Un’attività accessibile a tutti, bastano due bastoncini e imparare a tenere il passo giusto. È il nordic walking, la camminata nata in Finlandia negli anni Trenta del secolo scorso come metodo di allenamento estivo degli sciatori di fondo. Da allora, sempre più atleti e dilettanti in tutto il mondo hanno iniziato a praticare questa disciplina che ha attirato anche l’interesse della medicina sportiva: nel corso degli anni, diverse ricerche scientifiche hanno sottolineato i vantaggi di questo tipo di attività che, a differenza della camminata tradizionale senza bastoncini, attiva circa il 90% della muscolatura corporea. Oltre alle gambe, infatti, sono coinvolte le braccia, le spalle e il tronco. Il risultato è che con il nordic walking ci si tiene in allenamento in modo uniforme, senza sovraccaricare le articolazioni, e di conseguenza riducendo il rischio di infortuni. Grazie alla sua efficacia sulla coordinazione, la forza, la resistenza e l’equilibrio, questo sport è oggi riconosciuto come una strategia utile non solo per il fitness, ma anche per la prevenzione di cadute negli anziani e la riabilitazione nelle patologie croniche.

La sperimentazione del centro Santa Maria Nascente
In particolare, nel campo della riabilitazione cardiovascolare il nordic walking sembra presentare vantaggi rispetto ai programmi standard basati sull’allenamento in palestra su tapis roulant e cyclette. Lo si desume dai primi riscontri di uno studio clinico avviato in una delle realtà più importanti del settore in Italia, la Fondazione Don Carlo Gnocchi, presso l’unità di Riabilitazione cardiologica del centro Santa Maria Nascente a Milano, diretta da Nuccia Morici. La ricerca tuttora in corso, su oltre cento pazienti con diabete e obesità reduci da eventi cardiovascolari, mostra benefici misurabili su livelli di infiammazione, parametri metabolici, performance fisica e persino tono dell’umore.

«L’obiettivo del nostro progetto è valutare quanto questo tipo di esercizio possa diventare parte integrante di una strategia terapeutica per pazienti fragili con diabete, obesità e malattie cardiovascolari», spiega Anna Torri, medico internista del centro Santa Maria Nascente della Don Gnocchi di Milano e responsabile dello studio. «Vogliamo migliorare la loro qualità della vita, la funzionalità fisica, metabolica, il controllo dei principali fattori di rischio cardiovascolari, ma anche la partecipazione sociale».

Il team del centro milanese Santa Maria Nascente della Don Gnocchi impegnato nel progetto di riabilitazione con il nordic walking. Da sinistra, gli infermieri Michele Manzi e Irina Petcu, il medico internista Anna Torri che conduce la ricerca, gli altri infermieri Stefania Maletti, Aldo Bulzis e Alessandra Tirrito.
Il team del centro milanese Santa Maria Nascente della Don Gnocchi impegnato nel progetto di riabilitazione con il nordic walking. Da sinistra, gli infermieri Michele Manzi e Irina Petcu, il medico internista Anna Torri che conduce la ricerca, gli altri infermieri Stefania Maletti, Aldo Bulzis e Alessandra Tirrito.

Il team del centro milanese Santa Maria Nascente della Don Gnocchi impegnato nel progetto di riabilitazione con il nordic walking. Da sinistra, gli infermieri Michele Manzi e Irina Petcu, il medico internista Anna Torri che conduce la ricerca, gli altri infermieri Stefania Maletti, Aldo Bulzis e Alessandra Tirrito.

Riduce la paura di muoversi
«Molti pensano che il nordic walking sia solo una camminata con due bastoni», racconta Fabio Pelucchi, istruttore certificato che guida i gruppi di pazienti partecipanti allo studio. «In realtà, è una tecnica precisa che migliora la postura e aumenta il dispendio energetico. Parliamo di un 20-30% di calorie bruciate in più rispetto alla camminata normale. Poi, abbiamo notato che le persone, passo dopo passo, tornano a credere nel proprio corpo. Il nordic walking è un’attività che fa bene anche all’umore, riduce la paura di muoversi e, svolta in gruppo, facilita le relazioni».
Un aspetto chiave è anche la sicurezza e la personalizzazione del percorso, come evidenzia Giampiero Merati, medico dello sport coinvolto nel progetto: «Il nordic walking è una pratica strutturata, sicura, adattabile al livello di ciascun paziente. Permette un’attivazione muscolare completa e progressiva, riducendo il rischio di infortuni. È uno strumento estremamente utile nel passaggio dalla fase clinica alla ripresa dell’autonomia».

Il riscontro positivo dei pazienti
Positivo il riscontro dei pazienti che hanno partecipato alla prima fase dello studio. Marisa, 55 anni, reduce da un infarto, racconta: «Ero molto giù, mi sentivo spenta, pigra, avevo paura a uscire da sola e di sforzarmi troppo dopo l’infarto. Il nordic walking mi ha scrollato di dosso la paura, mi ha dato fiducia soprattutto grazie al movimento sotto controllo medico, insieme ad altre persone, in compagnia. Anche a livello fisico, dopo un periodo in cui faticavo, mi sono sentita molto meglio, mi piacerebbe che diventasse un appuntamento fisso e continuativo».

