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In Italia, si stima che i volontari penitenziari siano diecimila (manca una rilevazione ufficiale), un esercito del bene che cerca non soltanto di sopperire alle esigenze materiali e spirituali di chi vive dietro le sbarre, ma soprattutto di favorire la funzione rieducativa della pena e il reinserimento sociale delle persone.
Per diventarlo occorre partecipare a uno dei corsi organizzati in ogni città da diverse realtà e associazioni. Il Seac (Coordinamento enti e associazioni di volontariato penitenziario) riunisce tutti i volontari di ispirazione cristiana.
Il Vangelo: visitare i detenuti, un’opera di misericordia
I volontari penitenziari cattolici fondano la propria attività sulle parole di Gesù, nel capitolo 25 del Vangelo di Matteo: «Ricevete in eredità il regno perché (…) ero in carcere, e mi avete visitato».
Visitare i detenuti è una delle sei opere di misericordia. È per questo che la Chiesa, attraverso varie modalità e diversi uffici di pastorale carceraria, ha sempre avuto un’attenzione particolare a chi, dietro le sbarre, sconta la propria pena.
Lo ha ricordato papa Francesco, incontrando i detenuti italiani in occasione del Giubileo della Misericordia nel 2016: «C’è poca fiducia nella riabilitazione, nel reinserimento nella società. (...). Certo, la storia passata, anche se lo volessimo, non può essere riscritta. Ma la storia che inizia oggi, e che guarda al futuro, è ancora tutta da scrivere».
Dice padre Vittorio Trani, cappellano del carcere di Regina Coeli: «Se una persona che si è macchiata di un grave peccato chiede perdono, il Signore non l’abbandona».