Il linfedema è una condizione caratterizzata da un accumulo anomalo di fluidi (una sorta di gel incolore che contiene acqua, proteine, lipidi e altre sostanze) nel derma e nel sottocute, solitamente a livello degli arti. Alla base c’è un deficit del sistema linfatico, deputato a riassorbire e trasportare questi fluidi, talvolta associato a un malfunzionamento del sistema venoso.

Due forme
Mentre la forma primaria di linfedema è congenita e legata ad anomalie nello sviluppo del sistema linfatico, quella secondaria – molto più frequente – è acquisita e si manifesta a seguito di eventi come interventi chirurgici oncologici, radioterapia, chemioterapia o traumi. In particolare, le operazioni che comportano la rimozione dei linfonodi, come accade nel trattamento dei tumori della mammella o uroginecologici, dei melanomi o dei linfomi, sono tra i principali fattori di rischio. La probabilità di sviluppare il linfedema aumenta quando vengono rimossi numerosi linfonodi o quando la chirurgia interessa aree del corpo particolarmente ricche di vasi linfatici. A questi fattori si aggiungono condizioni predisponenti come l’obesità o alterazioni genetiche.

I sintomi
Quando il sistema linfatico non riesce più a gestire correttamente il flusso della linfa, si manifesta inizialmente un senso di pesantezza, seguito da gonfiore, che può peggiorare e causare infiammazione, ispessimento cutaneo e ulcere. L’eventuale comparsa di dolore, rossore o sensazione di calore può indicare al contrario la presenza di un’infezione o di una trombosi, condizioni diverse che richiedono un’attenta valutazione medica e uno specifico trattamento.

La diagnosi
La diagnosi precoce riveste un ruolo centrale nella gestione del linfedema. Intercettare i primi segni consente di intervenire tempestivamente, riducendo il rischio di cronicizzazione e peggioramento del quadro clinico.

Allo specchio

«Mi sento bella anche con il linfedema e la calza pesante»

«Mi sento bella anche con il linfedema e la calza pesante»
«Mi sento bella anche con il linfedema e la calza pesante»

Oltre all’esame clinico, oggi sono disponibili tecniche avanzate come la linfofluoroscopia. Questo esame prevede l’iniezione sotto la pelle di una sostanza fluorescente, che permette di visualizzare in tempo reale il flusso della linfa nei vasi linfatici grazie a una speciale telecamera a infrarossi. Ciò consente di rilevare la presenza di un linfedema prima che l’occhio riesca a vederlo, in modo da pianificare un trattamento precoce e personalizzato.

Le cure
Il trattamento richiede un approccio multidisciplinare e si articola in più fasi. Inizialmente si procede con una fase intensiva, che prevede l’applicazione ravvicinata di bendaggi multistrato, realizzati con materiali specifici, in grado di esercitare una pressione graduata e favorire il riassorbimento e lo spostamento dei fluidi. Questa fase si associa a un programma di esercizi fisici mirati, eseguiti con il bendaggio indossato, e a sequenze di linfodrenaggio manuale, un tipo di massaggio che velocizza il flusso linfatico. La seduta terapeutica, della durata di alcune ore, è condotta da personale specializzato e rappresenta un momento fondamentale del percorso riabilitativo, che prosegue con una fase meno intensa di stabilizzazione.

L’autogestione
Il linfedema è una condizione cronica, quindi risulta fondamentale educarsi all’autogestione, imparando ad applicare autonomamente bendaggi più leggeri e utilizzare guaine elastiche su misura, indispensabili per mantenere i risultati ottenuti e prevenire nuovi accumuli di fluidi. Questo percorso, se seguito con costanza e sotto la guida di professionisti, permette di tenere sotto controllo i sintomi e di migliorare sensibilmente la qualità di vita.

Testo raccolto da Paola Rinaldi