Ci sono vite che assomigliano a un fiume che scorre lungo e tranquillo, dalla sorgente alla foce. E altre che, all’improvviso, cambiano direzione e imboccano percorsi tortuosi e pieni di sfide. Anche Marigold, la ballerina protagonista del libro La rotta delle stelle (Garzanti), il nuovo romanzo di Cristina Caboni, scrittrice sarda amata per le sue storie intrise di profumi e magia, è costretta dal destino a lasciare il palcoscenico e a trasferirsi su un’isola dove si sente fuori posto, la Sicilia. «Eppure», dice l’autrice, «a volte è proprio dalle ferite e dalle difficoltà che sgorga il coraggio di cambiare e di iniziare il viaggio più importante: quello dentro noi stessi».

Cristina Caboni, apicoltrice nell’azienda di famiglia, ha esordito come scrittrice nel 2014 con Il sentiero dei profumi, edito da Garzanti e subito entrato nelle classifiche dei best seller internazionali. Per lo stesso editore è appena uscito l'ultimo libro, La rotta delle stelle. La foto è di Yuma Martellanz.
Cristina Caboni, apicoltrice nell’azienda di famiglia, ha esordito come scrittrice nel 2014 con Il sentiero dei profumi, edito da Garzanti e subito entrato nelle classifiche dei best seller internazionali. Per lo stesso editore è appena uscito l'ultimo libro, La rotta delle stelle. La foto è di Yuma Martellanz.

Cristina Caboni, apicoltrice nell’azienda di famiglia, ha esordito come scrittrice nel 2014 con Il sentiero dei profumi, edito da Garzanti e subito entrato nelle classifiche dei best seller internazionali. Per lo stesso editore è appena uscito l'ultimo libro, La rotta delle stelle. La foto è di Yuma Martellanz.

Cristina Caboni, qual è stato lo spunto per il nuovo romanzo?
«Durante la pandemia, molte lettrici mi scrivevano raccontandomi le loro paure, soprattutto quella di perdere il lavoro e di dover rivoluzionare le loro abitudini. In quel periodo tante si sono licenziate, altre si sono separate, hanno traslocato, hanno fatto scelte radicali… In realtà, nei momenti di crisi spesso si attiva una forza interiore grazie alla quale si comprende che possiamo essere anche “altro” rispetto a ciò che siamo. Arriva da qui l’idea per la figura di Marigold, una giovane donna che per un problema fisico si vede costretta a rinunciare a tutto ciò su cui aveva investito fin da bambina. Ma sarà proprio questa battuta d’arresto che la spingerà a cercare sé stessa seguendo le tracce di un mistero familiare e incontrando luoghi e amicizie coi quali mai avrebbe immaginato di venire a contatto».

Perché ha ambientato il romanzo in Sicilia?
«Abitare in un’isola, circondati dal mare, dal vento e da una natura aspra ma generosa, consente di maturare capacità percettive speciali e molto sottili. Sono sarda e amo le isole perché insegnano la resilienza, la lentezza e l’arte dell’attesa: non potrei vivere altrove».

Dopo l’arrivo sull’isola, la protagonista si unisce a una compagnia di amiche che si ritrovano insieme per camminare…
«È una citazione autobiografica, perché anch’io anni fa, in un momento particolare della mia vita, sono stata invitata da un gruppo di donne a partecipare a delle uscite a piedi, ed è stata un’esperienza che mi ha aperto un mondo: camminare aiuta ad aprire il cuore, allontana la solitudine, libera la mente e stimola la creatività, come in una sorta di meditazione dinamica, mentre l’andamento ritmico dei passi che s’inanellano lentamente l’uno nell’altro scioglie le tensioni e avvicina a una dimensione più profonda dell’essere. Inoltre, c’è la forza della sorellanza che unisce e sostiene, ci sono le amiche che ascoltano senza giudicare. Anche di questo aveva bisogno Marigold per fare pace con i fantasmi suoi e della sua famiglia».

Psicologia e neuroscienze

Passeggiare con gli altri libera la mente

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Lei è anche apicoltrice: che cosa ha imparato dal suo lavoro?
«Le api insegnano a osservare: più le studi e più capisci che la loro vita è regolata da cicli perfetti, strettamente collegati alla natura. Quest’estate, per esempio, la siccità ha rovinato la fioritura dell’eucalipto, la principale fonte di nutrimento per le api qui in Sardegna, e, se non arriverà la pioggia, dovremo intervenire noi con l’alimentazione artificiale. L’uomo non può interferire con le dinamiche di comunità delle api: le può solo assecondare, con delicatezza e rispetto. Ricordo mia nonna Assunta che cantava per le api, e il suono della sua voce mi è rimasto nel cuore, come una guida. Per questo la storia di Marigold pone l’accento sul ruolo essenziale delle radici familiari nei momenti più difficili della vita. Ecco, immagino che ciascuno viaggi a bordo di un carrozzone, come quelli dei gitani: al volante, ci siamo noi, e dietro trasportiamo tutti i nostri antenati, che sono il nostro Dna, il filo rosso della nostra storia. Non a caso ancora oggi, in Sardegna, quando qualcuno t’incontra non ti domanda il cognome ma ti chiede: “Tu figlio di chi sei?”. È una formula con la quale il tuo interlocutore vuole sapere da dove vieni, per capire chi potresti essere».

Come mai nel titolo del romanzo si parla di stelle?
«Tempo fa in un atlante d’astronomia avevo letto che Draconis, la stella polare del Dragone o Thuban, l’astro che indicava la rotta ai naviganti, è il nome più antico della stella polare, e quindi ho deciso di chiamare Draconia il villaggio dove la vita di Marigold prenderà una nuova direzione. Facendo ulteriori ricerche, ho anche scoperto che nel mese di ottobre la costellazione delle Draconidi passa sopra lo Stretto di Messina, ed è proprio in quella fase dell’autunno che, nel romanzo, la protagonista inizia a misurarsi con un talento che mai avrebbe immaginato di avere. E che cambierà la sua esistenza».

Quali semi lascia la storia di Marigold nel cuore delle lettrici e dei lettori?
«Il primo messaggio è che non bisogna mai arrendersi: se una strada si blocca, significa che è giunto il momento di dirigere lo sguardo altrove. E poi, non dobbiamo dimenticare che siamo circondotti da magia e bellezza ma, per apprezzarle sul serio, è necessario rallentare, mettersi in ascolto, lasciar fare di più alla vita. Ne vale la pena».