In principio si ode un rumore rauco e gorgogliante, seguito da un fischio che sul finire diventa quasi un sibilo. Una sequenza che si ripete per tutta la notte, ancora e ancora. È il russamento cronico, roncopatia in termini scientifici, una patologia così diffusa che coinvolge quasi l’80% degli uomini, in particolare ultracinquantenni e sovrappeso, e circa il 70% delle donne, soprattutto dopo la menopausa.
Bisogna sopportare? No, il problema si può risolvere. «I rimedi esistono ed è opportuno capire da che cosa dipende», dice Carolina Lombardi, direttrice del Centro di medicina del sonno dell’Istituto Auxologico di Milano, dove è stata appena fondata l’Accademia italiana di roncologia. Nel Centro diagnosi e cura della roncopatia dell’Auxologico Capitanio, diretto da Fabrizio Salamanca, si possono prenotare visite otorinolaringoiatriche per russamento semplice o patologico, per apnee ostruttive del sonno, per ostruzione nasale e respirazione orale durante il sonno.
Il russamento, tra l’altro, può interessare anche i bambini, a causa sia di obesità sia di un’ipertrofia delle tonsille e delle adenoidi.

La visita specialistica
La roncopatia negli adulti può presentare diversi livelli di gravità. Quello semplice è determinato dall’avvicinamento delle pareti muscolari della gola, che rende più difficile il passaggio dell’aria, facendo vibrare le strutture molli delle prime vie aeree, tra cui tonsille, ugola, base della lingua, e producendo il caratteristico rumore.
Quando l’avvicinamento diventa un’occlusione, si manifestano le apnee ostruttive, ovvero temporanee interruzioni della respirazione, associate a una riduzione dell’ossigeno nel sangue (ipossia). In base alla classificazione internazionale, possono essere di grado lieve (5-15 episodi in un’ora di sonno), di grado intermedio (15-30 episodi) o di grado severo (oltre i 30).
«Dopo un’accurata visita, lo specialista prescrive una polisonnografia, un test che, attraverso appositi sensori, registra l’andamento e le variazioni di alcuni parametri, come ventilazione, ossigenazione, frequenza cardiaca», spiega l’esperta. «Una volta definita la severità del disturbo, può essere utile effettuare una sleep endoscopy, una speciale endoscopia che, durante un periodo di sonno di circa 15 minuti farmacologicamente indotto, identifica le alterazioni anatomiche delle prime vie aeree responsabili del problema. Una diagnosi corretta è fondamentale per decidere il successivo approccio terapeutico».

È importante indagare. «Le conseguenze della roncopatia, soprattutto se associata ad apnee ostruttive nel sonno, includono stanchezza al risveglio ed eccessiva sonnolenza diurna, ma anche malattie a carico dei sistemi cardiovascolare e cerebrale», mette in guardia Lombardi.

Trucchi e strumenti soft
Dunque, che si può fare? «Nelle forme semplici di russamento, invitiamo anzitutto i pazienti a modificare la propria alimentazione con l’obiettivo di ridurre sovrappeso o obesità, reflusso gastroesofageo, allergie o intolleranze, tutti fattori che tendono a peggiorare il problema», dice Lombardi. «A volte questi disturbi si manifestano solo da supini, quando si dorme a pancia in su, perché tale posizione può favorire il collasso delle vie aeree superiori a causa della forza di gravità, portando anche a episodi di apnea ostruttiva».
Per scoraggiare la posizione supina esistono vari dispositivi, alcuni dei quali validati da studi scientifici. Ecco quali sono quelli più utilizzati.
Pallina sulla schiena. Questo metodo “fai da te” prevede di attaccare una pallina da tennis sul dorso, in modo da incoraggiare la persona a girarsi su un fianco. Sebbene sia una soluzione semplice ed economica, può risultare scomoda o inefficace.
Fasce indossabili con dissuasori. Sono una sorta di zaini imbottiti oppure dotati di un inserto rigido o gonfiabile (per esempio, un pallone o un cuscino di forma cilindrica o sferica), posizionati sulla schiena, in modo da disincentivare la posizione supina.
Dispositivi con sensori. Si tratta di dispositivi, come il Sleep position trainer o il Night shift sleep positioner, progettati per monitorare la posizione durante il sonno. Indossati attorno al collo o al torace, vibrano delicatamente quando rilevano che il paziente è supino, spingendo al cambio di posizione senza disturbare troppo il sonno.
Braccialetti elettronici. Si tratta di dispositivi da indossare al polso, dotati di sensori che rilevano il russamento. Quando viene identificato un episodio, emettono una leggera vibrazione o un impulso elettrico per stimolare la persona a cambiare postura.
Cerotti e dilatatori. I cerotti esterni, come Breathe right strips, sono strisce adesive flessibili che, se applicate sul naso, sollevano delicatamente le narici, aumentando il flusso d’aria. Uno studio del 2016, pubblicato su Pulmonary Medicine, ha evidenziato che migliorano la respirazione, ma non gli episodi di apnea. In alternativa, i dilatatori nasali interni, come Nozovent, sono piccoli lembi di plastica morbida da inserire nelle narici per mantenerle più aperte e incrementare il flusso d’aria. Anche questi ultimi possono aiutare a ridurre il russamento, ma non sono utili in caso di apnee notturne.

