Umberto Veronesi, il grande oncologo che il 28 novembre avrebbe compiuto cento anni, diceva: «Ascoltare i pazienti è il nostro dovere, per capire veramente chi abbiamo davanti a noi e come possiamo curarli meglio. Noi siamo qui per loro, non loro per noi».
Com’è vero. Il diritto alla salute non si esaurisce nell’accesso alle terapie. Riguarda anche il diritto di essere informati con chiarezza dai medici sulla propria salute. È una forma di cura in sé, perché la conoscenza attenua la paura, restituisce controllo, orienta le scelte.

Un mondo, una salute

Diritti e doveri dei medici di famiglia

Diritti e doveri dei medici di famiglia
Diritti e doveri dei medici di famiglia

La normativa italiana lo riconosce esplicitamente: la legge 219 del 2017 stabilisce che «ogni persona ha diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e comprensibile». Una formula semplice, che però rivoluziona la medicina del passato, quando la diagnosi era sussurrata più ai familiari che al diretto interessato.

Quando dire la verità
Il Comitato etico della Fondazione Veronesi ha stilato un documento programmatico per una sanità a misura dei pazienti. Subito dopo il diritto a cure sollecite, c’è quello a conoscere la verità sulla malattia e a essere informati sulle alternative di trattamento: «Da tempo si è andato affermando il concetto di alleanza terapeutica tra medico e paziente. Il medico ha ancora nella sua etica professionale il precetto di agire “in scienza e coscienza”, ma a questo si è aggiunto il dovere di considerare il malato non più in modo paternalistico, ma alla pari. È quindi tenuto a informare il malato in modo esauriente. Deve dirgli la verità, sempre e in ogni caso? In America è prassi consolidata, in Europa si è più possibilisti, più prudenti, e forse più umani. La verità va detta nella misura in cui s’intuisce che il malato vuole effettivamente conoscerla, e senza mai togliere la speranza. Il tema d’informare il paziente sulle alternative di trattamento è delicato e importante. Fa parte di quella branca della nuova medicina che si chiama “l’analisi della decisione in medicina clinica”. Un esempio per chiarire. Se tra due interventi chirurgici, uno è più risolutivo ma al contempo più rischioso, sarà dovere etico del chirurgo fornire dati e statistiche ed esaminare i pro e i contro facendo un bilancio prudente e saggio».

La Corte di Cassazione
È un cambio di paradigma: la comunicazione non è accessoria alla terapia, ma parte del trattamento stesso. In Italia, la Corte di Cassazione ha più volte ribadito che l’omessa o inadeguata informazione può costituire una violazione del diritto all’autodeterminazione del paziente, anche quando la terapia o l’intervento siano stati eseguiti correttamente. È una presa di posizione etica e giuridica: la trasparenza è rispetto.
Ma cosa significa essere chiari? Vuol dire adattare il linguaggio al livello di comprensione dell’interlocutore, verificare che abbia davvero capito, e restare disponibili a ripetere o semplificare.
Da un’analisi recente delle risposte di 1.847 pazienti statunitensi che hanno partecipato a un sondaggio (JAMA, 2025), è emerso che soprattutto chi aveva malattie gravi si è sentito trattato ingiustamente, ha avuto paura di fare domande o ha lasciato gli appuntamenti incerti sui passaggi successivi.

Cosa accade negli ospedali
«Dico sempre che il medico dev’essere anche confessore e psicologo, deve togliere la malattia dal corpo ma anche dalla mente, pronto ad ascoltare la persona nel momento di massima debolezza», si legge nel libro, appena edito da Sonzogno, 100 pensieri ribelli per cambiare il mondo di Umberto Veronesi.

