Un’assenza di suono che ti rende più presente al mondo. Questo è il silenzio. Assenza solo apparente, perché, come cantavano sessant’anni fa Simon & Garfunkel, il suono del silenzio esiste. Secondo uno studio (pubblicato sulla rivista Pnas), il nostro cervello lo percepisce e lo elabora nello stesso modo in cui analizza i rumori. Ed è una vera manna per i neuroni.
Due ore di silenzio al giorno sviluppano la formazione della memoria, com’è stato mostrato in un altro lavoro (condotto da Imke Kirste, dell’americana Duke University).

Salute e medicina

Gli odori sono collegati ai ricordi e all’appetito

Gli odori sono collegati ai ricordi e all’appetito
Gli odori sono collegati ai ricordi e all’appetito

Ci sono silenzi che andiamo cercando per il nostro benessere, quando preferiamo raccoglierci. C’è il silenzio più drammatico, che segna la mancanza di qualcuno. E c’è il silenzio come esperienza psicofisica che dà spazio al pensiero e alla riflessione, che ci permette di diventare più presenti a noi stessi ed entrare più in sintonia con gli altri. Se il silenzio esteriore ci consente di sentire quel che la persona dice, il silenzio interiore, che mette da parte credenze e pregiudizi, ci mette in ascolto dell’altro.

L’inquinamento acustico
«È importante cercare l’assenza di frastuono esterno», dice Sabrina Venditti, docente di Genetica molecolare e di elementi di epigenetica ed epigenomica all’Università Sapienza di Roma. «In un mondo iperveloce e super meccanizzato come quello in cui viviamo, l’inquinamento acustico è un ostacolo per il nostro benessere. Gli studi indicano che l’esposizione ad ambienti privi di rumore induce rilassamento, migliora l’umore e combatte lo stress».
Poi c’è la quiete che possiamo creare dentro di noi, nella mente e nel corpo. È uno stato che interferisce con l’attività del cervello, che per sua natura è incessante: un numero infinito di informazioni fluisce senza sosta, tra onde elettriche e neurotrasmettitori che connettono una cellula nervosa all’altra.
«Il silenzio aiuta a dare uno stop alle sensazioni uditive», continua l’esperta. «L’elettroencefalogramma rivela che, quando si entra in uno stato meditativo, si passa dalle onde gamma, ad alta frequenza, alle alfa e le beta, a bassa frequenza, associate a uno stato di veglia più calma e vigile. Possiamo dire che si passa da una situazione più caotica a uno stato di maggiore ordine mentale».
Con il silenzio permettiamo ai nostri discorsi interiori di strutturarsi meglio. Con un impatto importante dal punto di vista cognitivo ed emotivo: maggiore lucidità e capacità di valutazione, tranquillità e rilassamento.

Un aiuto per le difese
«Se da un lato l’attività ininterrotta del cervello è indispensabile al nostro corpo perché l’energia del movimento è alla base della vita stessa, l’attività dei neuroni richiede un grande consumo energetico e produce sostanze potenzialmente nocive come i radicali liberi», aggiunge Venditti. «Sappiamo che lo stress ossidativo è una delle cause della neuroinfiammazione e della neurodegenerazione. Gli studi su chi medita, non a caso, rilevano una maggiore efficacia del sistema immunitario, con conseguente attenuazione dei processi infiammatori e livelli molto ridotti di cortisolo, l’ormone dello stress».
Il silenzio, infine, favorisce la plasticità neuronale, quel processo che avviene per tutta la vita e che è alla base della nostra intelligenza.

Yoga e tai chi
Le pratiche che possono aiutarci a raggiungere uno stato di silenzio interiore, conosciute da tempi antichissimi, si basano prevalentemente sulla meditazione, sia in movimento (dallo yoga al tai chi) sia da fermi. Ma funziona anche qualche strategia casalinga.
«Trovare una pausa in mezzo al rumore di fondo che il cervello produce costantemente comporta un risparmio di energie e ha effetti importanti, come maggiore lucidità e capacità di valutazione», dice la docente. «Per esempio, fermarsi la sera per qualche minuto e cercare di sgomberare la mente dall’eccesso di immagini accumulate nella giornata può aiutarci a rivalutare la giornata stessa, a riordinare le idee, a renderci conto di ciò che è stato centrale e ciò che è stato periferico o marginale, e riconsiderare le nostre priorità per il giorno dopo».
Naturalmente la meditazione condotta per tempi più lunghi e periodi prolungati tende a stabilizzare nel tempo tutti gli effetti positivi legati al silenzio, a cominciare da quello antiaging.
«Non dobbiamo attendere il silenzio, ma dobbiamo andargli incontro», scriveva lo psichiatra Eugenio Borgna, che all’argomento ha dedicato il libro In ascolto del silenzio.
Lo fanno, per esempio, all’Accademia del silenzio di Anghiari, in provincia di Arezzo, passeggiando in silenzio nella natura. «Camminando e tacendo, ci focalizziamo sulle nostre sensazioni e facciamo emergere i ricordi, ci muoviamo nello spazio con il nostro corpo e nel tempo con la mente», racconta Duccio Demetrio, già ordinario di Filosofia dell’educazione all’Università Bicocca di Milano e fondatore dell’accademia. «Poi scriviamo quel che accade. Il silenzio in questo caso diventa un’esperienza autoeducativa, di contatto con la propria memoria. Che ci consente di vivere ancora più intensamente il presente».