Dormire bene

Quali molecole aiutano a combattere l’insonnia

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I dispositivi medici
Se, nonostante questi accorgimenti, il problema non si risolve, è necessario provare dispositivi medici più complessi, soprattutto nelle forme di apnea più severe.
Cpap. Il rimedio tuttora più efficace e utilizzato è il ventilatore a pressione continua positiva (Continuous positive airways pressure, Cpap), che forza il passaggio dell’aria, impedendone le interruzioni. Il dispositivo è costituito da una turbina che spinge l’aria attraverso le narici tramite l’applicazione di una maschera che si appoggia sul naso o su naso e bocca. È fondamentale scegliere bene il tipo di maschera e identificare correttamente, insieme al medico, la pressione che il dispositivo deve erogare per ottenere il massimo beneficio sul respiro nel sonno.
Bite. In alcuni casi possono essere utilizzati i dispositivi di avanzamento mandibolare (Mad, mandibular advancement device), che vengono confezionati da odontoiatri esperti in disturbi del respiro nel sonno. Il principio di funzionamento è lo spostamento di pochi millimetri in avanti della mandibola rispetto alla mascella durante il sonno, in modo da favorire la pervietà delle vie aeree.

Le opzioni chirurgiche
In alcune situazioni può essere necessario valutare terapie alternative, anche chirurgiche, che devono però essere personalizzate per ogni singolo paziente e talvolta associate ad altre terapie non chirurgiche.
Decongestione dei turbinati. «Molti pazienti roncopatici presentano ostruzione nasale durante il sonno causata dall’ipertrofia dei turbinati, ovvero dall’aumento di volume della mucosa che riveste alcune piccole strutture ai lati delle fosse nasali», spiega Fabrizio Salamanca, otorinolaringoiatra e direttore del Centro roncopatia dell’Auxologico. «In questo caso è possibile associare alla sleep endoscopy un intervento mininvasivo con radiofrequenza finalizzato alla decongestione del naso. La procedura tende a regolarizzare il flusso dell’aria e a migliorare il respiro, soprattutto durante il sonno, anche se da sola difficilmente è sufficiente a risolvere il russamento e le apnee. Comunque, la disostruzione permette una migliore efficacia dell’eventuale successiva terapia con Cpap o con dispositivi orali».
Faringoplastica. È un intervento che rimodella l’orofaringe, ovvero il tratto delle prime vie aeree più coinvolto, insieme alla base della lingua e all’epiglottide, nell’origine del russamento e delle apnee ostruttuve. In seguito all’operazione, i muscoli smettono di collassare o vibrare, inibendo così il russamento.
Chirurgia dell’epiglottide. Questa struttura cartilaginea posizionata alla radice della lingua serve a chiudere la trachea durante la deglutizione, impedendo che cibi e saliva si riversino nelle vie aeree. «Spesso è coinvolta nel russamento o nell’apnea ostruttiva perché viene “risucchiata” durante l’inspirazione e blocca il respiro mentre si dorme», chiarisce l’otorinolaringoiatra. «In proposito, ho elaborato una nuova tecnica chirurgica mininvasiva chiamata Epiglottis stiffening operation (Eso), ovvero una procedura di irrigidimento dell’epiglottide: tale intervento si è rivelato sicuro, semplice, privo di complicanze e soprattutto efficace nel risolvere il collasso epiglottico. Attualmente è la procedura epiglottica roncochirurgica più diffusa al mondo».
Chirurgia della base della lingua. Si tratta di un intervento che utilizza il robot o il laser (per esempio, al CO2) per ridurre il volume della base linguale. In alternativa, è possibile effettuare un intervento di chirurgia al plasma detto di coblazione, attraverso un apposito dispositivo che genera una corrente elettrica a bassa temperatura e che consente di rimuovere, attraverso l’aspirazione, il tessuto in eccesso, minimizzando gli eventuali danni.
Chirurgia del massiccio facciale. «In casi selezionati, in collaborazione con i chirurghi maxillo-facciali, si possono effettuare interventi finalizzati ad ampliare la struttura ossea delle prime vie aeree», prosegue Salamanca. «In particolare, si può eseguire l’avanzamento bimascellare, che riguarda sia la mascella sia la mandibola, oppure l’osteodistrazione mandibolare, che interessa solo la mandibola. I pazienti che si sottopongono a questa operazione, oltre a guarire, appaiono ringiovaniti perché vengono posti in tensione i tessuti molli del volto, come avviene durante un lifting generalizzato».