La scritta all’ingresso fa pensare a un laboratorio pieno di provette e camici bianchi, “CARELab”, ma quando si apre la porta è come ritrovarsi dentro un coloratissimo videogame di Super Mario: ci sono ostacoli da superare e tesori da trovare, uccellini da sfiorare e succulente mele da cogliere. Un gioco di realtà virtuale, tanto divertente quanto terapeutico, che rientra tra le numerose attività riabilitative a cui possono accedere i bambini in cura presso il dipartimento di Neuropsichiatria e Riabilitazione dell’età evolutiva della Fondazione Don Gnocchi.
Piccoli pazienti con disturbi dell’apprendimento, ritardi del linguaggio, disordini dello spettro autistico, disabilità cognitive e disfunzioni motorie di varia natura, che grazie alle nuove tecnologie e al supporto di un team multidisciplinare di esperti possono riconquistare una vita più serena, spezzando le catene del pregiudizio e dell’isolamento. Lo spiega la responsabile del dipartimento, Anna Cavallini, che mi accoglie presso il Centro Santa Maria Nascente di Milano.

Dottoressa Cavallini, sto visitando stanze piene di colori, con cieli azzurri alle pareti e disegni che ricordano più uno spazio gioco che un centro di riabilitazione. L’ambiente è già parte della cura?
«Assolutamente sì: è fondamentale che i bambini possano esprimersi al meglio in un ambiente rasserenante e sicuro. Per questo abbiamo fatto ogni sforzo possibile per rinnovare gli ambienti della Neuropsichiatria in modo da renderla più piacevole e accattivante. Le luci, i colori, gli arredi: tutto è stato scelto con grande cura, anche grazie alla consulenza degli esperti del Politecnico di Milano, per rendere gli spazi più accessibili e accoglienti».

Quali pazienti accedono ai vostri servizi ambulatoriali?
«Sono bambini e ragazzi dalla nascita ai 18 anni che presentano disturbi del neurosviluppo come autismo e Adhd (disturbo da deficit di attenzione/iperattività), disturbi di sviluppo della coordinazione motoria, disturbi del linguaggio, disabilità intellettiva e disturbi dell’apprendimento. Accogliamo anche pazienti con patologie neurologiche come la paralisi cerebrale infantile, malattie metaboliche e neuromuscolari, sindromi genetiche».

Solitamente arrivano da voi con una diagnosi ben precisa o sono ancora alla ricerca di una valutazione specialistica?
«La Fondazione Don Gnocchi è ormai un punto di riferimento per la riabilitazione in età evolutiva e i pazienti ci vengono inviati direttamente dai pediatri del territorio e dagli ospedali in cui sono stati fatti gli accertamenti diagnostici. Nel Centro di Santa Maria Nascente offriamo anche prime visite: viene effettuata una valutazione multidisciplinare sul profilo del paziente, viene posta la diagnosi e date eventuali indicazioni riabilitative».

Anna Cavallini è responsabile del dipartimento di Neuropsichiatria e Riabilitazione dell’età evolutiva della Fondazione Don Gnocchi. Nata a Monza nel 1969, si è laureata in Medicina all’Università di Pavia, dove si è anche specializzata in Neuropsichiatria. Dopo aver lavorato per vent’anni all’Irccs Medea e per tre anni all’ospedale San Gerardo di Monza, nel 2022 è approdata alla Fondazione Don Gnocchi. La foto è di Manuel Cicchetti.
Anna Cavallini è responsabile del dipartimento di Neuropsichiatria e Riabilitazione dell’età evolutiva della Fondazione Don Gnocchi. Nata a Monza nel 1969, si è laureata in Medicina all’Università di Pavia, dove si è anche specializzata in Neuropsichiatria. Dopo aver lavorato per vent’anni all’Irccs Medea e per tre anni all’ospedale San Gerardo di Monza, nel 2022 è approdata alla Fondazione Don Gnocchi. La foto è di Manuel Cicchetti.

Anna Cavallini è responsabile del dipartimento di Neuropsichiatria e Riabilitazione dell’età evolutiva della Fondazione Don Gnocchi. Nata a Monza nel 1969, si è laureata in Medicina all’Università di Pavia, dove si è anche specializzata in Neuropsichiatria. Dopo aver lavorato per vent’anni all’Irccs Medea e per tre anni all’ospedale San Gerardo di Monza, nel 2022 è approdata alla Fondazione Don Gnocchi. La foto è di Manuel Cicchetti.

Come viene impostato il percorso riabilitativo? E quanto dura?
«L’inquadramento iniziale viene eseguito da un team di esperti che comprende neuropsichiatra, fisiatra, psicologo, fisioterapista, logopedista, educatore, terapista della neuropsicomotricità e assistente sociale. Una volta valutati i bisogni del paziente, si elabora un percorso di riabilitazione personalizzato che mira a promuovere le potenzialità del paziente e a favorire l’inclusione sociale in una visione progettuale di lungo termine. La durata può variare in base alle problematiche che bisogna affrontare: nel caso dei disturbi del linguaggio, per esempio, possono bastare alcuni mesi, mentre possono servire diversi anni per le patologie più complesse».

