila di oggi. E l’introduzione del professionismo, avvenuta nella stagione 2022-2023 per la Serie A, ha consentito alle atlete di ottenere le stesse tutele dei loro colleghi uomini e di poter accedere a contratti di lavoro che garantiscono copertura previdenziale e assistenziale, oltre al riconoscimento ufficiale di un’attività che nasce con un Dna schiettamente maschile.
Non deturpa i polpacci
Nel 2021 la Figc ha lanciato il piano strategico “Il nostro domani, ora” per la valorizzazione in chiave inclusiva del calcio femminile, ma di fatto c’è ancora parecchia diffidenza nei confronti della pratica del football “in rosa”. A partire della convinzione che questo tipo di attività trasformi il fisico delle ragazze, in particolare irrobustendo troppo le gambe.
«Dal punto di vista costituzionale, il calcio è uno sport uguale agli altri», chiarisce Maria Teresa Pereira Ruiz, medico dello sport specializzata in Riabilitazione, consulente della squadra femminile della Sampdoria e in passato fisiatra per Roma, Lazio e Cagliari. «Sfatiamo l’idea che il football modifichi per forza caviglie e polpacci, cosa che può avvenire, per esempio, anche con la danza classica praticata in maniera intensiva. Tutto dipende, a monte, dalla struttura dell’atleta: se una bambina è longilinea resterà tale anche giocando a pallone, se è più muscolosa lo sport esalterà la sua costituzione».
S’inizia già a sei anni
Di sicuro il calcio richiede impegno costante già in giovane età. «In genere si programmano tre allenamenti alla settimana, più la partita nel weekend», continua l’esperta. «Si può iniziare presto, intorno ai sei anni, e si comincia soprattutto puntando sul gioco, che sviluppa intuito e riflessi ed è comunque parte integrante della preparazione atletica. Se la bambina promette bene, oltre al lavoro sul campo bisognerà prevedere un training aggiuntivo in palestra, indispensabile anche per prevenire gli infortuni: nella donna, infatti, è più frequente la rotazione contro-laterale del ginocchio durante le azioni di gioco anche in assenza di contatto, prima causa di lesione del crociato anteriore, e più la calciatrice è giovane e più il rischio di rottura è elevato, con un pericolo di recidiva che nel sesso femminile sfiora il 30%».
Prevenire gli infortuni
Per evitare questi incidenti la Federazione internazionale calcistica (la Fifa) ha di recente messo a punto 11+, un protocollo per la prevenzione degli infortuni nel calcio a partire dagli 11 anni e adatto a tutte le categorie di giocatori e giocatrici, dai dilettanti ai professionisti. «È un programma completo composto da tre parti che comprendono esercizi di corsa e di forza, equilibrio e agilità, che dovrebbe essere eseguito all’inizio di ogni sessione di allenamento», raccomanda Pereira Ruiz. «Diversi studi hanno dimostrato che l’utilizzo del Fifa 11+ riesce a ridurre significativamente l’incidenza degli infortuni a carico degli arti inferiori, con una diminuzione che può arrivare fino al 30-50% in coloro che lo eseguono con regolarità. Per esempio, è stato riscontrato un calo degli infortuni gravi, come la lesione del legamento crociato anteriore, di quasi il 50%. In particolare, il +11 include esercizi - da fare da sole o con una compagna, e sempre in presenza dell’allenatore - che abituano a cadere in maniera sicura, senza far ruotare le ginocchia, e migliorano la stabilità a livello del tronco rafforzando la muscolatura del “core”, ovvero il complesso dei muscoli addominali, lombari e pelvici che sostengono la colonna vertebrale e il bacino. Inoltre, il gioco del calcio stressa in maniera specifica la muscolatura del pube perché obbliga a continui cambi di direzione, ma anche per prevenire la pubalgia il segreto è stabilizzare il tronco».
Quanto incide il ciclo sulle performance di una calciatrice? «Le mestruazioni incidono solo nella misura in cui si accusano dei disagi, che andranno trattati in maniera individuale e personalizzata», dice la fisiatra. «Diverso è il problema dell’amenorrea, perché l’assenza del ciclo altera il sistema ormonale dell’atleta, aumentando il rischio di infortuni: la minore secrezione di estrogeni, infatti, indebolisce l’apparato muscolo-scheletrico, e le statistiche confermano che le ragazze con amenorrea sono più esposte a lesioni e fratture. Nelle donne con carenza estrogenica sono anche più frequenti i casi di rottura in sequenza di entrambi i crociati anteriori, e per un recupero completo bisogna mettere nel conto un anno di stop, il tempo necessario per poter rientrare in campo in sicurezza».
