Difficile, non impossibile. Smettere di fumare è una sfida, ma esiste un metodo, ancora poco conosciuto, per farlo con un prodotto vegetale e senza sofferenza. È in commercio da qualche mese un farmaco che riduce la dipendenza da nicotina: è a base di citisina, una molecola che si ricava da un albero bellissimo, il maggiociondolo, con fiori gialli a grappoli che, in maggio, appunto, ciondolano. Da anni, avvalendosi di formulazioni galeniche, lo usano al Centro antifumo dell’Istituto dei tumori di Milano, in un percorso guidato e con l’aiuto di un supporto psicologico. Ne è un sostenitore entusiasta lo pneumologo Roberto Boffi, direttore del Centro, intervistato per BenEssere da Nicoletta Bagliano.

Roberto Boffi, responsabile della Pneumologia e del Centro antifumo dell'Istituto nazionale dei tumori di Milano e presidente eletto della Società italiana di tabaccologia (foto di Stefano Servidio)
Roberto Boffi, responsabile della Pneumologia e del Centro antifumo dell'Istituto nazionale dei tumori di Milano e presidente eletto della Società italiana di tabaccologia (foto di Stefano Servidio)

Roberto Boffi, responsabile della Pneumologia e del Centro antifumo dell'Istituto nazionale dei tumori di Milano e presidente eletto della Società italiana di tabaccologia (foto di Stefano Servidio)

Dottor Boffi, che cos’ha di speciale la citisina?
«È il principio attivo attualmente più efficace e vantaggioso. Ai fumatori piace che possano provare a smettere con un prodotto naturale e non chimico, ma soprattutto, dal mio punto di vista, è un ottimo rimedio perché è ben tollerato e non rischia di creare dipendenza, a differenza di alcuni sostitutivi della nicotina. A fine percorso, lo si sospende senza difficoltà».

Che dati ci sono in merito alla sua efficacia?
«Insieme al team dell’Istituto dei tumori abbiamo pubblicato, sul Tumori Journal, i risultati di uno studio osservazionale su 300 pazienti, condotto tra il 2016 e il 2022. È emersa una buona efficacia applicando uno schema terapeutico di 40 giorni (anziché di 25, come sarebbe previsto per il farmaco generico ora in commercio, prodotto da un’azienda polacca). I dati mostrano che il 68,7% ha smesso di fumare dopo tre mesi, il 56,3% ha mantenuto l’astensione dopo sei mesi e dopo un anno il 47,3% non fumava più. Quindi in un anno un paziente su due abbandona la sigaretta: non è poco».

In che modo agisce questa molecola?
«È un agonista/antagonista della nicotina, la sostanza che crea dipendenza. Mi spiego: quando si aspira la sigaretta, la nicotina raggiunge il cervello dove si lega ad alcuni recettori specifici, innescando il rilascio di neurotrasmettitori come la serotonina, detta molecola del buonumore, e la dopamina, definita molecola del piacere. La citisina va a legarsi a quei recettori – con una forza da sette a dieci volte superiore a quella della nicotina – così quest’ultima li trova occupati. Ciò provoca una sorta di effetto rimbalzo che si manifesta con una sensazione di nausea che, a lungo andare, porta all’abbandono del fumo. La citisina simula l’azione della nicotina, regalando appagamento ma senza la dipendenza legata alla dopamina».

La Sitab (Società italiana di tabaccologia), di cui lei è presidente eletto, ha messo a punto il percorso di disassuefazione con la citisina. Come si articola?
«Lo schema terapeutico di 40 giorni permette al paziente di smettere quando si sente pronto e mantenere l’astensione dal fumo senza troppe difficoltà. Su indicazione dello pneumologo, si prende la citisina per una settimana, aumentando il dosaggio quotidiano giorno per giorno. Poi, dall’8° al 14° giorno, c’è una fase di stabilizzazione, in cui si abbandona la sigaretta: ogni paziente smette in un giorno diverso, quando se la sente. Infine, dal 15° al 40° giorno, si scala il farmaco riducendo gradatamente il dosaggio giornaliero».

Questo farmaco è a carico del paziente?
«Per ora purtroppo sì. Il farmaco generico (Difucitan), in commercio da ottobre del 2023, ha un costo di circa 100 euro per ogni confezione da 100 compresse: per completare il ciclo terapeutico da noi attualmente utilizzato ne servono due e a volte rinnoviamo la prescrizione per sostenere il paziente nella fase di mantenimento. La questione della rimborsabilità da parte del Servizio sanitario nazionale è molto urgente e sarà la nostra prossima battaglia come Istituto nazionale dei tumori e Sitab, almeno per le categorie più fragili: i malati di broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco), i cardiopatici e gli oncologici. Ricordo che nove tumori al polmone su dieci sono attribuibili al fumo, ma anche molte altre malattie croniche e la maggior parte dei disturbi cardiaci».