È stato appena pubblicato e si trova in tutte le librerie il volume 100 pensieri ribelli per cambiare il mondo, che raccoglie le riflessioni profonde e fuori dagli schemi di Umberto Veronesi, medico amatissimo e innovatore straordinario, celebrando l’anniversario dei cent’anni dalla nascita, il\\u202F28 novembre 2025. Il libro, nato in collaborazione con la Fondazione Umberto Veronesi, è uscito per la collana Scienze per la vita (Sonzogno), ideata e curata da Eliana Liotta, direttrice di BenEssere.
È stato appena pubblicato e si trova in tutte le librerie il volume 100 pensieri ribelli per cambiare il mondo, che raccoglie le riflessioni profonde e fuori dagli schemi di Umberto Veronesi, medico amatissimo e innovatore straordinario, celebrando l’anniversario dei cent’anni dalla nascita, il\\u202F28 novembre 2025. Il libro, nato in collaborazione con la Fondazione Umberto Veronesi, è uscito per la collana Scienze per la vita (Sonzogno), ideata e curata da Eliana Liotta, direttrice di BenEssere.

È stato appena pubblicato e si trova in tutte le librerie il volume 100 pensieri ribelli per cambiare il mondo, che raccoglie le riflessioni profonde e fuori dagli schemi di Umberto Veronesi, medico amatissimo e innovatore straordinario, celebrando l’anniversario dei cent’anni dalla nascita, il 28 novembre 2025. Il libro, nato in collaborazione con la Fondazione Umberto Veronesi, è uscito per la collana Scienze per la vita (Sonzogno), ideata e curata da Eliana Liotta, direttrice di BenEssere.

Il medico, scomparso nel 2016, aveva iniziato la sua carriera di giovane oncologo in tempi in cui per un tumore al seno di piccole dimensioni si praticava la mastectomia totale, cioè si asportavano la mammella, i linfonodi ascellari e i muscoli pettorali. «Vedere i massacri che si operavano sui corpi delle donne mi sconvolgeva», raccontò in un’intervista al Corriere della Sera. Fu così che inventò la quadrantectomia, una tecnica per intervenire solo sul quadrante in cui si trova il tumore.
Uno dei suoi obiettivi era trasformare i luoghi della cura, mettere davvero i pazienti al centro delle terapie. «In un’epoca in cui la medicina tecnologica sembra aver prevalso su ogni altro tipo di visione, pensiamo che la difesa dei diritti del malato sia cruciale per rilanciare l’idea di un nuovo Umanesimo», è uno dei suoi pensieri presenti nel volume. Citava spesso l’ospedale di al-Mansur, fondato nel 1284 al Cairo, dove c’erano fontane zampillanti e piante fiorite, e lo paragonava a troppi ospedali italiani simili a «gabbie in cui si istituzionalizza la persona, mentre riconoscere e diffondere la cultura dei diritti dei malati è difendere la libertà e l’infinita varietà del mondo».

Il tempo sembra mancare
Essere chiari richiede tempo e il tempo è ciò che più sembra mancare nella sanità contemporanea. «Otto minuti soltanto: è quello che i giovani medici dedicano a ciascun ammalato, ogni giorno, almeno negli Stati Uniti», scrive Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri nel libro Le sanguisughe di Giulietta (Solferino). «Come lo sappiamo? Leonard Feldman che lavora al Johns Hopkins – uno degli ospedali americani più rinomati – ha seguito l’attività di 29 medici appena laureati nel loro primo anno di lavoro e ha confrontato i dati di adesso con quelli di dieci anni fa. (…) Emerge che i giovani medici passano la maggior parte del tempo a compilare cartelle cliniche elettroniche, ordinare esami di laboratorio e radiologici e in una serie di altre attività che li tengono di fatto lontani dagli ammalati. (…) Ci sono diversi studi che dimostrano che più tempo si passa con gli ammalati meno si sbaglia».
Chiarisce il concetto il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici, Filippo Anelli: «Durante la visita, attraverso l’anamnesi e l’esame obiettivo, il medico deve riuscire a verificare la presenza o assenza di una patologia. Va da sé che, comprimendo il tempo, gli sfuggano dei dati in realtà fondamentali e conseguentemente aumenti il rischio di errore. Il cittadino si sente frustrato in quanto vorrebbe esprimere le sue ansie che non sono solo le sue sofferenze e i suoi problemi e vorrebbe essere compreso dal medico a cui si sta affidando».
Come esplicita la legge 129, «il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce il tempo di cura». Sapere perché prendere quella pillola o sottoporsi a un determinato trattamento è un diritto e bisogna farlo presente ai medici, se non dovessero rispettarlo.