La notizia è deflagrata nel settembre 2014: Bianca Balti, 41 anni, supermodella lombarda con una moltitudine di campagne e copertine all’attivo, è stata operata per un tumore ovarico. Due anni fa si era sottoposta a una doppia mastectomia preventiva, asportando entrambi i seni, dopo aver scoperto di avere la mutazione a carico del gene BRCA1, che aumenta proprio il rischio di cancro al seno e alle ovaie.
È stata lei stessa a comunicarlo, postando su Instagram fotografie dall’ospedale, sempre con ottimismo: «Mi sono registrata al Pronto soccorso per scoprire che il mio dolore addominale era un cancro alle ovaie al terzo stadio. È stata una settimana piena di paura, dolore e lacrime, ma soprattutto di amore, speranza, risate e forza».

Perché si individua in fase avanzata
Vengono definite tumore ovarico le neoplasie che originano da organi differenti:
• dalle ovaie, gli organi femminili responsabili della formazione degli ovuli;
• dalle tube di Falloppio, i condotti simmetrici che mettono in comunicazione ciascuna delle due ovaie con l’utero;
• dal peritoneo, il rivestimento della parete e degli organi addominali.
Si tratta di un tumore relativamente raro (è a rischio una donna su 82), che colpisce prevalentemente dopo i 50 anni, con un picco intorno ai 65. È però uno dei tumori femminili che risulta tra i più insidiosi, perché viene individuato di solito in fase avanzata per l’assenza di strumenti di screening che offrano una diagnosi precoce e per i sintomi poco riconoscibili. In Italia circa 50 mila donne convivono con questo tumore e ogni anno si registrano circa 6.000 nuovi casi (dati Aiom 2023).

Salute e medicina

Come si cura la sindrome dell’ovaio policistico

Come si cura la sindrome dell’ovaio policistico
Come si cura la sindrome dell’ovaio policistico

«L’incidenza di questa malattia è lievemente in crescita nei Paesi industrializzati e questo è dovuto principalmente all’aumento dell’aspettativa di vita media nella popolazione generale», spiega Nicoletta Colombo, docente all’Università Milano-Bicocca e direttrice del programma di Oncologia ginecologica allo Ieo-Istituto europeo di oncologia di Milano. «Da non sottovalutare anche la sindrome di Lynch, dovuta a delle specifiche mutazioni genetiche, e altri aspetti come il fumo, l’eccesso di alcol, l’obesità, uno stile di vita irregolare».
Come nel caso di Bianca Balti, la causa del tumore ovarico possono essere le mutazioni genetiche. «Sono presenti nel 10-25% delle pazienti», continua la ginecologa. «Le più frequenti e conosciute sono quelle dei geni BRCA1 e BRCA2: predispongono a un rischio del 20-50% di sviluppare un carcinoma ovarico e del 40-80% di sviluppare un carcinoma della mammella».

Quali sono i campanelli d’allarme
Quello alle ovaie è un tumore insidioso, perché negli stadi iniziali non presenta particolari campanelli d’allarme e fino all’80% dei casi la diagnosi avviene in maniera occasionale, quando la malattia è in fase già avanzata. I sintomi principali sono:
•distensione addominale
•senso di pesantezza
•dolore pelvico
•nausea
•un senso di sazietà precoce
•una maggiore frequenza a urinare
•stitichezza
•stanchezza
•difficoltà a respirare
•perdita di peso involontaria
•un massivo aumento della circonferenza addominale dovuto spesso all’accumulo di liquido in addome (la cosiddetta ascite).
«Sfortunatamente», aggiunge Colombo, «non esistono a oggi validi programmi di screening per una diagnosi precoce. Anche perché, purtroppo, i più recenti studi clinici non hanno dimostrato alcun vantaggio nell’eseguire esami a tappeto basati in particolare sull’ecografia pelvica transvaginale e sul dosaggio nel sangue del marcatore tumorale CA125. L’unica misura di prevenzione efficace che possiamo adottare è l’asportazione profilattica di tube e ovaie nelle pazienti con mutazione di BRCA (o di altri geni predisponenti) che abbiano esaudito il proprio desiderio di maternità».

La sopravvivenza a sette anni è cresciuta del 50-60%
Oggi ci sono nuove possibilità di cura e la sopravvivenza è aumentata. «Oltre alla chirurgia e alla chemioterapia a base di platino, da circa dieci anni abbiamo a disposizione un farmaco mirato, l’antiangiogenico bevacizumab, un anticorpo monoclonale in grado di interferire con lo sviluppo di nuovi vasi sanguigni nelle masse tumorali e quindi con la crescita stessa del tumore», spiega Colombo. «Ma la vera differenza è stata l’introduzione dei Parp inibitori a bersaglio molecolare, che interferiscono con i meccanismi di riparo del Dna e portano a morte delle cellule tumorali, specialmente nelle donne che hanno una mutazione BRCA o un deficit del meccanismo di riparazione del Dna».
Il progresso nelle cure ha dato risultati notevoli, come commenta la ginecologa: «Se prima dell’avvento dei Parp inibitori circa il 70% delle pazienti con tumore ovarico aveva una recidiva entro i tre anni e la sopravvivenza globale a cinque anni era del 5-20%, oggi le pazienti con mutazione BRCA che ricevono il Parp inibitore olaparib dopo la chemioterapia a base di platino hanno una possibilità di sopravvivenza a sette anni di circa il 70%».

Oncologia

Oblio oncologico: cosa dice la legge

Oblio oncologico: cosa dice la legge
Oblio oncologico: cosa dice la legge

I fattori che giocano un ruolo protettivo
Alcuni fattori sembrano protettivi delle ovaie, cioè l’uso di contraccettivi orali (che mette a riposo l’organo), le gravidanze e l’allattamento al seno protratto. E l’impiego di una terapia ormonale sostitutiva (Tos) dopo la menopausa, invece, aumenta il rischio? Al contrario, secondo gli studi: l’assunzione continuativa di estrogeni e progestinici sembra essere protettiva per le ovaie. «I rischi della Tos sono stati sopravvalutati», chiarisce la dottoressa. «Esistono oggi nuove formulazioni, a più basso dosaggio rispetto al passato, a base di estrogeni naturali o sintetici e di progestinici, con varie modalità di assunzione (creme, ovuli, cerotti, puff o gel)».
La terapia ormonale sostitutiva è controindicata se la paziente ha una storia di carcinoma mammario estrogeno-dipendente o se ha un tumore ovarico che esprime fortemente i recettori per gli estrogeni e il progesterone, come nel carcinoma ovarico sieroso di basso grado, nel carcinoma endometrioide o nei tumori stromali dei cordoni sessuali. «Invece può essere prescritta, sotto indicazione dell’esperto, nella più comune forma di tumore ovarico, ovvero il carcinoma ovarico epiteliale sieroso di alto grado, così come nei tumori ovarici mucinosi o germinali», precisa Colombo.
Per la sua complessità, il tumore ovarico va curato soltanto nei grandi ospedali dove ci sono reparti di alta specialità. In un altro post dall’ospedale, Balti ha scritto: «Questo è il medico della terapia del dolore. Poco prima che lasciassi l’ospedale mi ha detto: “Ricorda sempre la differenza tra il dolore e la paura”, e questa frase mi ha fatto piangere. Certe persone sono angeli sotto mentite spoglie».