Un gruppo di pazienti partecipanti allo studio della Fondazione Don Gnocchi
Un gruppo di pazienti partecipanti allo studio della Fondazione Don Gnocchi

Un gruppo di pazienti partecipanti allo studio della Fondazione Don Gnocchi

Anche Pietro, 67 anni, racconta con entusiasmo la sua esperienza. L’unico rammarico, dice, è che il percorso sia durato solo quattro mesi. «È stata un’attività di gruppo molto bella, che ha avuto effetti positivi sul fisico», aggiunge. «La tecnica ricorda lo sci di fondo e, grazie anche al supporto del reparto di Cardiologia, sono riuscito a perdere dieci chili».
Precisa la responsabile del progetto Anna Torri: «È importante sottolineare come il nordic walking sia stato percepito dai pazienti non solo come un’attività riabilitativa, ma anche come un’opportunità di socializzazione, con la formazione di nuove amicizie all’interno del gruppo».

Una terapia sostenibile e replicabile
Oltre agli effetti clinici, lo studio della Fondazione Don Gnocchi sta valutando anche la sostenibilità economica del modello. «Il nordic walking ha costi contenuti e può essere proposto anche fuori dalle strutture sanitarie, con benefici sulla spesa pubblica e sulla qualità di vita dei cittadini», spiega il team di ricerca. Se i risultati finali confermeranno i dati preliminari, la Fondazione Don Gnocchi punterà a diffondere il protocollo su larga scala, integrandolo nei programmi di prevenzione e riabilitazione.

Fitness

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L’iter del progetto in corso
La prima fase del progetto nordic walking, condotto dal team della Fondazione Don Gnocchi grazie al contributo non condizionante di Novo Nordisk, è iniziata nel novembre 2023 in pazienti adulti con diabete di tipo 2 e sovrappeso o obesi che avevano avuto un evento cardiovascolare da almeno tre mesi.
La fase iniziale. Prima di intraprendere l’attività fisica, tutti i pazienti hanno seguito uno schema dietetico personalizzato ipocalorico. Quindi, a giugno 2024, sette pazienti hanno iniziato l’attività di nordic walking. Le prime dieci sedute sono state dedicate all’insegnamento della tecnica corretta di camminata, con il supporto di un istruttore specializzato. Il monitoraggio delle frequenze cardiache è stato effettuato con il supporto continuo di medici del reparto di Cardiologia e specialisti di Medicina dello sport (Silvia De Donato e Andrea Manente), che controllavano i dati in tempo reale su iPad.
Le prime uscite. A partire dallo scorso settembre, le attività di nordic walking sono proseguite in esterno, al Parco delle Cave di Milano, con un calendario settimanale di tre uscite della durata di 90 minuti ciascuna. In questa fase, il percorso è stato esteso progressivamente, partendo da 3 km per arrivare a un totale di 5-6 km. Questo approccio ha visto un crescente grado di autonomia da parte dei pazienti, che hanno acquisito maggiore familiarità con la tecnica. Questo è stato reso possibile grazie alla collaborazione di infermieri specializzati in ambito cardiologico, tra cui Michele Manzi e Stefania Maletti, che hanno seguito i percorsi sia dentro che fuori dall’ospedale.
La parte indoor. Allo stesso tempo, grazie all’impegno di un infermiere della Cardiologia (Aldo Bulzis), un altro gruppo di pazienti ha proseguito il percorso riabilitativo standard presso il centro Santa Maria Nascente, con un programma di riabilitazione cardiologica di 20 o 24 sedute, che includeva l’uso della cyclette o del tapis roulant per 50 minuti al giorno, monitorati telemetricamente e pressoriamente. I pazienti sono anche stati sottoposti a una serie di esami diagnostici, tra cui ecocardiogramma color doppler, test da sforzo iniziale e finale, elettrocardiogramma Holter per 24 ore ed esami ematici comprendenti il profilo lipidico e cardiometabolico.
I controlli. I pazienti sono tornati a distanza di tre e sei mesi dall’intervento riabilitativo e sono stati sottoposti dalle infermiere Irina Petcu e Alessandra Tirrito a una serie di test di follow-up, che includevano il prelievo ematico per la misurazione delle citochine infiammatorie e micro Rna analizzati presso il laboratorio del Don Gnocchi (Hernis Ambra e Marina Saresella). Inoltre, nel corso dello studio, ai pazienti è stata effettuata una valutazione psicologica, una bioimpedenzometria, grazie a Rita Bertoni, le misure antropometriche e test di forza. Questo monitoraggio costante ha permesso di raccogliere dati preziosi per le analisi future, che verranno utilizzati per la valutazione finale del progetto.