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Alice Di Pietro, giornalista scientifica e manager dell'azienda cosmetica Skinius (foto Fermento Studio)
Sul web, i falsi miti sulla cura della pelle si moltiplicano velocemente: basta un video virale per trasformare in “verità” consigli privi di fondamento scientifico. Alice Di Pietro li smonta da anni, prima come divulgatrice scientifica e attraverso la stampa e i social, poi come imprenditrice nei suoi tour di formazione scientifica e oggi con il libro Partner in shine (Piemme), dove offre strumenti pratici per costruire una skincare consapevole, gentile, efficace e libera da inganni. Il titolo nasce proprio «per celebrare tutte le persone preziose che ci spingono a essere il meglio di noi», come spiega l’autrice. In questa intervista sgretola almeno otto credenze a proposito della skincare.
La manager della cosmetica ha fatto della sensibilità – della pelle e dell’anima – la sua bussola professionale. Oggi siede nel consiglio di amministrazione di Skinius, l’azienda dermocosmetica di famiglia specializzata in prodotti destinati a farmacie e parafarmacie, e compare nella lista delle Unstoppable Women, che valorizza le donne capaci di generare un impatto concreto nella società e di promuovere la parità di genere. Con uno sguardo che intreccia scienza e visione, ricorda che prendersi cura della pelle significa, in fondo, imparare a raccontarsi.
Alice Di Pietro, iniziamo a smantellare alcune convinzioni prive di fondamento sulla cura del viso. Nel suo libro smentisce, per esempio, che crema e siero siano interscambiabili e che il loro ordine non conti.
«Sì, esatto. La prima cosa è capire ciò che serve davvero alla propria pelle. Non è detto che sia sempre necessario utilizzare sia il siero sia la crema: a volte può bastare uno dei due, in base a fattori come l’età, la stagione o le condizioni ambientali. Ogni formula ha una funzione specifica e, se combinate, vanno applicate seguendo la logica della stratificazione: prima le texture più leggere e acquose, come i sieri, poi quelle più ricche ed emollienti, come le creme. Così i principi attivi agiscono al meglio e la skincare diventa una routine armoniosa ed efficace».


La copertina del libro di Alice Di Pietro Partner in shine, appena edito da Piemme Mondadori
E la maschera viso è inutile?
«No. Il suo beneficio deriva dalla quantità di prodotto e dal tempo di posa, circa 10-15 minuti, che creano una barriera temporanea sulla pelle. È un trattamento intensivo che non sostituisce ma potenzia la routine quotidiana, da usare 2-3 volte alla settimana secondo necessità e indicazioni del prodotto».
Alcuni consigliano di mescolare più prodotti cosmetici in casa per potenziarne l’efficacia.
«Assolutamente no. Mescolare cosmetici per creare una formula “personalizzata” non aumenta l’efficacia, anzi: si crea un prodotto nuovo, mai testato per sicurezza, che può provocare irritazioni o reazioni allergiche. La normativa europea sconsiglia fortemente queste pratiche. Ogni prodotto è formulato con un bilanciamento specifico: alterare una formula significa rischiare che le sostanze diventino instabili o dannose per la pelle».
Molti influencer sui social promuovono gli integratori di collagene per far sparire rughe e perdita di tono. È così?
«Gli integratori di collagene vengono digeriti in amminoacidi e non è certo che vadano a ricostruire il collagene nella pelle: l’organismo li utilizza dove serve. La loro efficacia resta dibattuta e le perplessità scientifiche sono molte. Ognuno può sceglierli secondo il proprio pensiero, ricordando che talvolta anche l’effetto placebo contribuisce al benessere».
Si sente dire che la pelle si abitua ai prodotti skincare e che con il tempo smettono di funzionare: bisogna cambiare?
«No, la pelle non diventa “immune” ai prodotti né si sviluppa assuefazione. Ciò che cambia è il contesto cutaneo: stagione, stile di vita, fluttuazioni ormonali o condizioni dermatologiche possono modificare la percezione del prodotto. Il principio attivo resta efficace e la costanza nell’uso della formula giusta, soprattutto per le pelli sensibili, è fondamentale. Con il tempo i miglioramenti non si esauriscono, ma si consolidano».
Sul web circola la tendenza della caveman skincare, che invita ad azzerare l’uso di prodotti. Meglio lasciare la pelle al naturale?
«La caveman skincare, che invita a rinunciare a detergenti e creme, è una moda rischiosa. L’assenza di igiene può causare dermatite neglecta, che si manifesta con chiazze scure, ispessimento, sebo e cattivo odore. La pelle non va bombardata di prodotti, ma neppure dimenticata: ha bisogno di gesti semplici, equilibrati e costanti, che la detergano, la idratino e la proteggano».
Spesso si pensa che la skincare riguardi solo le donne. Ma gli uomini?
«La cute maschile presenta alcune differenze, come uno spessore leggermente maggiore e più collagene, ma ciò che conta sono le esigenze della pelle, non il genere. La qualità e l’efficacia del cosmetico fanno la differenza, non il colore del flacone o l’etichetta “per lui”».


