È fra i metodi più efficaci e diffusi per una corretta conservazione degli alimenti. Si tratta del freddo, che intrappola le molecole di acqua all’interno del ghiaccio, bloccando così le reazioni chimiche e biologiche che potrebbero favorire la crescita di microrganismi nocivi e deteriorare i cibi.
Ma a quale prezzo? Sotto zero i nutrienti e le caratteristiche organolettiche (sapore e profumi) subiscono modificazioni non sempre rilevanti. Non tutti i trattamenti a bassa temperatura, infatti, hanno le stesse peculiarità. Un conto è la surgelazione, che può avvenire solo a livello industriale, e un altro il congelamento nei frigoriferi domestici.

Le credenze erronee
Agli italiani i surgelati piacciono, e molto. Secondo il sondaggio Italiani e surgelati: #losapeteche? condotto da AstraRicerche per l’Istituto italiano alimenti surgelati (Iias), il 99% della popolazione li consumerebbe e il 39,3% ne avrebbe incrementato l’acquisto negli ultimi cinque anni. Eppure, persistono alcune credenze erronee e a volte la confusione regna sovrana, a cominciare dalla definizione.
La surgelazione è un processo industriale che raffredda molto rapidamente i cibi, portandoli in meno di quattro ore alla temperatura di -18 °C in ogni loro punto, cuore compreso, bloccando lo sviluppo di microrganismi senza comprometterne le proprietà. Infatti, la velocità di raffreddamento fa sì che l’acqua presente all’interno si trasformi in cristalli di ghiaccio piccolissimi, che non riescono a romperne la struttura cellulare e a causare lesioni rilevanti alle cellule. Di conseguenza, gli alimenti mantengono quasi inalterati i loro principi nutritivi e il loro sapore per tutto il tempo di conservazione. «Dal punto di vista nutrizionale, il fresco rimane comunque leggermente superiore al surgelato», spiega Enzo Spisni, responsabile del laboratorio di Fisiologia traslazionale e nutrizione all’Università di Bologna. «Nel passaggio di temperatura si verifica una perdita, seppur minima, di alcuni nutrienti».

Cosa si perde e cosa resta
Per esempio, con la surgelazione se ne va una parte di vitamina C, alleata del sistema immunitario e presente in abbondanza in ortaggi come peperoni, broccoli, cavoli. Il problema, in realtà, non è rappresentato tanto dal freddo quanto dal blanching, ossia la scottatura in acqua bollente o al vapore cui vengono sottoposti gli ortaggi per pochi secondi dopo il lavaggio e prima della surgelazione, allo scopo di bloccare l’attività degli enzimi e dunque fissare il loro colore naturale.
Questo processo riduce anche il contenuto di glucosinolati nella famiglia delle crucifere (cavoli e broccoli), di cui si stanno studiando le proprietà anticancro. A soffrire sono poi i folati di asparagi, spinaci e fagiolini, importanti per formazione dei globuli rossi e implicati in molte funzioni vitali dell’organismo.
Con la surgelazione, invece, non si perdono i carotenoidi, di cui sono fonte i vegetali gialli, rossi e arancioni, le verdure a foglia verde e le patate. Si tratta di composti che l’organismo trasforma in vitamina A, in grado di rafforzare le difese naturali. Nessun problema nemmeno per la vitamina K, necessaria per la coagulazione del sangue e abbondante nei vegetali a foglia verde.
Si salva poi la preziosa fibra, abbondante nei vegetali, legumi compresi, che aumenta la sazietà, nutre il microbiota intestinale e rallenta l’assorbimento di grassi, colesterolo e zuccheri, riducendo il rischio di diabete e malattie cardiovascolari. Non subiscono grandi danni neppure sali minerali, grassi, proteine e carboidrati.

