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La conduttrice di "Amici" Maria De Filippi ha dichiarato, in una puntata del programma Rai "Belve", di prednere ogni sera un farmaco contro il colesterolo alto (foto di Luisa Carcavale)
Durante un’intervista al programma Rai Belve, Maria De Filippi ha dichiarato: «Ho il colesterolo alto per familiarità, tutte le sere prendo un farmaco che mi dà il medico». L’affermazione della conduttrice di Amici richiama l’attenzione su medicinali come le statine, che purtroppo non convincono molte persone a cui invece l’assunzione farebbe bene. Sono da considerarsi salvavita. Un rapporto del 2024 (OsMed, Aifa) stima che le statine prevengano decine di migliaia di infarti e ictus ogni anno in Italia, ma che una scarsa aderenza riduca significativamente l’impatto preventivo.
L’Aifa, Agenzia italiana del farmaco, ha più volte sottolineato che il fenomeno della statinofobia sta diventando un problema di salute pubblica. Le persone non prendono o smettono di prendere le statine, nonostante la prescrizione medica, per:
• paura degli effetti collaterali, soprattutto dolori muscolari, spesso dovuti più a suggestione che a reazioni reali;
• mancanza di sintomi, visto che il colesterolo alto non dà disturbi immediati;
• percezione di benessere («mi sento bene, quindi non serve»);
• influenza delle fake news e di dichiarazioni sui social che amplificano i timori;
• scarsa comunicazione medico-paziente sui benefici a lungo termine.
Secondo le linee guida europee, invece:»
• le statine riducono il rischio di eventi cardiovascolari maggiori del 25–35%;
• il beneficio è più marcato quanto più a lungo si mantiene la terapia;
• l’incidenza di effetti collaterali gravi è inferiore all’1% dei pazienti trattati.
Il meccanismo d’azione
«Questi farmaci sono in uso da oltre 30 anni, con decine di milioni di pazienti trattati nel mondo», dice il cardiologo Lorenzo Brambilla, direttore medico e socio-assistenziale della Fondazione Don Gnocchi. «Mentre gli effetti collaterali gravi sono rari, i benefici sulla prevenzione cardiovascolare sono consistenti, misurabili e duraturi».
Ma che cosa sono le statine? La definizione esatta si legge sul sito dell’Istituto superiore di sanità (Iss): «Le statine sono un gruppo di farmaci utilizzati per abbassare i livelli di grassi nel sangue, cioè di colesterolo e trigliceridi. Circa l’80% del colesterolo nel sangue è prodotto dall’organismo, mentre solo il 20% dipende dall’alimentazione: le statine bloccano un enzima (idrossi-metilglutaril-coenzima A reduttasi) indispensabile per il processo di produzione del colesterolo da parte dell’organismo, riducendo così i livelli del colesterolo Ldl (dall’inglese Low density lipoprotein, lipoproteine a bassa densità). L’assunzione di statine può ridurre del 30-40% il valore di colesterolo totale, rappresentato dalla somma di Ldl e Hdl (dall’inglese High density lipoproteins, lipoproteine ad alta densità), agendo sulla quantità del colesterolo Ldl con una diminuzione anche del 50-60%, mentre i livelli del colesterolo Hdl rimangono invariati o possono, addirittura, aumentare».
In sintesi, le statine sono una classe di farmaci ipolipemizzanti usati per ridurre i livelli del cosiddetto colesterolo cattivo e, in alcuni casi, anche i trigliceridi. «Sono uno degli strumenti più efficaci nella prevenzione delle malattie cardiovascolari associate all’ipercolesterolemia, perché agiscono alla radice del problema, riducendo la formazione delle placche che ostruiscono le arterie e portano a infarto o ictus», continua Brambilla. «Con meno Ldl in circolo, diminuisce il deposito di grassi nelle pareti dei vasi sanguigni. E le statine favoriscono anche un effetto antinfiammatorio e stabilizzante sulla placca, cioè rendono le placche già formate meno fragili, quindi meno soggette a rompersi e provocare trombi. Questo è cruciale, perché la rottura della placca è l’evento che scatena infarti e ictus ischemici».
Per chiarire: le statine non “sciolgono” le placche aterosclerotiche come se fossero calcare nelle arterie, ma ne riducono il contenuto lipidico, ne rallentano la crescita e le rendono più stabili, quindi meno pericolose. «Possono anche ridurre leggermente il volume della placca lipidica già esistente», dice il cardiologo, «soprattutto se la terapia è continuativa e combinata con uno stile di vita sano».
Quando e come si usano
Le statine vengono generalmente prescritte in caso di ipercolesterolemia, anche di tipo familiare (una malattia ereditaria causata da un’alterazione genetica che provoca l’aumento del colesterolo Ldl nel sangue). «Sono raccomandate nelle persone che soffrono di malattie cardiovascolari o che, in assenza di patologia, presentano un rischio medio, o alto, di svilupparla nei dieci anni successivi (per età, sovrappeso, familiarità o altri fattori di rischio)», spiega Brambilla. Quando i cambiamenti dello stile di vita, dalla dieta sana all’attività fisica, non vengono adottati o non sono sufficienti a riportare i lipidi a livelli accettabili, il medico di solito prescrive i farmaci.