Di Pietro ha ricevuto nel 2024 il Premio Speciale WE Award dei quotidiani Il Sole 24 Ore e Financial Times ed è stata inserita nella lista Unstoppable Women di Startupitalia, riconoscimenti che celebrano le donne con un impatto reale nella società e promuovono la parità di genere.
Una moda preoccupante riguarda l’uso di cosmetici ancora prima della pubertà. Che consiglio dà ai genitori?
«Il fenomeno dei giovanissimi che si avvicinano alla skincare è cresciuto con i social e può trasformarsi in un rischio concreto. L’uso improprio di ingredienti come retinolo o acidi esfolianti, formulati per pelli mature, può infatti risultare dannoso: la pelle di bambini e preadolescenti è molto più sensibile e vulnerabile, quindi facilmente soggetta a irritazioni».
È possibile che prendersi troppo cura della pelle diventi un problema?
«Sì, se la skincare diventa un’ossessione e il desiderio di avere la pelle perfetta si trasforma in ansia continua, si rischia di entrare in un circolo vizioso chiamato dermoressia o cosmeticoressia. Non sono ancora riconosciute nei manuali diagnostici, ma dermatologi, psicologi e medici estetici le conoscono bene. Chi ne soffre sviluppa una compulsione dove la routine quotidiana non lascia spazio all’ascolto della pelle né al proprio benessere. È un fenomeno da conoscere e affrontare con trasparenza: la bellezza non dovrebbe mai diventare una gabbia».
Si parla di “over skincare”, cioè di un eccesso di prodotti e trattamenti cosmetici: quali segnali indicano che si sta esagerando?
«Segnali chiari: pelle che tira dopo la detersione, prurito, arrossamenti, calore, pizzicore o bruciore. La pelle che brucia non funziona meglio, sta soffrendo. Un cosmetico efficace lavora con delicatezza, non con aggressività. Prendersi cura della pelle non significa inseguire la perfezione, ma coltivare gentilezza: verso sé stessi, il proprio corpo e ogni gesto che scegliamo per sentirci bene».
Lei scrive che la skincare consapevole può aiutare a ridurre lo stress.
«Sì, questo non è un falso mito, anzi. Prendersi cura della pelle non riguarda solo l’estetica: i gesti quotidiani diventano rituali che aiutano a rallentare, ritrovare un momento di benessere e ridurre la tensione. Anche solo dieci minuti di maschera, accompagnati da musica o lettura, possono trasformare la skincare in una vera ancora di equilibrio, favorendo una sensazione di ascolto e cura di sé».
Che cosa si tende a dimenticare la mattina?
«Una buona protezione solare. Una crema idratante con un fattore di protezione o un make up con filtro non sempre bastano. Per essere efficace, il solare va applicato in quantità adeguata e riapplicato ogni due ore. Altrimenti, l’Spf indicato in etichetta rischia di restare solo teorico. Il fotoprotettore puro dovrebbe sempre rappresentare l’ultimo gesto della skincare mattutina».
Lei parla di skin longevity: cosa significa prendersi cura della pelle pensando al lungo termine?
«È come l’igiene orale, iniziare presto costruisce basi solide. La pelle cambia con il tempo: volume, elasticità, rughe ed espressioni raccontano le nostre esperienze. La skincare deve crescere con noi, sostenendo i processi di rigenerazione e aiutando la pelle a esprimere sempre la sua versione migliore. Accettare il tempo che passa e adattare la routine in modo consapevole migliora il rapporto con il proprio corpo e favorisce un benessere psicologico più profondo».
Nel libro racconta di avere una pelle ipersensibile e reattiva: come ha trasformato una fragilità in forza professionale?
«La pelle è stata la mia prima maestra. Fin da ragazza ho dovuto trattarla con estrema delicatezza, perché ogni deviazione dalla routine significava disagio. Con il tempo ho capito che quella che io percepivo come debolezza poteva diventare una risorsa: la sensibilità cutanea è un linguaggio che invita ad ascoltarsi. Dai 15 ai 25 anni ho convissuto con una forma importante di acne, un’esperienza non solo estetica ma anche emotiva. Ti senti osservata e giudicata solo per quello che hai sul viso. Anche questa esperienza mi ha insegnato empatia e accoglienza. Oggi, in farmacia, non offro solo un prodotto: offro comprensione. Chi ha una pelle fragile vuole prima di tutto essere ascoltato».
È l’obiettivo di Skinius, giusto?
«La nostra azienda dermocosmetica ha trasformato la farmacia in un luogo di consulenza sicura per chi ha la pelle sensibile. I professionisti aiutano a scegliere i prodotti giusti grazie a strumenti innovativi come Epigenya, un nuovo metodo di analisi della pelle pensato per figure non mediche. Nelle farmacie convenzionate è possibile fare consulenze con farmacisti, estetisti o cosmetologi formati, trasformando la skincare in un gesto efficace e duraturo».