La grande comodità
Il surgelato, quindi, rimane un’ottima scelta. E non solo perché è comodo e fa risparmiare tempo, aiutando a seguire la dieta mediterranea tutto l’anno e consentendo di variare spesso il menù inserendo prodotti fuori stagione. Ma anche e soprattutto perché non sempre il fresco che arriva sulle nostre tavole lo è per davvero.
Pensiamo alle verdure: dal momento della raccolta a quello del consumo subiscono diversi passaggi che possono comprometterne la qualità. È molto più fresco un ortaggio messo sotto zero entro pochissime ore dalla raccolta di uno che viene trasportato per centinaia di chilometri e rimane sul banco del fruttivendolo o in frigorifero per diversi giorni. Infatti, il contatto con luce e aria determina un processo di ossidazione che impoverisce il patrimonio di vitamine e minerali in pochi giorni.
Secondo alcune ricerche dell’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (oggi Crea – Consiglio per la ricerca in agricoltura), dopo tre giorni a temperatura ambiente i broccoli e gli asparagi perdono l’80% di vitamina C, i carciofi il 30%, e gli spinaci il 75% in soli due giorni. Un altro studio dell’Università della California che ha messo a confronto alcuni vegetali freschi del mercato o conservati in frigorifero con altri surgelati, scoprendo che questi ultimi avevano un quantitativo maggiore di vitamina C. «Se nei prodotti freschi si ha un continuo e progressivo depauperamento delle proprietà nutrizionali, nei surgelati si ha solo una piccola perdita iniziale, trascurabile nel computo finale», riassume Giorgio Donegani, tecnologo alimentare, presidente di Iias.

Occhio all'etichetta
Non dobbiamo dimenticare che la maggior parte dei cibi surgelati verrebbe comunque cotta anche nella versione fresca, e spesso per più tempo. «E la cottura è di gran lunga più invasiva della surgelazione», assicura Spisni. «Rispetto a quella determinata dal riscaldamento, la perdita nutrizionale indotta dal raffreddamento è decisamente trascurabile». Per la stessa ragione si consigliano cotture veloci, che contribuiscono a preservare il contenuto residuo delle sostanze benefiche.
Insomma, a conti fatti, i surgelati potrebbero essere qualitativamente superiori ai prodotti freschi quanto a nutrienti (non per il sapore, va detto). E questo vale non solo per gli ortaggi, ma anche per carne, pesce e legumi. L’importante è controllare in etichetta che i piatti pronti non contengano ingredienti poco salutari come zuccheri e grassi aggiunti, additivi e conservanti, e che non siano stati sottoposti a processi sconsigliati come la pre-frittura, tipica di alcuni bastoncini di pesce o di alcuni tipi di patate.

La tecnica per salvare il gusto
Come si prova a salvare il gusto? «Merito soprattutto dell’Iqf (Individually quick freezing), un procedimento che permette di surgelare individualmente i singoli ingredienti, mantenendoli separati l’uno dall’altro», interviene Donegani. «Il risultato è che quando apriamo una confezione di piselli o spinaci ci troviamo di fronte pezzi singoli invece di un unico blocco. In questo modo, durante il processo di cottura, il calore riesce a penetrare in maniera omogenea».
Secondo una ricerca condotta dall’azienda Orogel, fra gli hashtag associati con più frequenza alle verdure surgelate ci siano espressioni come #delicious #yummy #buonappetito. Quando non ci sono aggiunte extra, i vegetali sottozero sono considerati alleati del benessere.

Consigli al supermercato
Affinché i surgelati mantengano la loro sicurezza e qualità è importante rispettare la catena del freddo in tutte le sue fasi. Questo significa che anche il consumatore deve fare la sua parte.
• Nel punto vendita controllare che la temperatura dei freezer sia almeno di -18 °C e non acquistare confezioni ammaccate o deformate, anzi segnalarle.
• Un po’ di brina fine è normale, non lo sono invece le lastre di ghiaccio.
• Prendere i surgelati alla fine della spesa e trasportarli in borse termiche.
• Una volta a casa, metterli subito nel congelatore, che va impostato alla giusta temperatura, su 3 stelle (pari a -18 °C), meglio ancora su 4 (che può arrivare anche a -25/-30 °C).
• Assicurarsi che non abbia ghiaccio alle pareti e sia quasi pieno, in modo da limitare l’ingresso di aria calda quando viene aperto.