Nel Centro antifumo utilizzate anche altri farmaci oltre alla citisina?
«L’altro farmaco che utilizziamo, anche se in percentuale minore, è il bupropione. Si tratta di un dopaminergico puro, più adatto, per il suo effetto antidepressivo e anoressizzante, alle persone un po’ depresse e sovrappeso. Dato che però può presentare diversi effetti collaterali, come insonnia, agitazione, ansia e aumento della pressione arteriosa, selezioniamo con molta attenzione i pazienti a cui prescriverlo. E in quei casi i risultati sono decisamente buoni».

Le terapie nicotiniche, cioè gomme da masticare, cerotti, inalatori, spray sublinguali e caramelle, possono aiutare a smettere?
«Dipende. Se si prende la citisina, che è antagonista della nicotina, in genere non si utilizzano, tranne in casi particolari, nei momenti di crisi dopo lo stop fumo. Se invece si prende il bupropione, sono perfettamente associabili fin dall’inizio del trattamento».

Il farmaco basta da solo per dire addio alle sigarette?
«La motivazione è la spinta primaria necessaria e il supporto psicologico è fondamentale. Per questo il nostro servizio di counseling è parte integrante del programma di disassuefazione e andrebbe ancora potenziato. Perché si smette, ma magari poi si ricade. E da soli non si riesce sempre a rialzarsi».

Che cosa dice ai suoi pazienti per indurli ad abbandonare il fumo?
«Che hanno molto da guadagnarci. La voglia di smettere di fumare non dovrebbe partire solo dalla paura di ammalarsi, ma anche dal desiderio di liberarsi da una schiavitù che condiziona la vita. Il fumo prosciuga le energie e riduce la massa magra, per cui senza nicotina tutto l’organismo incamera più ossigeno, migliora la pelle, i muscoli aumentano e cresce la resistenza agli sforzi e la capacità di fare attività fisica. In due parole smettere di fumare fa diventare più belli. Fuori e dentro».

Si ingrassa?
«Non necessariamente. Dopo un iniziale rallentamento, il metabolismo riparte. Al Centro antifumo forniamo le indicazioni per una dieta che consenta di non mettere su chili».

Premiate anche quelli che passano alla sigaretta elettronica?
«Dipende, premiamo chi utilizza la e-cig a patto che sia con i liquidi senza nicotina, non chi usa i dispositivi a tabacco riscaldato come l’iQOS, le Glo e le Ploom».

La e-cig è un’alternativa valida alla sigaretta?
«È una questione delicata e complessa. Da pneumologo devo ricordare che quelle elettroniche sono sigarette a tutti gli effetti, non sono affatto innocue, né per chi le usa né per chi gli sta accanto. I nostri studi nel laboratorio dell’Istituto nazionale dei tumori, realizzati con l’Università della California del Sud di Los Angeles, hanno evidenziato come l’aerosol emanato dalle e-cig sprigioni quantità significative di metalli pesanti, addirittura quattro volte più nichel delle sigarette tradizionali, oltre ad altre sostanze tossiche, come l’acroleina, e cancerogene, come la formaldeide».

Però in alcuni casi anche voi ricorrete a questi dispositivi…
«Mi è capitato di suggerire ad alcuni di sostituire la sigaretta con una e-cig, almeno per qualche tempo e con un dosaggio di nicotina via via minore mese dopo mese, ma è una scelta da riservare a situazioni particolari, per esempio con soggetti poco motivati a una cessazione immediata e definitiva. Tuttavia, dobbiamo considerare questo compromesso non come una vittoria, bensì come una sconfitta».

E le iQOS? Quelle sigarettine con cui si ricaricano i congegni elettronici simili a penne?
«Nei dispositivi a tabacco riscaldato, il quantitativo di sostanze cancerogene sprigionate è inferiore rispetto alle sigarette tradizionali in cui c’è combustione del tabacco, ma questo non significa che non ci sia rischio oncologico, come dimostrato anche da recenti studi di genetica. Non sono per niente un’alternativa salutare eppure, così come le sigarette elettroniche coi liquidi, ne fanno uso moltissimi ragazzini. Svapare è di moda, purtroppo, ma non è affatto innocuo».

Il 31 maggio è il No Tobacco day ed è proprio focalizzato sui danni da fumo nei minori…
«La Giornata mondiale senza tabacco è promossa ogni anno dall’Organizzazione mondiale della sanità. È dovere degli operatori sanitari proteggere i bambini non solo dai danni del fumo passivo ma anche da quelli del fumo attivo. L’età pediatrica è ad alto rischio: oggi si inizia a fumare intorno ai 13-14 anni, in particolare per le ragazzine molto più di quanto avvenisse anni fa. Non possiamo assolutamente abbassare la guardia».