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Paola Formica
Io e mio marito stiamo valutando di iscrivere la nostra ragazza di 13 anni a un corso di nuoto, perché le è stata riscontrata una leggera scoliosi e non vorremmo che, con la crescita, la situazione finisse per peggiorare. L’unico ostacolo è la paura dell’acqua di nostra figlia, per cui vorremmo chiedere a un esperto di BenEssere se il nuoto è indispensabile o se ci sono alternative valide per contenere la scoliosi.
Veronica L., Perugia
La risposta di Francesco Negrini, fisiatra dell’Istituto scientifico italiano della colonna vertebrale (ISICO) e degli Istituti scientifici Maugeri di Tradate (Varese)
Gentile lettrice, non è necessario far praticare nuoto a sua figlia. In passato si era convinti che questa pratica permettesse di correggere la scoliosi per effetto della spinta di Archimede, ma la colonna vertebrale è progettata per affrontare la forza di gravità e a questo la si deve allenare. Come confermato anche da uno studio pubblicato sul Journal of Pediatrics, il nuoto non va inteso come un correttivo.
Detto questo, la piscina non è vietata, come non lo è lo sport in generale a livello non agonistico. Anzi, l’attività fisica è un modo per migliorare le capacità neuromotorie del corpo in crescita dell’adolescente, perché rafforza le qualità fisiologiche di base della colonna vertebrale in difficoltà e inoltre riduce gli effetti collaterali del corsetto, quando è previsto il suo uso. Il consiglio è comunque quello di farsi seguire da uno specialista e concordare tipologia e intensità degli allenamenti.
Si presenta durante la crescita
Approfitto della sua domanda per chiarire alcuni punti importanti sulla scoliosi, la deformità laterale della colonna vertebrale che colpisce circa il 3% della popolazione, con una prevalenza nel sesso femminile, e che si presenta quasi sempre durante la crescita, progredendo fino alla maturazione ossea (intorno ai 20-25 anni d’età).
Nell’80-85% dei casi la scoliosi è idiopatica, termine che indica che per il momento le cause non sono conosciute: l’unico aspetto certo è la familiarità, ovvero sono più a rischio i bambini e i ragazzi che hanno parenti con scoliosi. Nel restante 15-20% dei casi, invece, la curvatura della colonna è conseguente a malattie congenite, neurologiche o ad altre patologie.
Spesso priva di sintomi
La scoliosi è in genere priva di sintomi, ma fornisce alcuni segnali, quali l’asimmetria (in particolare di fianchi, scapole o spalle) e la deformità visibile. Durante lo sviluppo la patologia viene scoperta spesso in modo casuale o tramite un controllo per svariate cause. Quando però la deviazione della colonna è molto accentuata (oltre i 30° Cobb, l’unità di misura della curvatura), la scoliosi può provocare mal di schiena e l’evoluzione proseguire in età adulta causando deformità progressiva e a volte problemi cardiorespiratori.
I test per la diagnosi
La diagnosi precoce è importante e una visita pediatrica è in genere in grado di individuare le curvature della colonna. I genitori possono controllare la schiena dei figli e fare anche a casa propria il bending test, una prova molto semplice. In piedi, si fa piegare in avanti il busto del ragazzo, con il capo chino, le braccia rilassate e le gambe dritte. Se, osservando la colonna, si evidenziano dei gibbi, ossia la marcata sporgenza di una o più vertebre, è il caso di prenotare una visita specialistica. La conferma della scoliosi si ha con una semplice radiografia del rachide.
Per ridurre l’esposizione alle radiazioni e riservare le lastre ai soli casi indispensabili, un team di ricerca guidato da me ha testato un innovativo metodo di analisi basato sull’intelligenza artificiale, realizzabile presso i centri ISICO: la sperimentazione su oltre 10mila pazienti ha dato buoni risultati, pubblicati sulla rivista European Spine Journal.
La fisioterapia su misura
Il primo step terapeutico è la fisioterapia. Non esistono esercizi standard validi per tutti, è importante che i movimenti vengano assegnati dal fisiatra tenendo conto di tutte le caratteristiche individuali. È il cosiddetto approccio scientifico con esercizi alla scoliosi (SEAS, Scientific Exercise Approach to Scoliosis), che opera mediante esercizi specifici in continua evoluzione grazie alle conoscenze e alle evidenze scientifiche più aggiornate. Dopo una serie di sedute di apprendimento è possibile svolgere gli esercizi anche da soli a casa. Il programma di lavoro in genere va eseguito per 20 minuti cinque giorni alla settimana, con controlli periodici.
I nuovi tipi di corsetto
Con curvature superiori ai 20° può essere indicato il corsetto, un dispositivo medico prescritto dall’ortopedico o dal fisiatra e realizzato su misura da un tecnico ortopedico. Nei casi meno gravi si può utilizzare il modello SpineCor, elastico e praticamente invisibile, ma non rimborsabile dal Servizio sanitario nazionale. Altrimenti bisogna indossare un corsetto rigido di ultima generazione, leggero e realizzato con materiali quali polietilene o policarbonato.
Il gesso è eventualmente riservato solo ai bambini piccoli, anche se sono documentati gli stessi risultati con un corsetto super rigido.
L’intervento è l’artrodesi
Nei casi in cui fisioterapia e corsetto non raggiungono risultati apprezzabili, e la scoliosi superiore ai 40° impatta fortemente sulla qualità della vita, si può valutare l’intervento chirurgico. L’operazione, chiamata artrodesi, consiste nel fissare due barre di titanio alla colonna, per raddrizzarla, agganciandole a viti ancorate alle vertebre.
Si esegue in anestesia totale, richiede una convalescenza di un mese e almeno due mesi di riabilitazione ed è un intervento molto delicato perché si opera in prossimità del midollo spinale, anche se oggi, rispetto al passato, è molto ridotto il rischio neurologico di paralisi.