Sono oltre 110mila gli italiani affetti da tumori della testa e del collo, una definizione che, in realtà, mette insieme una serie di diverse neoplasie: della faringe, della laringe, dell’orofaringe, delle ghiandole salivari e del cavo orale. «Ma alcuni si potrebbero prevenire con la vaccinazione Hpv, perché sono causati dal papillomavirus», dice subito Lisa Licitra, direttrice della struttura complessa di Oncologia medica 3, dedicata proprio ai tumori testa-collo, all’Istituto nazionale dei tumori di Milano. «Si dovrebbero sensibilizzare i genitori a vaccinare i propri figli».

Professoressa Licitra, quando vaccinare i giovanissimi?
«In Italia la campagna di vaccinazione, gratuita, è indirizzata agli adolescenti di entrambi i sessi, preferibilmente intorno agli 11-12 anni, prima dell’inizio dell’attività sessuale».

Quali sono i tumori testa-collo?

«Si tratta di una serie di neoplasie che riguardano diverse sedi: il cavo orale, la faringe, la laringe, ma anche le ghiandole salivari. Di recente sono stati aggiunti a questa categoria anche i tumori tiroidei, mentre si escludono quelli di origine cerebrale. Sono quindi tumori che si manifestano in parte nel volto e, nella maggior parte dei casi, hanno metastasi linfonodali che si esprimono a livello cervicale, cioè al collo».

Qual è la loro incidenza?
«Nell’insieme, si tratta del settimo tumore in termini di incidenza in Europa e purtroppo queste neoplasie sono ancora poco conosciute. In realtà vanno considerate “singolarmente”, perché si tratta di malattie ad andamento diverso, con terapie molto differenti tra di loro. Sono tumori più comuni tra chi ha superato i 60 anni, ma si è osservato un recente incremento anche tra i più giovani».

Come si riconoscono? Quali sono i sintomi da non sottovalutare?
«Ci sono cinque segnali di allarme cui prestare attenzione. Prima di tutto le ulcere, piccole ferite facilmente riconoscibili all’interno del cavo orale, o sul dorso della lingua o sulle gengive. Poi c’è il dolore, che a volte può manifestarsi a livello dell’orecchio. Potrebbe essere amplificato dalla deglutizione, ma in genere è indipendente dai movimenti della bocca. Da non sottovalutare una eventuale tumefazione al collo, ovvero se il collo si presenta asimmetrico, con gonfiori palpabili e visibili, il che può far pensare a linfonodi ingrossati».

Gli altri due segnali?
«La raucedine, quindi un abbassamento della voce, che persiste da tempo. E infine la difficoltà a deglutire, che può anche essere intermittente e avvenire solo con alcuni cibi o con i liquidi. Quando una o più di queste manifestazioni sono presenti da oltre tre settimane, allora è il caso di interpellare un medico».

Quali sono le cause?
«Un po’ come per tutti i tumori, principali motivi di rischio sono il fumo, l’alcol e, per alcune neoplasie dell’orofaringe, l’Hpv, lo stesso virus che produce il tumore della cervice uterina. Eliminare questi fattori di rischio è sicuramente fondamentale per la prevenzione. Purtroppo non esistono programmi di screening, per cui la tempestività è fondamentale: con la diagnosi precoce, la sopravvivenza è dell’80-90%».

A chi rivolgersi?
«Prima di tutto, occorre chiedere un esame approfondito al proprio medico curante. Sarà lui a indirizzare verso una visita specialistica, quasi sempre con un otorinolaringoiatra».

Che strumenti ci sono per intervenire?
«Chirurgia o radioterapia, se la malattia è presa all’inizio. Poi ovviamente c’è la chemioterapia per i casi più avanzati e, in futuro, potremo contare sull’immunoterapia, che in questo momento viene utilizzata, con risultati favorevoli, soltanto nei casi di recidiva».

La vaccinazione sortirà i suoi effetti?
«Sì. È previsto che il tumore all’orofaringe diminuirà tra i giovani nei prossimi decenni, per i benefici della vaccinazione Hpv, mentre aumenterà nella popolazione over 65, che non è stata vaccinata».

Quali sono le principali novità in questo settore?
«A livello farmacologico, l’utilizzo dell’immunoterapia per le recidive, anche se non ha dato risultati paragonabili al tumore al polmone o al melanoma. E poi la possibilità di identificare con maggior precisione quei pazienti che possono beneficiarne. Anche il settore della radioterapia è ricco di novità, per esempio con i protoni che in casi selezionati sono utili per contenere prevalentemente le tossicità tardive. Nell’ambito chirurgico, infine, ci sono trattamenti sempre più sofisticati, con il robot».

Oncologia

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Che consiglio si sente di dare ai pazienti?
«Può sembrare banale, ma è utile ripeterlo: bisogna rivolgersi a strutture dove lavorano medici con esperienza, che sanno curare questi tumori. La qualità della cura, le tempistiche, la conoscenza della malattia sono fondamentali e fanno la differenza in termini di sopravvivenza. Queste neoplasie richiedono multidisciplinarietà, specializzazione e precisione, perché appunto si tratta di malattie diverse, con terapie diverse. Non fidatevi di chi non ha esperienza».