La maggioranza delle donne combatte una sorta di battaglia mensile contro il nervosismo e il mal di pancia. È la sindrome premestruale. Una ricerca ha concluso che l’80,7%, nel periodo che precede il ciclo e durante le mestruazioni, ha una riduzione della produttività sul lavoro o a scuola, con una perdita media di 8,9 giorni lavorativi all’anno (lo studio è stato pubblicato su BMJ Open nel 2019 e condotto in Olanda su circa 33mila donne).
Una revisione recente (su Frontiers in Psychiatry, 2024) ha analizzato l’impatto psicologico dei disturbi premestruali. Passando in rassegna 17 studi qualitativi, l’indagine ha concluso che la sindrome non è percepita solo come un problema fisico, ma come una condizione che compromette il benessere psicologico, portando sentimenti di insicurezza e solitudine.

Non resta che rassegnarsi? Assolutamente no, non è una condanna inevitabile. «Non c’è un rimedio che vale per tutte ma si può contare su un buon ventaglio di soluzioni, incluso lo yoga», spiega Irene Cetin, docente di Ginecologia e Ostetricia all’Università degli Studi e direttrice della struttura complessa di Ostetricia alla clinica Mangiagalli del Policlinico di Milano.

Professoressa Cetin, perché si soffre della sindrome premestruale?
«È una condizione complessa e dovuta a diversi fattori. Non si conoscono ancora tutte le cause, quel che si sa è che tutte le donne vivono le fisiologiche fluttuazioni ormonali del ciclo mestruale ma alcune hanno una maggiore sensibilità a tali variazioni. Alla base non sembra esserci un’alterazione sulla quantità degli ormoni prodotti, piuttosto una difficoltà di adattamento, soggettiva, alla diminuzione dei livelli di estrogeni, soprattutto di progesterone, cosa che avviene nei giorni immediatamente precedenti le mestruazioni».

Ci sono fattori che favoriscono questa maggiore sensibilità?
«Giocano un ruolo importante la genetica, la familiarità, i disturbi d’ansia, la depressione e anche lo stile di vita. Sono considerati fattori di rischio il sovrappeso, la sedentarietà, il fumo, l’elevato consumo di caffè».

Cosa si può fare per ridurre i sintomi?
«Aiuta seguire una dieta equilibrata, ricca di vegetali, con dosi corrette di fibre, vitamine - in particolare A, C, E, e quelle del gruppo B - minerali, sostanze dalle proprietà antiossidanti. Quindi non far mancare cereali integrali, frutta, verdura, pesce azzurro».

Quali cibi, invece, andrebbero evitati?
«Principalmente gli alimenti ultraprocessati che contengono sale, zuccheri raffinati e grassi di bassa qualità: si trovano in carni rosse lavorate, cibi fritti, prodotti da forno confezionati o bevande gassate e zuccherate. Le sostanze sono responsabili di innalzare i livelli di citochine, molecole infiammatorie che peggiorano i sintomi. Nei giorni più dolorosi è importante anche evitare bevande alcoliche».

Oltre alla dieta, in quale altro modo si può intervenire?
«Il movimento è essenziale. Esiste poi una vasta letteratura scientifica che dimostra come praticare yoga o meditazione consapevole riduca i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress, contribuendo ad alleviare i dolori pelvici e a diminuire la percezione dei sintomi. Non devono essere necessariamente queste le attività a cui dedicarsi: l’importante è sceglierne una che porti uno stato di benessere e calma, che sia il nuoto o il giardinaggio. I benefici dipendono anche dalle preferenze soggettive».

Qual è il disturbo legato alla sindrome premestruale che le donne considerano più invalidante?
«Dalla mia esperienza sono i disturbi dell’umore, come sbalzi repentini, irritabilità accentuata, in alcuni casi, aggressività. L’umore instabile è uno dei problemi più comuni e anche il più stigmatizzato, cosa che ne accentua il peso emotivo. Chi li vive soffre la perdita di controllo su sé e sulle proprie reazioni».

Sul fronte dell’umore quali soluzioni ci sono?
«Quando i sintomi a livello emotivo sono intensi, il medico può consigliare l’assunzione di farmaci ad azione ansiolitica o antidepressiva. I più comuni sono gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (Ssri), che agiscono appunto sulla serotonina, il neurotrasmettitore legato al benessere. A seconda dei casi, la terapia può essere assunta in modo continuativo per tutto il ciclo o solo nella fase luteale, cioè il periodo che intercorre tra l’ovulazione e l’inizio delle mestruazioni, che è quello in cui ricorrono i sintomi».

Gli integratori possono aiutare?
«È utile integrare, se carenti (si vede dalle analisi del sangue), le vitamine del gruppo B, in particolare la B6, che svolge un ruolo chiave nella sintesi dei neurotrasmettitori come la serotonina, e le vitamine E, A e C per l’azione antinfiammatoria e antiossidante. Possono aiutare anche il magnesio, per l’effetto rilassante sulle cellule nervose, e il potassio, per l’azione contro gonfiore e ritenzione idrica».

E i prodotti fitoterapici?
«L’agnocasto è un’erba medicinale comunemente usata per la sindrome premestruale, in quanto contribuisce a ridurre la produzione di prolattina, il cui eccesso influisce negativamente sull’equilibrio ormonale».

Quando si ricorre alla pillola anticoncezionale?
«Quando le altre soluzioni non sono sufficienti. Le più indicate contengono drospirenone, un progestinico con caratteristiche simili al progesterone naturale. Nei casi più seri il ginecologo può suggerire la pillola in regime continuativo, cioè senza le pause di sospensione, per bloccare l’ovulazione e, di conseguenza, le fluttuazioni ormonali responsabili dei sintomi».