Che ruolo hanno i genitori?
«Li coinvolgiamo in tutto il percorso riabilitativo, perché la presa in carico riguarda non solo il bambino ma l’intera famiglia, fratellini compresi. Fin dall’inizio prevediamo momenti di incontro e colloqui per la definizione di obiettivi condivisi e aggiornamenti sull’evoluzione del paziente: in caso di necessità, offriamo anche attività di sostegno alla genitorialità con il supporto dello psicologo. È poi fondamentale fare rete con la scuola: organizziamo incontri con gli insegnanti per condividere gli obiettivi riabilitativi in modo che possano essere tradotti in obiettivi educativi nel percorso scolastico. I nostri operatori promuovono attività anche con i compagni di classe, per aiutarli a cogliere i punti di forza del loro compagno fragile favorendone l’inclusione».

Giochi innovativi e nuove tecnologie multimediali sono tra i punti di forza del percorso riabilitativo. Perché sono così importanti?
«Perché promuovono un coinvolgimento attivo del bambino, sostenendo la sua partecipazione e motivazione durante l’esercizio riabilitativo. Per questo, le soluzioni selezionate vengono adeguatamente integrate nel contesto reale in modo da risultare minimamente invasive e garantire un’esperienza ludica che si avvicini il più possibile alla normale quotidianità del bambino. Utilizziamo la realtà virtuale semi-immersiva e software per migliorare le funzioni motorie e cognitive. Non mancano poi le tecnologie per la riabilitazione da remoto, che permettono al bambino di svolgere le attività da casa senza perdere la scuola e senza che i genitori debbano assentarsi dal lavoro».

I risultati sono scientificamente provati?
«Ci sono molti studi scientifici che provano l’utilità di queste tecnologie riabilitative, e lo dimostrano anche le sperimentazioni che abbiamo condotto in questi anni presso il nostro Computer Assisted REhabilitation (CARE) Lab, uno spazio di 25 metri quadrati a elevato contenuto tecnologico inaugurato nel 2017 presso il Centro Santa Maria Nascente di Milano, che ora stiamo esportando in diversi centri della Fondazione in tutta Italia. La collaborazione di medici, terapisti, psicologi, bioingegneri, programmatori software ed esperti di grafica 3D, ha permesso l’ideazione e lo sviluppo di attività riabilitative in realtà virtuale per rispondere a specifici bisogni di tipo motorio e cognitivo, con risultati positivi sia in termini di gradimento da parte del bambino che di ricadute funzionali».

Di recente avete inaugurato anche un’altra stanza tecnologicamente assistita: di che si tratta?
«È la stanza per le osservazioni dei bambini durante il gioco, realizzata grazie al sostegno dell’Associazione Zorzi per le Neuroscienze. L’innovativo allestimento prevede due telecamere e un microfono posti ai lati opposti della stanza che consentono di monitorare in modo non invasivo le attività di riabilitazione seguendo i piccoli pazienti dall’esterno e da remoto. Diventa così possibile acquisire registrazioni audio e video per analizzare la posizione del corpo nello spazio, la direzione dello sguardo e altre misure relative alla mimica facciale e alla posizione delle mani, senza interferire sul lavoro clinico-riabilitativo. In questo ambiente lavoriamo con bambini da zero a quattro anni. Abbiamo anche avviato un progetto di ricerca, Erisibs, per la presa in carico precoce di bambini di pochi mesi che hanno fratelli o sorelle con una diagnosi di autismo».

Quanto è importante la ricerca per migliorare l’assistenza ai piccoli pazienti?
«È fondamentale, e per questo motivo abbiamo una fitta rete di collaborazioni con altri istituti di ricerca e università. Partecipiamo per esempio a un progetto (Fit4MedRob, finanziato dal Pnrr) che coinvolge 25 enti per individuare e implementare protocolli di riabilitazione che utilizzino le nuove tecnologie robotiche in maniera efficace, accessibile ed economicamente sostenibile. Abbiamo poi consolidate collaborazioni con Politecnico di Milano, Università Cattolica e Università di Milano-Bicocca, come nel caso del progetto Erisibs. Inoltre siamo sede formativa per gli specializzandi in Neuropsichiatria dell’Università Statale di Milano».

Queste collaborazioni denotano una forte apertura verso quello che accade al di fuori del vostro Centro. In un certo senso lo dimostrano anche i lavori in corso che vediamo nella struttura…
«Sì, stiamo allestendo due nuovi spazi che oltre a essere dedicati ai nostri pazienti, saranno aperti anche agli abitanti del quartiere. Il primo progetto si chiama “InBiblio” e mira a creare una biblioteca inclusiva con libri ad accesso facilitato, per esempio tradotti in simboli Pcs (Picture communication symbols) con grafica semplificata, libri tattili sensoriali, audiolibri, libri con ausili tecnologici che ne facilitano l’accesso e libri-gioco, il cui contenuto viene tradotto in oggetti, affinché il bambino possa vivere l’esperienza del racconto in modo concreto. Dopo l’inaugurazione di questa estate organizzeremo gruppi di lettura partecipata, con il coinvolgimento dei genitori e delle scuole, e laboratori artistici di creazione di libri. In queste settimane stanno partendo anche i lavori nei giardini della Fondazione per la creazione di un parco giochi inclusivo, che potrà diventare uno spazio di aggregazione per le famiglie del quartiere San Siro».

Bambini e adolescenti

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