Istruzioni per l’uso
• Quando arriva il momento di utilizzare i surgelati, l’ideale è cuocerli direttamente in pentola o padella.
• Se vanno lavorati, lasciarli scongelare in frigorifero. Sbagliato lasciarli sul ripiano della cucina perché il freddo blocca la crescita dei microrganismi ma non li uccide: basta un breve passaggio a temperatura ambiente perché la proliferazione riprenda.
• Per lo stesso motivo, oltre che per evitare il deterioramento delle proprietà nutrizionali, non bisogna rimettere in freezer alimenti scongelati, a meno che non siano stati cotti prima (la cottura uccide i batteri).
• E quando si ha fretta? «Si può porre l’alimento in un sacchetto di plastica e chiuso, da immergere poi in acqua fredda, così da limitare la dispersione di sostanze nutritive. In alternativa, lo si può scongelare in microonde seguendo le istruzioni fornite dai produttori», risponde Donegani. La surgelazione prolunga la vita di un alimento, ma non lo rende eterno né lo sterilizza. Quindi, rispettare sempre la data di scadenza indicata sulla confezione.

Congelare a regola d’arte
Il discorso cambia per i cibi congelati nel freezer di casa. Il processo, infatti, avviene più lentamente e porta alla formazione di cristalli di ghiaccio di grandi dimensioni, che provocano la rottura della loro struttura cellulare. Il risultato è che al momento dello scongelamento si verifica una perdita parziale dei valori nutritivi e organolettici. Ecco perché il prodotto può non essere più compatto e turgido come prima e produrre del liquido che contiene nutrienti disciolti, come il classico liquido rosa rilasciato dalle carni.
Fra l’altro, prima di essere messo sotto zero, spesso il cibo viene conservato a temperatura ambiente, per cui potrebbero essere già cominciati i processi di deterioramento e/o lo sviluppo di microrganismi patogeni, che il congelamento non uccide. «Rispetto ai surgelati, i congelati durano meno, hanno un contenuto nutrizionale inferiore e presentano un rischio batteriologico più alto, che però si riduce di molto riportando sul fuoco le preparazioni», afferma Spisni. «Questo non significa che si debba evitare. Il congelamento rimane un buon metodo di conservazione per evitare sprechi e fare scorte di cibi da consumare nel breve periodo. Importante procedere con cautela». Ecco le precauzioni da seguire a casa.
• Congelare solo alimenti perfettamente integri, di buona qualità e freschi: il freddo non ha la capacità di migliorare prodotti compromessi.
• Suddividerli in piccole porzioni, così da favorire un raffreddamento più veloce e uniforme e, se sono caldi, aspettare che si raffreddino.
• Mantenerli nelle confezioni originali o in contenitori appositi, ricordandosi sempre di scrivere la data di congelamento.
• In linea di massima, i cibi cotti possono essere conservati per tre mesi, mentre quelli crudi da un minimo di tre-quattro mesi (per esempio pesci grassi e carne macinata) a un massimo di 10-12 mesi (per il pollo intero).
• Evitare di congelare frutta e verdure ricche di acqua, come albicocche, ciliegie, pomodori, melanzane, e gli ortaggi a foglia verde tipo spinaci ed erbette perché rischierebbero di alterarsi nella consistenza, nell’aspetto e nel sapore. Possono però essere utilizzati per preparare conserve, passati e brodi, da congelare nei contenitori del ghiaccio per evitare sprechi.
• Al contrario, va benissimo congelare i funghi tagliati a fette: stenderli su una griglia dentro al congelatore e solo dopo trasferirli nei sacchetti.
• «Semaforo verde anche per carne e pesce, meglio se crudi così la qualità sensoriale si mantiene più a lungo», dice Donegani. «Polpi e molluschi si inteneriscono perché il freddo rompe il tessuto connettivo, mentre i pesci grassi come sardine e sgombri si conservano poco».
• Anche il pane può essere congelato tranquillamente, meglio se a fette e confezionato in sacchetti. Se si ricopre di una patina biancastra sarà meno fragrante quando lo si porta in tavola.