Non sono sportive di serie B
Quest’anno la Fifa ha deciso di finanziare per la prima volta una ricerca sulla lesione del crociato anteriore nelle calciatrici, la cui incidenza è da due a sei volte superiore rispetto ai maschi, ma la strada da fare per la medicina di genere è ancora lunga: «Il calcio, così come altre discipline da contatto considerate tradizionalmente “per uomini”, dal rugby alla lotta, va tuttora soggetto a degli stereotipi, perché si ritiene che una donna che gioca a pallone non risponda al modello classico di femminilità», dice Luisa Garribba Rizzitelli, presidente e fondatrice di Assist, Associazione nazionale atlete, che da oltre 25 anni lavora per la tutela dei diritti delle donne nello sport e nel 2020 ha promosso la promulgazione della Carta etica dello sport femminile. «Le calciatrici sono ancora percepite come sportive di serie B, soggetti fragili e privi delle doti atletiche necessarie per affrontare lo sforzo fisico imposto dalle partite. In realtà, continua a mancare un approccio serio alla medicina di genere, si studiano ancora poco la fisiologia, la biomeccanica e il rischio di infortuni specifico delle donne». E non solo: «In Italia il calcio femminile soffre ancora per una mancanza di adeguato riconoscimento culturale: lo dimostra il fatto che proprio quest’estate la Figc ha ritirato la propria candidatura per organizzare in Italia l’Europeo femminile del 2029, per il quale è oggi favorito il tandem Danimarca-Svezia. Il motivo parrebbe legato a una carenza delle nostre strutture, ma è lecito chiedersi che cosa sarebbe successo se in gioco ci fosse stato un Europeo maschile».
No ai pregiudizi
In Voglio essere una calciatrice (Fandango Libri), manuale dedicato alle campionesse del futuro, arricchito con numerosi approfondimenti sulle star del pallone del presente e del passato e sul funzionamento del campionato italiano e delle gare internazionali, il giornalista sportivo Livio D’Alessandro, in collaborazione con il collega Ronald Giammò, racconta la storia del calcio femminile rivolgendosi alle giovani atlete ma anche alle famiglie.


Il volume riporta anche un’intervista con Valentina Giacinti, ex capitana del Milan e ora attaccante della Roma e della Nazionale italiana, che di sé racconta: «Quando ero bambina alla fine degli anni Novanta a Trescore Balneario, vicino a Bergamo, ero l’unica che giocava a calcio, ma ero estremamente determinata. Ricordo che staccavo la testa alle bambole e la usavo come pallone, così mamma e papà mi hanno iscritto subito alla scuola calcio del paese più vicino e io ero felicissima. Sono cresciuta con gli altri compagni, non percepivo nessuna differenza e non ho provato alcun disagio. Ero l’unica femmina e sono rimasta l’unica fino ai 12 anni, quando ho iniziato a giocare in una squadra femminile. (…) Alle bambine che amano il pallone dico: credete in voi stesse, non fatevi influenzare dagli altri e continuate a coltivare i vostri sogni. Lavorate sempre sui dettagli, perché sono i dettagli che alla lunga fanno la differenza. E non accontentatevi mai. C’è ogni volta qualcosa da imparare, ogni volta c’è qualcosa in più da fare per migliorare e fare goal in campo, come nella vita».
Come imparare fin da piccole
In Italia, la formazione calcistica è regolata e supervisionata dalla Figc, Settore giovanile scolastico e Attività giovanile femminile, e si svolge all’interno di strutture che si differenziano per livello degli atleti e requisiti.
Sul primo gradino ci sono i Centri calcistici di base, che in base all’età promuovono in maniera capillare sul territorio attività ludiche e di training per i Piccoli amici, i Primi calci, i Pulcini, gli Esordienti, i Giovanissimi e gli Allievi.
Poi arrivano le Scuole calcio, organizzate secondo le linee guida della Figc e con percorsi di formazione più strutturati e mirati alla crescita sportiva dei ragazzi, mentre le Scuole calcio élite rappresentano il livello più alto di qualità in termini di qualifiche degli istruttori, progetti formativi e partecipazione ad attività a livello locale e nazionale.
Infine, le Accademie di calcio formano giocatrici e giocatori d’élite con potenziale per il calcio professionistico, previo superamento di apposite prove di accesso.









