Un proposito che tutti dovremmo darci per l’anno nuovo è ridere di più. Ne va del benessere mentale ma, a quanto emerge dagli studi, anche della salute fisica. Più allegri, più sani.
Ridere non è solo la reazione spontanea a qualcosa di divertente, ma un fenomeno biologico che coinvolge corpo e mente, con effetti che la scienza ha imparato a misurare. Dietro il respiro che accelera e i muscoli facciali che si contraggono, si nasconde un meccanismo raffinato, capace di incidere sul nostro benessere fisico e psicologico.
La scintilla si accese nel 1976, quando il giornalista americano Norman Cousins rese nota la sua esperienza sulle pagine del New England Journal of Medicine. Affetto da una grave forma di spondilite anchilosante, raccontò di aver trovato sollievo guardando film comici. Dieci minuti di risate gli permettevano di dormire, senza dolore, per almeno due ore consecutive. Non fu mai chiaro se il miglioramento fosse realmente dovuto alle risate o all’alta dose di vitamina C che stava assumendo in quel periodo, ma il caso destò enorme curiosità e spinse i ricercatori a indagare in maniera sistematica sull’argomento.

Sono tanti i vantaggi
Nel 2010 una revisione pubblicata su Alternative Therapies in Health and Medicine raccolse le principali evidenze disponibili fino a quel momento. I ricercatori descrissero come una risata intensa acceleri il battito cardiaco, aumenti la respirazione e provochi, subito dopo, un rilassamento muscolare capace di abbassare la pressione sanguigna. A questi effetti immediati si aggiungono una migliore circolazione e, nel tempo, una riduzione del rischio di malattie cardiovascolari.

Un anno più tardi arrivarono nuove conferme. Al Congresso della Società europea di cardiologia del 2011 si parlò del fatto che guardare scene comiche induce una dilatazione dei vasi sanguigni che può durare fino a un’ora, mentre le scene di azione producono l’effetto contrario. Nello stesso anno, lo studio Smile, presentato al National Dementia Research Forum, portò risultati sorprendenti: stimolare l’allegria riduceva del 20% l’agitazione nei pazienti affetti da demenza, con un’efficacia paragonabile a quella dei farmaci antipsicotici ma senza effetti collaterali, e con benefici che si mantenevano per oltre sei mesi.

Più forti contro le malattie
I vantaggi della risata non si fermano qui. Secondo uno studio pubblicato su Advances in Physiology Education nel 2017, ridere rafforza il sistema immunitario stimolando la produzione di anticorpi e potenziando l’attività dei linfociti T, fondamentali nella difesa contro infezioni e malattie.
Nel 2022 una ricerca apparsa su BMC Geriatrics ha dimostrato che lo yoga della risata – una pratica che combina esercizi di risata volontaria con tecniche di respirazione e stretching – contribuisce a ridurre i fattori di rischio della sindrome metabolica, con effetti positivi su peso corporeo, indice di massa corporea e livelli di stress.
Ancora, uno studio pubblicato sul Journal of Epidemiology nel 2020 ha evidenziato un’associazione tra la risata regolare e una minore mortalità per tutte le cause, suggerendo che ridere possa addirittura allungare la vita. Ma non è tutto: nel 2014, il Journal of Motor Behavior documentò come una risata intensa coinvolga muscoli addominali, obliqui, diaframma e spalle, rinforzandoli in maniera naturale. E non è necessario condividere il momento con qualcuno: una ricerca pubblicata su Discover Mental Health nel 2025 ha confermato che anche la risata solitaria – quella che nasce leggendo un libro, guardando un film o ricordando un episodio divertente – migliora l’umore, aumenta l’energia e favorisce il rilassamento.

Il riso nasce dal gioco
Se ridere fa così bene, viene naturale chiedersi: perché lo facciamo? «Non è una prerogativa dell’uomo», spiega Fausto Caruana, primo ricercatore dell’Istituto di Neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche di Parma e autore, insieme all’etologa Elisabetta Palagi, del libro Perché ridiamo. Alle origini del cervello sociale (Il Mulino). «Quasi tutti i mammiferi ridono, anche se in modi diversi dai nostri. In genere lo fanno durante il gioco, che spesso negli animali somiglia a una lotta: corse, spinte, morsi simulati. In quei momenti, suoni ed espressioni facciali specifiche comunicano: “Stiamo lottando, ma è per finta”».
Tra i primati più vicini a noi, come bonobo e scimpanzé, gli etologi hanno identificato la cosiddetta play face, una “faccia giocosa” che coinvolge gran parte dei muscoli che attiviamo anche noi quando ridiamo. Espressioni simili si osservano pure in lupi, felini e altri canidi: a volte accompagnate da vocalizzazioni, altre volte ridotte a gesti del volto, come occhi socchiusi o bocca semiaperta.
Dalle scimmie ai carnivori, fino all’uomo, il riso emerge così come un linguaggio sociale, un vero collante che rafforza le interazioni positive. «Persino nel mondo digitale», aggiunge Caruana, «emoji e faccine sorridenti nei messaggi svolgono la stessa funzione: chiariscono le intenzioni, evitano fraintendimenti e consolidano i legami».

Cosa accade nel cervello
A livello cerebrale, la risata nasce dall’intreccio di due “autostrade” parallele. La prima percorre le aree legate alle emozioni: quando si attiva, non solo scatena il riso, ma provoca anche una sensazione autentica di piacere. La seconda attraversa le aree motorie: muove i muscoli del sorriso, ma senza quella scintilla emotiva che rende la risata viva e contagiosa.
«Questa distinzione conferma ciò che la neurologia osserva da tempo», dice Caruana. «C’è una differenza netta tra risata spontanea e volontaria. Nel primo caso entra in gioco l’intero circuito emozionale: gli occhi si stringono, il volto si illumina, il suono esce naturale e ci sentiamo davvero felici. Nel secondo, invece, prevale il controllo motorio: sorridiamo per cortesia o per disinnescare un conflitto, ma senza provare vera gioia».
Al centro di questa rete c’è la corteccia cingolata anteriore, una sorta di cabina di regia che coordina la risata e attiva i sistemi chimici del benessere. Ridere di gusto libera dopamina, che sostiene motivazione e piacere, ed endorfine, veri analgesici naturali. «Ecco perché», continua Caruana, «cerchiamo la compagnia di chi ci fa ridere: diventa un “fornitore” di endorfine. La stessa area regola anche la serotonina, che innalza la soglia del dolore, spiegando come una risata possa alleggerire perfino la sofferenza fisica».

Alleniamo il sorriso
Ma la risata si può allenare? La risposta non è semplice: ogni individuo reagisce in modo diverso, tra risate fragorose e sorrisi più contenuti, a seconda del carattere e anche di differenze anatomiche nel cervello. Non è chiaro se queste diversità siano causa o conseguenza del ridere, ma è certo che il contesto gioca un ruolo fondamentale. «Guardare un film comico da soli funziona, ma in compagnia è più facile lasciarsi andare», assicura Caruana.
Il riso è contagioso e trova la sua massima espressione nell’interazione sociale. Lo psicologo e neurologo statunitense Robert Provine sosteneva che il principale stimolo a ridere non fosse tanto l’umorismo quanto la risata degli altri. «Oggi questa intuizione trova conferma nei neuroni specchio», conclude Caruana. «Nella corteccia cingolata esiste un sistema capace di tradurre la risata altrui in attivazione dei nostri stessi circuiti, scatenando dopamina, serotonina ed endorfine. Ridere insieme, quindi, non solo ci fa sentire bene, ma rafforza i legami che tengono unito il gruppo».