Indipendente e apparentemente schivo, ma anche molto affettuoso, il gatto è una presenza che migliora «il cuore quando il tempo è cattivo», come sosteneva la scrittrice statunitense Judith Merkle Riley. A patto, naturalmente, di non essere allergici. Un fenomeno in crescita.
«Sono sempre di più le persone che si presentano nei nostri ambulatori con questo tipo di allergia, come conferma anche un’indagine realizzata dal mio ospedale in collaborazione con l’associazione di pazienti Respiriamo insieme», dice Giorgio Walter Canonica, senior consultant del Centro di medicina personalizzata: asma e allergologia all’Istituto clinico Humanitas di Rozzano (Milano). A non sopportare la vicinanza dei felini, secondo uno studio pubblicato sulla rivista scientifica di settore Allergy, sarebbe circa un adulto su cinque nel mondo.

Colpa di una proteina, non del pelo
Starnuti, occhi arrossati e lacrimoni: quando compaiono i ca­ratteristic­i sintomi, si pensa che la colpa sia del pelo. In realtà, a causare la reazione allergica è principalmente la proteina Fel d 1 (il cui nome deriva da Felis domesticus, gatto domestico), prodotta dalle ghiandole salivari e sebacee dell’animale, che si accumula nella saliva, nelle piccole scaglie di pelle e quindi anche nel pelo, a causa dell’abitudine dei mici di leccarsi il manto. «Alcuni studi dimostrano che il sesso del gatto è correlato alla produzione di questo allergene», precisa l’allergologo. «In particolare, i maschi non sterilizzati rilasciano livelli più alti della sostanza rispetto ai maschi sterilizzati o alle femmine, indipendentemente dalla sterilizzazione».

Un test del sangue in presenza di sintomi sospetti

Se Fel d 1 è il primo a salire sul banco degli imputati, è pur vero che non è l’unico: ci sono anche l’albumina Fel d 2 e le lipocaline Fel d 4 e Fel d 7, tutti allergeni del gatto che si disperdono con una certa facilità nell’ambiente. Quando una di queste sostanze viene a contatto con una persona allergica, ecco che scatena l’anomala produzione di uno specifico anticorpo, l’immunoglobulina di classe E (IgE), da parte del sistema immunitario. Nel giro di 10-15 minuti, si attiva così la risposta allergica.

Salute e medicina

Vaccino anti-pollini: il metodo migliore per dimenticare rinite e asma

Vaccino anti-pollini: il metodo migliore per dimenticare rinite e asma
Vaccino anti-pollini: il metodo migliore per dimenticare rinite e asma

Tra i sintomi tipici, si annoverano naso che cola (rinorrea), prurito nasale, respiro sibilante, starnuti frequenti, arrossamento e lacrimazione degli occhi, tosse secca. Alcuni individui possono manifestare anche chiazze rosse pruriginose sulla pelle (orticaria). Nei casi più gravi si può innescare l’asma, con difficoltà respiratorie.
Di fronte a questi campanelli d’allarme è bene bussare alla porta dello specialista che, dopo avere effettuato una visita accurata, potrà prescrivere il test Alex (Allergy explorer), un esame ad ampio spettro che, attraverso un prelievo di sangue, consente di misurare la presenza di IgE relative a 295 componenti allergiche, incluse quelle del gatto.