«Le statine si presentano sotto forma di compresse da prendere una volta al giorno, sempre alla stessa ora, in genere la sera prima di andare a dormire», dicono gli esperti dell’Iss. «Può capitare di dimenticare di prendere il farmaco all’ora abituale: in questo caso basta riprendere la compressa il giorno seguente alla stessa ora. Se, invece, per errore si prendono più compresse, si deve contattare il proprio medico, o il farmacista, per avere un parere o ci si deve rivolgere a un ospedale». E ancora: «Nella maggior parte dei casi, la terapia con le statine va proseguita per il resto della vita. Se si interrompe, il colesterolo ritorna a livelli elevati entro poche settimane».
L’uso è controindicato nelle persone con gravi malattie del fegato o nel caso in cui si sospetti un problema al fegato per il riscontro di valori alterati delle analisi del sangue. In genere, il medico valuta i risultati delle analisi e indica i controlli da eseguire a distanza di tre e 12 mesi dall’inizio della terapia.
Effetti collaterali comuni
Pur essendo farmaci largamente utilizzati e con comprovata efficacia, le statine possono avere effetti collaterali, che variano da persona a persona e a seconda del tipo di statina utilizzata. Quelli più comuni includono:
• perdita di sangue dal naso (epistassi);
• gola infiammata;
• naso che cola o chiuso (rinite non allergica);
• mal di testa;
• malessere generale;
• disturbi gastrointestinali, quali diarrea, flatulenza, stipsi, difficoltà di digestione;
• dolore muscolare e articolare;
• iperglicemia;
• rischio aumentato di diabete (lieve, e solo per alcune statine ad alti dosaggi; peraltro, con l’adozione di stili di vita sani può essere ben controllato).
«Occasionalmente, le statine possono causare infiammazione e danno ai muscoli», si legge sempre sul sito dell’Istituto superiore di sanità. «Se compare dolore, sensibilità e debolezza muscolare non spiegabili con l’aver eseguito un intenso sforzo fisico, è necessario parlarne subito al proprio medico. In questo caso potrà essere necessario misurare il livello nel sangue della creatinchinasi (Ck), una sostanza rilasciata nel sangue dai muscoli infiammati o danneggiati. Se i livelli dovessero risultare più alti di cinque volte rispetto ai valori normali, il medico potrebbe indicare la sospensione momentanea delle statine e prescrivere un dosaggio più basso».
Oltre al monitoraggio di colesterolo e trigliceridi, anche glicemia e transaminasi vanno controllate per valutare nel tempo l’efficacia della terapia ma anche la tollerabilità dei farmaci.
Le nuove molecole
Le statine rappresentano una pietra miliare nella prevenzione delle malattie cardiovascolari associate al colesterolo alto. «Ma oggi si fa spesso ricorso anche alla loro combinazione con l’ezetimibe», dice il direttore medico della Don Gnocchi. «Questo principio impedisce l’assorbimento a livello intestinale del colesterolo introdotto con gli alimenti. Per i pazienti refrattari a queste terapie o per cui è indicato un drastico calo dei livelli di colesterolo Ldl, da poco c’è anche l’indicazione all’uso degli anticorpi monoclonali, prima impiegati soltanto per trattare i casi di ipercolesterolemia familiare. E c’è anche un farmaco a base di acido bempedoico, un ipolipemizzante di nuova generazione».
I limiti degli integratori
A soffrire di ipercolesterolemia, in Italia, sono quasi tre milioni di persone. Molti di questi, prima di iniziare una terapia farmacologica, cercano una soluzione negli integratori, come il riso rosso fermentato. «Questi integratori hanno dimostrato di poter ridurre del 10-15% i livelli di colesterolo Ldl, ma non ci sono studi che correlino l’assunzione alla riduzione delle dimensioni della placca aterosclerotica e degli eventi cardiovascolari», precisa Brambilla. Anche gli integratori, però, possono dare effetti collaterali.
Durante la puntata del programma Belve in cui intervistava Maria De Filippi, la giornalista Francesca Fagnani ha affermato che assume con regolarità la berberina, un integratore nutraceutico, e l’ha consigliata anche all’ospite. Ha detto: «Io la prendo, funziona», aggiungendo che «è una cosa naturale», «che attiva un enzima che riduce la sintesi del colesterolo nel fegato e anche l’assorbimento a livello intestinale».


Nella puntata in cui De Filippi ha parlato di colesterolo alto, la conduttrice di "Belve" Francesca Fagnani ha detto che il suo rimedio contro i grassi alti nel sangue è un integratore a base di berberina: non vi sono evidenze scientifiche che i soli integratori possano essere efficaci come ipolipemizzanti.
Ne è nata una polemica sui media e sui social, soprattutto perché l’affermazione è stata fatta in un contesto televisivo divulgativo. Alcuni cardiologi hanno sottolineato che la berberina è un integratore con un effetto molto più blando rispetto ai farmaci approvati per ridurre il colesterolo Ldl, come le statine, e che il messaggio “naturale uguale sicuro” può essere pericoloso, se porta a non seguire una terapia farmacologica prescritta.
«Esistono studi clinici che hanno valutato l’efficacia della berberina su lipidi e glicemia, è vero, ma l’efficacia resta molto inferiore a quella delle statine e dei farmaci ipoglicemizzanti tradizionali», specifica Brambilla. Per questo motivo, le linee guida non la considerano una terapia sostitutiva, ma eventualmente un coadiuvante in soggetti con ipercolesterolemia lieve o intolleranza alle statine.