Allergeni trovati anche in Antartide
Se gli accertamenti confermano la diagnosi, è necessario prendere provvedimenti. «Bisognerebbe anzitutto allontanare il gatto per ridurre l’esposizione agli allergeni», suggerisce Canonica. «È vero però che in tanti casi il micio è considerato un membro della famiglia e l’eventualità di separarsene viene scartata a priori. E anche qualora si decidesse di farlo, non è detto che i disturbi spariscano. Di solito si riducono solamente, perché gli allergeni dei felini si fissano con facilità su oggetti e abiti e sono molto resistenti. Possono persistere per anni ed essere trasportati lontano. Sono state rinvenute alcune tracce persino in Antartide, dove i gatti non sono presenti».
Per tenere a bada il problema si può contare su varie terapie. «Per le alte vie respiratorie (naso, faringe, laringe), sono disponibili antistaminici, come la bilastina, per via orale (una compressa al giorno), oppure una combinazione di antistaminici e corticosteroidi, come l’associazione olopatadina e mometasone, sotto forma di spray nasali (un puff per narice mattina e sera)», spiega l’esperto. «Tutti questi farmaci, che sono i più nuovi immessi sul mercato, vantano una maggiore sicurezza ed efficacia rispetto a medicinali simili impiegati in un recente passato. Per le basse vie respiratorie (bronchi e polmoni) si può, invece, utilizzare un corticosteroide per via inalatoria oppure un corticosteroide in combinazione con un broncodilatatore a lunga durata d’azione (12 ore), sempre per via inalatoria. Tra le associazioni ci sono, per esempio, budesonide e formoterolo, fluticasone e formoterolo, beclometasone e formoterolo».
Un’altra opzione è quella di sottoporsi all’immunoterapia, un trattamento che, attraverso la somministrazione al paziente di quantità crescenti di allergene, induce progressivamente una tolleranza da parte del sistema immunitario, con la conseguenza che l’allergia si riduce o scompare del tutto.
«Sebbene ancora non esistano studi registrativi che attestino ufficialmente l’efficacia di questa terapia nel caso dell’allergia al gatto», spiega Canonica, «si tratta di un rimedio valido, che viene prescritto molto frequentemente in Francia e ora anche in Italia e che, per dare risultati, dev’essere protratto per almeno tre anni». Il trattamento può essere effettuato una volta al mese tramite un’iniezione sottocutanea oppure tutti i giorni per via sublinguale.

Consigli per ridurre i sintomi
Oltre ad assumere le terapie adeguate, gli allergici affezionati al proprio micio, che non accettano di metterlo alla porta, dovrebbero seguire alcuni consigli, semplici ma efficaci, per tenere il più possibile alla larga le sostanze responsabili delle reazioni allergiche.
• Lavarsi sempre le mani ed evitare di toccarsi il viso e gli occhi dopo essere stati a contatto con il gatto.
• Fare al micio il bagno regolarmente con uno shampoo specifico, ricorrendo se necessario a un toelettatore professionista. È buona norma cercare di abituare l’animale al trattamento fin dai primi anni di vita, in modo da facilitarne l’esecuzione.
• Rimuovere il pelo con un pettine a denti fini e con una spazzolatura regolare: ovviamente si tratta di un’operazione da fare sempre all’aperto, per evitare che gli allergeni si diffondano tra le mura domestiche.
• Lavare spesso la lettiera e i giocattoli del micio.
• In casa e negli ambienti che si frequentano abitualmente installare filtri Hepa (High efficiency particulate air), ovvero filtri dell’aria ad alta efficienza.
• Pulire di frequente e con attenzione tutte le superfici dell’abitazione.
• Arieggiare la casa per almeno 20-30 minuti al giorno, anche d’inverno, meglio se nelle prime ore del mattino, quando nell’atmosfera è presente una minore concentrazione di particelle inquinanti.

Salute e medicina

Quando le allergie ai pollini s’incrociano con quelle ai cibi

Quando le allergie ai pollini s’incrociano con quelle ai cibi
Quando le allergie ai pollini s’incrociano con quelle ai cibi

Le razze meglio tollerate
Precisiamolo subito a scanso di equivoci: nessuno studio scientifico suggerirebbe un gatto a una persona cui è stata diagnosticata un’allergia. Tuttavia, è vero che non tutti i mici producono le medesime quantità di allergeni. Alcuni ne rilasciano fino a cento volte più di altri. Tra le razze preferibili per chi soffre di un disturbo lieve ci sarebbero, per esempio:
• il Balinese, che rilascia poca Fel d 1;
• il Cornish Rex, provvisto di un sottopelo lanuginoso, che tende a trattenere gli allergeni limitandone la dispersione;
• il Bengala, che è solito leccarsi il manto con meno frequenza rispetto ad altri mici.
Nessuno di questi esemplari è comunque una garanzia. Motivo per cui gli scienziati si stanno dando da fare per mettere a punto una soluzione il più possibile sicura. Uno studio pubblicato nel 2022 su The Crispr Journal e condotto dai ricercatori della Northwestern University di Chicago, negli Stati Uniti, ha dimostrato la possibilità di dare vita, grazie alla modificazione del Dna (tramite il sistema Crispr-Cas9), a gatti che non suscitano reazioni allergiche. Questi esemplari hanno, però, un costo elevato e una sopravvivenza piuttosto breve.
Un’altra possibilità è il vaccino Hypocat da somministrare ai gatti, sviluppato dagli studiosi dell’Università di Zurigo, in Svizzera, e ancora in fase di sviluppo, che promette di rendere i nostri amici a quattro zampe davvero ipoallergenici.